obesità Patologia cronica multifattoriale caratterizzata dall’aumento della massa grassa a cui si associa un significativo aumento di morbilità (diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa, patologie osteoarticolari ecc.) e mortalità. I numeri relativi alle dimensioni del problema vedono l’o. come una vera e propria epidemia a causa del progressivo incremento della sua prevalenza, specie nelle popolazioni a elevato tenore economico. Tale riscontro, associato al dato relativo a un maggior rischio di sviluppare disabilità per il soggetto obeso, deve far riflettere sulle risorse di intervento precoce sotto forma di educazione terapeutica, volta a modificare stabilmente lo stile di vita errato (iperalimentazione, sedentarietà ecc.).
Allo scopo di effettuare una classificazione dell’o. dal punto di vista quantitativo, si ricorre a una valutazione antropometrica, basata sul calcolo dell’indice di massa corporea, il così detto body mass index definito come BMI = peso (in kg) / altezza al quadrato (in m2), o sulla misura della circonferenza vita, quale indice di distribuzione del grasso corporeo ecc. In base al BMI è possibile distinguere tre diversi gradi di obesità, partendo da una situazione di sovrappeso, per valori compresi tra 25 e 29,9, fino all’o. di I grado per valori tra 30 e 34,9; II grado per valori tra 35 e 39,9 e o. di III grado (o. grave) per valori di BMI superiori a 40. In alternativa, un’analisi accurata della composizione corporea può essere realizzata attraverso metodiche strumentali come la bioimpedenziometria e la densitometria a raggi X a doppia energia (DEXA, double energy X-ray absorption).
Nella maggior parte dei casi l’o. è una condizione a patogenesi multifattoriale, anche se è indiscutibile che questa sia la risultante del binomio: aumentato introito calorico/ridotta spesa energetica. Dal punto di vista genetico, sono numerosi gli ambiti in cui, grazie agli studi sull’animale, si stanno accumulando evidenze di localizzazioni geniche coinvolte nel fenotipo dell’o. (leptina e suo recettore, responsabili di tradurre a livello centrale un messaggio di sazietà; sistema delle melanocortine ecc.). Al tempo stesso deve essere tenuto presente che il riscontro di o. in vari membri di una stessa famiglia può talora dipendere non tanto da fattori genetici quanto dal comune stile di vita e di alimentazione.
In base alla distribuzione dell’adipe, si usa distinguere l’o. centrale (prevalente accumulo adiposo a livello dell’addome e del tronco, più spesso associata a turbe metaboliche e cardiovascolari) dall’o. periferica (più frequente nel sesso femminile, con predominante adiposità dei glutei e delle cosce), entrambe considerate o. armoniche, in contrapposizione con le più rare o. disarmoniche od o. distrofiche per il loro carattere distrettuale (per es., nella sola parte inferiore del corpo). Valori di circonferenza vita superiori a 102 cm nell’uomo, e 88 cm nella donna identificano l’o. viscerale che costituisce un requisito irrinunciabile per la diagnosi di sindrome metabolica. Più l’incremento ponderale è marcato e protratto, più sono frequenti le complicazioni metaboliche (diabete mellito di tipo 2, dislipidemia, iperinsulinemia ecc.), l’ipertensione arteriosa, le lesioni cardiovascolari, l’insufficienza respiratoria ecc.
La terapia dell’o. non complicata si basa su diete ipocaloriche opportunamente calibrate e sull’aumento graduale dell’attività fisica, tenendo presente che una terapia efficace non è quella che comporta un’iniziale perdita di peso quanto il mantenimento del peso perduto nel lungo periodo. Tale obiettivo potrà essere perseguito soltanto attraverso un’operazione educazionale che sia riuscita a modificare cronicamente le erronee abitudini di iperalimentazione e sedentarietà. Se l’intervento fisiologico non sortisce gli effetti voluti, può essere giustificato il ricorso a farmaci anoressizzanti (sibutramina, antagonisti del recettore CB1 degli endocannabinoidi ecc.); utile può essere un sostegno psicoterapico in grado di adattarsi alla biologia e psicologia del singolo soggetto. Nei casi di o. grave e relativamente refrattaria alle terapie dietetiche e medicamentose, l’estrema possibilità terapeutica può essere rappresentata dalla chirurgia bariatrica che mette a disposizione diverse tecniche per diverse indicazioni (ridurre la lunghezza dell’intestino tenue o limitare la capienza gastrica). Gli interventi bariatrici si basano sulla possibilità di ridurre l’introito alimentare, a seguito della restrizione gastrica, sull’induzione di un malassorbimento selettivo o su entrambi. Nel primo caso si può ricorrere al bendaggio gastrico regolabile o alla gastroplastica verticale; nel secondo alla diversione bilio-pancreatica e nel terzo al by-pass gastrico.