Nella meccanica classica, un sistema con N gradi di libertà e hamiltoniana H(pi,qi) (con i=1, 2, ..., N) che esegue un moto limitato nel suo spazio delle fasi, Γ2N, è detto i. se esistono N integrali primi del moto, Fk(pi,qi), che siano funzionalmente indipendenti e in involuzione. Ricordiamo che una funzione F nello spazio Γ2N è un integrale primo del moto se mantiene valore costante lungo ogni traiettoria; ciò che si esprime con la condizione che la sua parentesi di Poisson con l’hamiltoniana sia zero: {H,F}=0; inoltre due funzioni, Fk e Fj, sono in involuzione se {Fk, Fj}=0. Le condizioni sopra dette assicurano che il sistema è i. per quadrature, e che le traiettorie del sistema giacciono, in generale, sulle superfici di tori N-dimensionali dello spazio Γ2N (i cosiddetti tori invarianti), sopra i quali i moti risultano composizioni di moti periodici, con frequenze dipendenti dalla superficie toroidale su cui si svolgono: il sistema è quindi essenzialmente equivalente a un sistema di N oscillatori armonici, con frequenze variabili nello spazio delle fasi. Sono i., per es., i sistemi unidimensionali, cioè con N=1; quelli con hamiltoniana separabile, equivalenti a N sistemi unidimensionali; così anche il moto di un punto in un campo centrale.
Nella meccanica classica, i sistemi hamiltoniani (➔ Hamilton, sir William Rowan) conservativi che si sanno integrare esattamente sono pochi; esistono invece molti sistemi di interesse teorico e applicativo le cui equazioni del moto differiscono poco da quelle di sistemi i.: esse sono cioè derivabili da una hamiltoniana che differisce da una i. per una piccola perturbazione (tali sistemi e le corrispondenti hamiltoniane sono detti quasi-i.). Si può pensare che, a causa della perturbazione, i tori invarianti del sistema i. o risultino solamente un po’ deformati (e l’hamiltoniana perturbata resterebbe i.), oppure scompaiano (e l’hamiltoniana perturbata sarebbe non i.). In altre parole, i moti del sistema perturbato o restano in qualche modo ‘vicini’, per tempi arbitrariamente lunghi, a quelli del sistema i. oppure sono da essi sostanzialmente diversi. Il problema della stabilità dei moti rispetto a piccole perturbazioni è di fondamentale importanza. Uno dei primi risultati ottenuti in questo campo è un teorema di H. Poincaré che sembra suggerire che una perturbazione comunque piccola sia sufficiente a modificare radicalmente la dinamica di un sistema i. conferendo a esso buone proprietà ergodiche. Una migliore comprensione di questa problematica è stata raggiunta con un teorema, enunciato nel 1954 dal matematico sovietico A.N. Kolmogorov e successivamente dimostrato e generalizzato da V.I. Arnold e J. Moser, detto comunemente teorema KAM (➔). Esso afferma che un sistema quasi-i. differisce da uno i. in un sottoinsieme piccolo dello spazio delle fasi; tuttavia l’insieme dei punti dello spazio delle fasi nel quale le superfici toroidali invarianti sono state distrutte dalla perturbazione è disposto in modo complicatissimo nell’insieme delle superfici invarianti che sopravvivono (che sono anche dette tori KAM) invadendolo completamente. Questo spiega perché i teoremi KAM e di Poincaré non sono in contrasto tra loro; inoltre, poiché la scomparsa delle superfici toroidali invarianti è associata alla comparsa di traiettorie caotiche (che possono eventualmente vagare su tutta la superficie di energia costante), se le condizioni iniziali di un’orbita si trovano su una superficie toroidale invariante l’orbita dà luogo a un moto regolare; ma se si variano, anche di pochissimo, le condizioni iniziali la traiettoria può trovarsi in una regione in cui le superfici toroidali sono scomparse e il moto è caotico: i sistemi quasi-i. manifestano la presenza contemporanea di moti regolari e moti caotici.