Nel diritto processuale penale, si definisce di proscioglimento la sentenza di non doversi procedere o di assoluzione. La sentenza di non doversi procedere si limita a statuire su aspetti processuali che precludono un accertamento nel merito della vicenda storica; per tale motivo viene qualificata una sentenza meramente processuale. Il processo penale può concludersi, ad esempio, con una sentenza di tal genere qualora l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita (per esempio, carenza della condizione di procedibilità prevista dalla legge per quella determinata fattispecie incriminatrice), o per estinzione del reato.
La sentenza di assoluzione contiene, invece, un vero e proprio accertamento nel merito che il giudice ha sviluppato mediante la raccolta del materiale probatorio. Sotto il profilo formale, un aspetto comune a entrambi i tipi di proscioglimento è la formula terminativa, una sorta di riassunto della motivazione della decisione che il giudice deve pronunciare. Tali formule sono tassativamente previste dalla legge agli art. 529-31 c.p.p. e devono essere precisate dal giudice nel dispositivo. Le formule terminative della sentenza di assoluzione seguono un’autentica gerarchia che inizia da quelle più favorevoli all’imputato e termina con quelle meno favorevoli: a) assoluzione perché il fatto non sussiste, ossia per mancanza dell’elemento oggettivo (la condotta, l’evento e il nesso di causalità); b) assoluzione perché l’imputato non ha commesso il fatto: il fatto sussiste sotto il profilo oggettivo, ma è stato commesso da persona diversa dall’imputato; c) assoluzione perché il fatto non costituisce reato: il fatto sussiste nei suoi elementi oggettivi ed è stato commesso dall’imputato, tuttavia non integra un illecito penale per mancanza dell’elemento soggettivo (Dolo. Diritto penale; Colpa. Diritto penale), o per la sussistenza di una causa di giustificazione; d) assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato: la vicenda storica non rientra in alcuna fattispecie incriminatrice né sotto il profilo oggettivo, né sotto quello soggettivo; e) assoluzione perché il reato è stato commesso da una persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione: il fatto è stato commesso ed è penalmente rilevante, ma l’imputato non è punibile in concreto (per esempio, perché minore degli anni 14, per infermità, per immunità ecc.). Queste formule assolutorie devono essere applicate non solo in mancanza di prove sulla reità dell’imputato, ma anche in caso di insufficienza o contraddittorietà delle stesse.
Con la sentenza di proscioglimento, di non doversi procedere o di assoluzione, il giudice ordina la liberazione dell’imputato in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali eventualmente disposte. Il codice di procedura penale ha considerato che l’imputato ha interesse a ottenere l’assoluzione nel merito perché questa formula è certamente più vantaggiosa rispetto a quella di non doversi procedere. In tale prospettiva l’art. 129, co. 2, c.p.p. impone al giudice l’obbligo di pronunciare sentenza di assoluzione, anche quando ricorre una causa di estinzione del reato, se «dagli atti risulta evidente» l’innocenza dell’imputato per uno dei motivi sopra indicati.
Estinzione del reato e delle pene
Presunzione di non colpevolezza
Sentenza. Diritto processuale penale
Dalla non considerazione di colpevolezza ex art. 27, comma 2, cost. alla regola dell'oltre il ragionevole dubbio di Vincenzo Garofoli