Organo proprio dei Vertebrati forniti di mascella (Gnatostomi), destinato alla pressione e alla masticazione degli alimenti.
Si chiama d. anche l’apofisi che lega l’epistrofeo all’atlante ( d. dell’epistrofe).
I d. hanno origine da elementi ectodermici dell’epitelio che ricopre i mascellari superiore e inferiore, che si approfondano nella massa sottostante di tessuto connettivo mesenchimale del margine della mandibola e della mascella, a costituire la cresta dentale. Da questa si differenziano alcune gemme in numero variabile a seconda della specie; ogni gemma si trasforma poi in una campana (organo dello smalto), nel cui interno si costituisce, a opera di elementi mesodermici, la papilla dentaria. Per il processo di dentinogenesi, le cellule della parte periferica della papilla, gli odontoblasti, producono la dentina. La parte centrale della papilla produce invece la polpa del d. (fig. 1).
I d. dei Mammiferi constano di solito di una corona che è la parte che sporge dalla gengiva, del colletto e della radice impiantata negli alveoli. La corona è ricoperta dallo smalto, sostanza fortemente mineralizzata al disotto della quale si trova la dentina (o avorio o sostanza eburnea), composta per circa il 70% da apatite e per il resto da fibre collagene, proteoglicani e glicoproteine. Nella dentina si trovano numerosi canalicoli che contengono i prolungamenti delle cellule madri della dentina, gli odontoblasti. La camera pulpara è una cavità nell’interno del d., che si prolunga lungo tutta la radice ( canale radicolare) e sbocca all’apice di questa col forame apicale, che dà passaggio ai vasi e ai nervi del dente. La polpa è un tessuto connettivale ricco di vasi e di nervi. La radice e il colletto sono rivestiti dal cemento, un tessuto che per la sua struttura e composizione chimica ricorda il tessuto osseo.
I d. sono fissati sull’ osso dentale, osso di origine membranosa (di rivestimento) della parte vertebrale dell’arco mandibolare del cranio dei Vertebrati, e che nei Mammiferi costituisce la mandibola.
Origine e struttura simile a quella dei d. hanno i dentelli cutanei del tegumento dei Selaci, formazioni esoscheletriche, omologhe ai d. della cavità orale. Sono costituiti da una piastrina basale ossificata, originatasi da una papilla dermica, che porta al centro un dentello costituito da dentina e ricoperto di smalto.
Negli Anfibi che sono provvisti di d., questi sono tutti uguali fra loro e costituiscono la cosiddetta dentatura omodonte. Pure omodonte è in genere la dentatura dei Rettili i cui d. si saldano all’osso e sono per questo generalmente privi di radici, anche se, in alcuni casi, sono invece fissati sul margine delle mascelle ( dentatura acrodonte). Nei Coccodrilli, però, i d. tendono a differenziarsi sia per la forma sia per le dimensioni, pur conservando una corona semplice e conica ( dentatura pseudoeterodonte) e sono impiantati in alveoli. Privi di d. sono tutti gli Uccelli viventi; solo nei Mammiferi i d. si differenziano in incisivi, canini, premolari e molari. I Mammiferi sono perciò tipicamente eterodonti salvo alcune eccezioni (delfini, capodogli, narvalo).
La dentatura è completa quando sono presenti tutte le forme di d., incompleta quando ne mancano alcune (per es., i canini nei Roditori). Vi possono essere notevoli differenze nello sviluppo dei vari tipi di d. a seconda della specializzazione alimentare. Nei Cetacei Misticeti (balene) abbozzi di d., che poi vengono riassorbiti, sono presenti solo durante la vita embrionale. Differenze notevoli nella dentatura sono riscontrabili nei due sessi e rappresentano dei caratteri sessuali secondari, come per es. le difese degli elefanti e le zanne dei Suidi.
Per indicare il numero dei diversi d. propri della dentatura dei vari animali si usa la formula dentaria, ovverosia lo schema della distribuzione numerica dei d., dei vari gruppi, nelle due emiarcate omolaterali.
