L’attività di cercare clandestinamente di acquisire in vario modo, a favore proprio o di altri, notizie che dovrebbero rimanere riservate.
Delitto commesso da chiunque si procura, a scopo politico o militare, notizie che nell’interesse della sicurezza dello Stato italiano o, comunque, nell’interesse politico, interno o internazionale dello Stato, devono rimanere segrete (art. 257 c.p.). La pena è la reclusione non inferiore a 15 anni. Si applica l’ergastolo se il fatto è commesso nell’interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano; ovvero se il fatto ha compromesso la preparazione o l’efficienza bellica dello Stato ovvero le operazioni militari.
Commette, invece, «spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione», chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie di cui l’Autorità competente ha vietato la divulgazione. In questo caso la reclusione non può essere inferiore a 10 anni e può applicarsi l’ergastolo nei casi sopra menzionati. Per entrambe le fattispecie è richiesto l’elemento soggettivo del dolo generico.
Se le imprese dello spionaggio e del controspionaggio nella visione del grande pubblico sono accompagnate da un’aura di appassionante avventura lo si deve alla fortuna che, soprattutto a partire dal dopoguerra, hanno avuto i romanzi e i film di spionaggio. Le spy stories possono essere considerate un filone autonomo dell’ambito del genere poliziesco: il perno della vicenda è in genere non un omicidio ma un reato di tradimento ai danni di una nazione e il protagonista non è il detective ma l’agente segreto, di norma un personaggio positivo, assolutamente immune dai connotati deteriori del termine spia.
Il romanzo di spionaggio nasce all’inizio del 20° sec., anche se già nel secolo precedente se ne possono rintracciare i prodromi come The spy (1821) di J.F. Cooper o il racconto The purloined letter (1844) di E.A. Poe. Dopo i romanzi The secret agent (1907) e Under Western Eyes (1911) di J. Conrad, un pietra miliare nel genere è rappresentata da The Thirty-Nine Steps (1915) di J. Buchan. Lo scrittore inglese è il primo di una serie di agenti segreti-romanzieri inglesi che riversano nella loro opera letteraria le esperienze del loro servizio. Nelle file dell’MI6 militava S. Maugham, autore di Ashenden (1928), apparteneva ai corpi speciali E. Ambler, di cui si possono citare Epitaph for a spy (1938) e il famosissimo Topkapi (1962), e fino al 1944 fu un agente del controspionaggio per conto del Foreign office G. Greene. Aveva trascorsi nei servizi anche I.L. Fleming, alla cui fantasia si deve James Bond, protagonista di 12 romanzi e due raccolte di racconti (da Casino Royale, 1957, a Octopussy, 1966), personaggio così famoso che il suo nome in codice ‘007’ è diventato sinonimo di agente segreto. Infine prestò servizio sia nell’MI5 sia nell’MI6 J. Le Carré (pseudonimo di David John Moore Cornwell), considerato uno dei maestri del genere anche per la penetrazione psicologica che accompagna la descrizione dei suoi personaggi, antieroi che vincono ma sentono tutta l’amarezza del gioco pesante che hanno condotto (The spy who came in from the cold, 1963; Tinker, taylor, soldier, spy, 1974; Smiley’s people, 1980). The Russia house (1989) di Le Carré dà conto dello smarrimento determinato nel mondo dei servizi dalla fine della Guerra fredda e della netta contrapposizione fra i due blocchi occidentale e sovietico. Anche la narrativa spionistica si è dovuta adeguare alla nuova situazione geopolitica, allargando gli scenari a più ampi orizzonti e alla tematica del terrorismo, come avviene in The Bourne Ultimatum di R. Ludlum (1991). Ludlum è stato uno dei primi autori americani ad assicurarsi il primato di vendite del genere spy stories, a lungo detenuto dagli inglesi. Accanto a lui va citato un altro autore di best-seller: T. Clancy, inventore del genere techno thrillers, dai contenuti molto verosimili e con minuziose descrizioni di armi e strumenti.
Molti romanzi spionistici di successo sono approdati alla trasposizione cinematografica, contribuendo al successo di un genere che può essere considerato una derivazione del cinema giallo d’avventura e d’azione, ma che a seconda dei tempi, dei registi e degli interpreti ha avuto in realtà declinazioni assai diverse, dalla ricerca dello spettacolare (imbattibile su questo fronte la serie di James Bond) all’indagine psicologica, alla denuncia politica dell’uno o dell’altro fronte e delle deviazioni dei servizi (I tre giorni del Condor, 1975, di S. Pollack). In generale si può dire che sicuramente è stato il cinema a far nascere il mito dell’agente segreto super-eroe scaltro ed elegante, dotato di straordinarie capacità atletiche e di eccellenti conoscenze tecnologiche. I primi titoli del cinema di spionaggio da citare sono Lo spione (1928) di F. Lang, Mata Hari (1931) di G. Fitzmaurice con l’interpretazione di Greta Garbo, Il club dei 39 (1935) e L’agente segreto (1936) di A. Hitchcock, il quale tornerà poi a frequentare il genere con altri famosissimi film come Notorius (1946), L’uomo che sapeva troppo (1956), Intrigo internazionale (1959) e Topaz (1969). Azioni di spionaggio reali o immaginarie diedero spunto a un’innumerevole quantità di pellicole ambientate nel periodo della Seconda guerra mondiale, e un’altra inesauribile riserva di storie fu offerta, fino a tutti gli anni 1980, dalla Guerra fredda.