sintetizzatóre Strumento musicale elettronico, usato ampiamente nella musica pop e jazz, costituito da oscillatori che generano suoni di gamma molto ampia (note, timbri di numerosissimi strumenti, rumori ecc.) e da una tastiera che consente di controllare e di modificare la frequenza d'uscita dei suoni stessi. Inventato negli anni Sessanta del 20° sec., è stato superato da strumenti basati su tecniche digitali. Il s. di voce è un dispositivo che, utilizzando le metodologie proprie dell'elaborazione numerica del segnale, realizza la sintesi della voce umana, permettendo di realizzare interfacce vocali fra elaboratori e operatori.
Abstract di approfondimento da Musica elettronica ed elettronica musicale di Lorenzo Seno (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica)
Gli strumenti musicali elettronici odierni (tastiere) perseguono intenti solo imitativi nel tentativo di fornire a un unico esecutore, attraverso un unico strumento e un’unica interfaccia, la possibilità di simulare un gran numero (centinaia) di diversi strumenti solisti o ensemble strumentali. Automatismi esecutivi quali accompagnamenti ritmici e armonizzazioni secondo predefiniti stilemi di genere (pop, rock, jazz ecc.) o anche dispositivi in grado di rettificare l’imperfetta intonazione di un cantante forniscono ulteriori supporti a questa ‘one man orchestra’.
Il meccanismo di sintesi utilizzato è quello a wavetables o a campionamento, che consiste nell’inviare all’uscita audio, a comando del tasto, una registrazione numerica della nota di uno strumento previamente memorizzata. Apparso sul mercato negli anni Settanta con il Fairlight CMI (Computer musical instrument), questo meccanismo deriva dall’implementazione numerica di idee piuttosto datate: la boucle di Schaeffer e il suo successivo perfezionamento nel Phonogène, basato su un anello di nastro la cui velocità era controllata da una tastiera.
Un campionatore permette di memorizzare suoni (i cosiddetti campioni) e successivamente di eseguirli a comando di tastiere o sotto il controllo di un programma.
Perché l’ascolto fornisca anche solo una somiglianza con un’esecuzione musicale è però necessaria più di un’accortezza. L’intensità del suono deve per esempio essere correlata alla velocità con la quale il tasto viene percosso, effetto ottenuto modulando l’inviluppo di ampiezza. La durata di un suono registrato poi è limitata mentre è spesso l’esecutore che determina la durata di una nota. A questo scopo, nella coda del campione viene individuata una zona adatta a essere riprodotta in anello (loop) per prolungarlo a piacere.
Per permettere l’esecuzione di glissati e consentire l’intonazione dello strumento in un ensemble (oltre che per risparmiare memoria), un meccanismo di pitch-shift permette di ottenere qualsiasi intonazione a partire solo da un ridotto numero di campioni a intonazioni diverse. Il pitch-shift è utilizzato anche per la correzione di intonazione di cantanti stonati.
Nonostante i numerosi perfezionamenti, le capacità imitative fornite da questo approccio continuano a soffrire di diversi inconvenienti, alcuni dei quali di principio e pertanto irrimediabili.
L’anello finale introduce in coda una periodicità che conferisce al suono un carattere artificiale, a meno di non adottare anelli lunghi molti secondi al costo di memorie di maggiore dimensioni. L’intensità del suono emesso negli strumenti musicali in funzione del gesto esecutivo non equivale solo a un cambiamento di inviluppo di ampiezza ma anche, e in modo complesso, per esempio degli inviluppi delle singole parziali. Se i suoni sono stati registrati a un’intensità media, il pianissimo e il fortissimo risulteranno innaturali e più che di una diversa dinamica si avrà l’impressione di uno strumento ascoltato da lontano o da vicino.
Gli inconvenienti più significativi sono però dovuti al problema dell’interfaccia: le tastiere, le slitte, i potenziometri e così via, non permettono all’esecutore di replicare quelle delicate interazioni con lo strumento fisico responsabili delle sfumature che distinguono un’esecuzione meccanica, scolastica, da una di qualità artistica. Sfumature che, per di più, il sintetizzatore non sarebbe in grado di riprodurre ma delle quali qualunque strumentista appena decente fa ampio e consapevole uso.
Questi limiti sono particolarmente evidenti nell’imitazione di strumenti, quali fiati e archi, che permettono una maggiore varietà di emissione del suono e di prosodia tanto nei singoli suoni (articolazione) quanto nel raccordo tra suoni adiacenti (fraseggio).
Tentare di imitare uno strumento esistente è inoltre un evidente nonsense musicale: l’originale è sempre migliore della copia e inoltre permette una scoperta continua di nuove modalità d’uso, come frequentemente accade in tutta la musica contemporanea.