Per dentizione si intende la comparsa dei denti. Nella maggior parte dei Vertebrati, si ha una successione indefinita di dentizioni ( polifiodontia). Nei Mammiferi le dentizioni sono generalmente due: di latte e definitiva ( difiodontia), ma in alcuni ordini (Marsupiali, Sireni, Cetacei) se ne ha una sola ( monofiodontia).
È detto diastema lo spazio esistente fra incisivi e molari per la riduzione o mancanza dei canini (cavallo, Roditori); nel cavallo è più precisamente noto con il nome di barra lo spazio compreso tra i canini rudimentali e i molari.
Nell’uomo i d. sono distribuiti in due serie ad arco ( arcata dentaria superiore e arcata dentaria inferiore), infissi in cavità ( alveoli dentari) scavate lungo i margini liberi ( processi alveolari) dell’osso mascellare e della mandibola e sporgenti al disopra della gengiva, la quale contribuisce a tenerli saldi in sito a mezzo di un cercine, che ne abbraccia il colletto, e di una sua espansione ( legamento alveolo-dentario), che tappezza l’alveolo e aderisce alla radice. Secondo i caratteri morfologici si distinguono: incisivi, canini, premolari e molari, simmetricamente disposti nelle due metà delle arcate dentarie; si dicono superiori quelli del mascellare, inferiori quelli della mandibola (fig. 2).
I d. della prima dentizione sono 20, quelli permanenti sono 32. La dentizione del bambino comincia per lo più al 6° mese. Essa si svolge nel seguente ordine: 2 incisivi mediani inferiori, 4 superiori, 2 laterali inferiori, nel corso del secondo semestre; 2 molaretti decidui superiori, e 2 inferiori, dal 12° al 15° mese; 2 canini superiori, e 2 inferiori, dal 15° al 18°; 2 molaretti decidui superiori, e 2 inferiori, dal 20° al 28°. L’ordine della dentizione definitiva è il seguente: incisivi centrali inferiori (6-7 anni), primi molari (6 anni), incisivi centrali superiori (7-8 anni), incisivi laterali (8-9 anni), primi premolari (9-10 anni), canini (10-11 anni), secondi premolari (11-12 anni), secondi molari (12 anni), terzi molari (o d. del giudizio, 18-21 anni).
Mutilazioni e deformazioni dentarie erano comuni tra le popolazioni dell’Oceania, dell’Indonesia, dell’India, dell’Africa e dell’America Centro-Meridionale. L’ablazione degli incisivi era diffusa fra gli aborigeni australiani, i Tasmaniani e in Africa. La limatura degli incisivi si è riscontrata in Africa e in Indonesia. La pratica di inserire metallo o pietre dure in un foro artificiale fatto negli incisivi caratterizzava popoli precolombiani della Mesoamerica e dell’Ecuador e gruppi indigeni indonesiani. L’uso di annerire i d. per mezzo di sostanze vegetali era in uso presso varie popolazioni dell’India, della Melanesia, dell’Indonesia e dell’Amazzonia. Oltre alle evidenti finalità ornamentali, le mutilazioni dentarie si inseriscono in elaborati rituali di passaggio alla vita adulta.
Elemento triangolare o troncato (solitamente terminale alle venature) al margine di alcuni organi vegetali (foglie, stipole, sepali, petali, ecc). La scolpitura costituita da una o più serie di d. si chiama dentatura.
Dal d. di sega, elemento tagliente della sega, che è un utensile multiplo di cui i d. si possono considerare gli utensili singoli, deriva in elettronica l’espressione segnale a d. di sega, per indicare (fig. 3) un particolare tipo di segnale periodico s(t) il cui andamento in ogni periodo T è linearmente crescente (tratto AB), per tornare successivamente al valore iniziale nel più breve tempo possibile (tratto BC). Tale segnale è utilizzato per pilotare la deflessione nei tubi a raggi catodici e nei cinescopi. In quest’ultimo caso due forme d’onda a d. di sega di periodo diverso provvedono alle deflessioni orizzontale e verticale del fascetto elettronico. A seconda del tipo di deflessione usata, elettrostatica o elettromagnetica, i segnali a d. di sega sono rispettivamente segnali di tensione o di corrente.