Momento del tempo al cui sopraggiungere si produce (termine iniziale) o si esaurisce (termine finale) un effetto giuridico.
Termine nel negozio giuridico. - A differenza della condizione, la sopravvenienza del termine è futura, ma certa. Il termine può essere indicato o in modo diretto con riferimento a un giorno preciso del calendario o in modo indiretto con riferimento a una circostanza futura (per es., la morte di una persona). Quando il termine viene fissato in modo indiretto è sempre essenziale, al fine di distinguerlo dalla condizione, accertare se la circostanza oltre che futura sia anche certa. Al riguardo, tradizionalmente si distingue: dies certus an et quando (per es., il 20 giugno 2017), dies certus an incertus quando (la morte di una persona), dies incertus an et certus quando (giorno del compimento di una certa età), dies incertus an et quando. La prima fattispecie è sicuramente termine, mentre l’ultima altrettanto sicuramente è condizione; le altre due fattispecie valgono come termine quando, per la volontà delle parti, al momento fissato l’efficacia del negozio debba realizzarsi comunque, o a favore della parte interessata ovvero a favore dei suoi eredi: e quando ciò si verifichi è materia d’interpretazione del negozio. Non tutti i negozi sono suscettibili di essere sottoposti a termine. Non tollerano l’apposizione di un termine il matrimonio, l’istituzione di erede, il riconoscimento di figlio naturale, l’adozione (e in questi casi l’eventuale apposizione si ha come non effettuata), l’accettazione di eredità e la rinuncia all’eredità (in questi casi l’eventuale apposizione rende nullo il negozio). È altresì molto discussa l’apponibilità del termine ai negozi traslativi della proprietà (mentre è pacifica per quelli costitutivi di altri diritti reali o di obbligazioni), sotto il profilo che il diritto di proprietà, essendo per sua natura perpetuo, non soffrirebbe d’esser temporaneo. Tuttavia al riguardo, a favore dell’ammissibilità sono da ricordare i casi di proprietà temporanea previsti dalla nostra legge: proprietà superficiaria (art. 953 c.c.), sostituzione fedecommissaria (art. 692 c.c.), legati a termine (art. 640 c.c.). Con riferimento ai contratti, la legge distingue tra termine essenziale e non (art. 1457 c.c.).
Termine essenziale. - Il termine essenziale è quello la cui scadenza provoca la risoluzione di diritto del contratto con efficacia automatica: tuttavia, se la parte nel cui interesse è stato fissato il termine essenziale vuole esigere l’esecuzione della prestazione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia alla controparte entro tre giorni. Negli effetti (risoluzione di diritto) il termine essenziale si comporta come la clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.), ma del tutto opposto è il meccanismo. L’operatività della clausola è legata a una manifestazione di volontà diretta alla risoluzione, mentre quella del termine essenziale è veramente automatica prevedendosi soltanto la volontà contraria per escludere la risoluzione di diritto del contratto. La pendenza del termine dilaziona l’efficacia del negozio. La dilazione si presume a favore del debitore (art. 1184 c.c.): conseguentemente la persona che attende un diritto dallo scadere del termine, non lo può esercitare, ma può soltanto compiere atti conservativi. Se la dilazione è prevista a favore del creditore, questi può esigere la prestazione anche prima della scadenza (art. 1185 c.c.). Nelle obbligazioni, se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito per fatto proprio le garanzie che aveva date o non ha dato le garanzie promesse, il creditore può esigere immediatamente la prestazione anche se il termine è stabilito a favore del debitore (art. 1186 c.c.).
Legato a termine. - Nel legato a termine iniziale, l’onerato può essere costretto a dare idonea garanzia al legatario salvo che il testatore abbia diversamente disposto (art. 640 c.c.).