Accessione di nuovi soggetti nel processo, accanto alle parti principali o originarie. L'istituto ha una essenziale ragione di economia processuale, dato che, con l'ingresso di nuove parti in un processo pendente, si ottiene che il giudicato si formi anche nei confronti di soggetti di altri rapporti che si trovano in un rapporto di interdipendenza con quello che costituisce l'oggetto della controversia.
La prima e fondamentale distinzione è quella fra intervento volontario e intervento coatto. L'intervento volontario, che ha luogo per libera determinazione dell'interessato, si suddistingue in principale, compiuto «per far valere, in confronto di tutte le parti ... un diritto relativo all'oggetto ... dedotto nel processo» (art. 105, 1° co., c.p.c..: è l'antica interventio ad infringendum iura utriusque competitoris), adesivo, compiuto da chi vuol «sostenere le ragioni di alcune delle parti» in quanto «vi ha un proprio interesse» (art. 105, 2° co.), litisconsortile o adesivo autonomo, compiuto solo «in confronto di alcune (delle parti in causa) per far valere ... un diritto ... dipendente dal titolo dedotto nel processo» (art. 105, 1° co.). Quest'ultimo intervento si definisce «autonomo» in quanto colui che lo effettua avrebbe potuto agire direttamente ed egli si trova in posizione di contrasto con una sola delle parti originarie e si pone a fianco dell'altra. L'intervento può aver luogo fino al momento della precisazione delle conclusioni (art. 268, modificato dall'art. 28 della l. n. 353/1990).
L'intervento coatto può aversi su istanza di parte (art. 106: «Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita»), e di esso costituisce una speciale figura la chiamata in garanzia (cfr. anche l'art. 32 c.p.c.), ovvero per ordine del giudice (art. 107: «Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento»).
L'art. 344 consente l'intervento in appello solo per quei soggetti che potrebbero proporre opposizione di terzo. L'opinione prevalente è nel senso di ammettere solo l'intervento principale. Peraltro, mentre è sicuramente da escludere l'intervento per ordine del giudice, qualche perplessità sussiste circa la non ammissibilità dell'intervento adesivo. Nel processo di esecuzione si possono ricordare l'intervento del terzo opponente in sede esecutiva, che vuol far valere un diritto reale sui beni pignorati (art. 619), corrispondente all'intervento principale, e l'intervento di altri creditori nell'esecuzione pendente (artt. 498 ss., 523-528, 550-551, 561, 563-566), che assomiglia piuttosto a quello autonomo, specialmente se tali creditori sono muniti di titolo esecutivo.
Connessione. Diritto processuale civile
La ragionevole durata del processo e l'autorizzazione alla chiamata del terzo ad istanza del convenuto di Fabio Cossignani