In aritmetica, numero che indica il posto che un ente ha in una successione, il cosiddetto numero d’ordine (primo, secondo ecc., oppure 1°, 2° ecc., o I, II ecc.). Teoria dei numeri ordinali Teoria matematica dovuta a G. Cantor (1897), parallelamente a quella dei numeri cardinali, come parte integrante della sua teoria degli insiemi; si ricollega a quella dell’ordinamento. Siano S, T due insiemi totalmente (o parzialmente) ordinati: essi si dicono simili o isomorfi, e si scrive S ∿ T, se esiste tra essi una corrispondenza biunivoca che conserva gli ordinamenti; in tal caso si dice pure che tra S e T sussiste una similitudine o un isomorfismo d’ordine. Si verifica subito che ogni similitudine è una relazione di equivalenza e quindi ripartisce una famiglia di insiemi ordinati in classi di equivalenza; ciascuna di queste si dice un tipo d’ordine. Il tipo d’ordine di un qualsiasi insieme bene ordinato si chiama numero o. o semplicemente ordinale. Per designare l’o. dell’insieme bene ordinato S si usa il simbolo S̅ (dove il tratto sul simbolo di insieme sta a indicare che l’o. si ottiene dall’insieme astraendo solo dalla qualità degli elementi e non anche dal loro ordine, come avviene nel caso del corrispondente numero cardinale, per questo designato con il simbolo S̅) o anche con una lettera dell’alfabeto greco). Proprietà degli ordinali Dati due insiemi bene ordinati S e T, i cui o. siano rispettivamente σ e τ, se S è simile a un tratto iniziale proprio di T (ossia a un sottoinsieme di T costituito dagli elementi che precedono un elemento fissato) si dice che σ è minore di τ e si scrive σ < τ. Come i cardinali, gli o. di insiemi finiti si dicono naturali (o finiti o induttivi), quelli di insiemi infiniti si dicono transfiniti. Dato un insieme bene ordinato finito S di n elementi, comunque si modifichi in esso l’ordine degli elementi, il nuovo insieme bene ordinato S′ (corrispondente a un altro degli n! buoni ordinamenti possibili) risulta isomorfo all’insieme originale S. Pertanto a ogni insieme finito S è associato esattamente sia un o. S̅, sia un cardinale S̅. Si vede, quindi, che tra cardinali e o. finiti sussiste una corrispondenza biunivoca naturale, perciò gli uni e gli altri possono essere indicati con gli stessi simboli: 0, 1, 2, 3, …, n, … Comunque, questa corrispondenza biunivoca non esiste più quando si passa agli o. e cardinali transfiniti. Prima di verificarlo indichiamo una comoda scelta di un rappresentante standard del numero ordinale finito n tra tutti gli insiemi della classe di equivalenza relativa a questo ordinale. Esso sarà l’insieme {0, 1, 2, …, n-1} ordinato secondo grandezza in modo da costituire la n-pla ordinata (0, 1, 2, …, n-1). Considerando insiemi infiniti, si verifica facilmente che a ogni o. transfinito è associato in modo naturale un solo cardinale mentre a ogni cardinale transfinito sono associati infiniti o. nel senso indicato dal seguente esempio. Prolungando la rappresentazione standard già usata per gli o. finiti, si vede subito che il più piccolo o. transfinito (che si denota col simbolo ω) è rappresentato dall’insieme di tutti i numeri naturali ordinato secondo grandezza (0, 1, 2, 3, …), insieme il cui cardinale è ℵ0; cioè, all’o. transfinito ω è associato un unico numero cardinale (il che, del resto, è ovvio dato che l’isomorfismo d’ordine tra due insiemi ordinati presuppone l’equipotenza degli insiemi sostegno). Ma l’insieme bene ordinato, (0, 1, 2, 3, …), contrariamente a quanto avviene per gli insiemi finiti, è suscettibile di altri buoni ordinamenti non simili tra loro né a quello originario, come (1, 2, 3, …, 0), (2, 3, 4, …, 0,1) ecc.; in questi, ovviamente, l’insieme sostegno conserva lo stesso numero cardinale. È quindi chiaro come a un cardinale transfinito possano associarsi o. diversi. Si dimostra che il numero cardinale O(t) degli o. così associabili al cardinale transfinito t è maggiore di t.