negazionismo Termine con cui viene indicata una corrente antistorica e antiscientifica del revisionismo la quale, attraverso l'uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all'estremo, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia contemporanea ma, spec. con riferimento ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l'istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l'esistenza.
Già nell'immediato dopoguerra l'intellettuale francese collaborazionista M. Bardèche tentò di sollevare i nazisti dalle loro responsabilità. Fu seguito negli anni Cinquanta da un ex deportato politico di Buchenwald, P. Rassinier, il quale, definendo la Shoah una 'menzogna storica' elaborata dagli alleati ai danni dei tedeschi, pose le basi su cui si sarebbe costruito il negazionismo. L'antisemitismo di fondo e il desiderio di riabilitare il regime hitleriano che risultavano da queste prese di posizione contribuirono a relegarle nell'ambito dei circoli neonazisti europei.
Fu alla fine degli anni Settanta del 20° secolo che il n. accomunò gruppi estremisti di diversa origine, irrompendo nell'arena del dibattito politico e pubblico in concomitanza con l'emergere di un filone statunitense, anch'esso iniziato in sordina nell'immediato dopoguerra e venuto allo scoperto negli anni Sessanta. Negli Stati Uniti fu pubblicato nel 1976 il libro La menzogna del ventesimo secolo, in cui l'autore A. Butz poneva in dubbio l'Olocausto. A permettere al n. di conoscere un maggiore successo fu R. Faurisson, professore di letteratura francese all'univ. di Lione. Il tentativo di ancorare a una lettura dissacrante dei testi il suggerimento di una loro consapevole falsificazione si focalizzò nel lavoro sul diario di A. Frank, da sempre oggetto di particolare attenzione dei negazionisti. Il 'caso Faurisson' esplose in Francia nel 1979, dopo la pubblicazione su importanti quotidiani di alcune sue lettere e la sua sospensione dall'insegnamento, cui si affiancarono un documento di trentaquattro storici che lo accusavano di 'oltraggio alla verità' e, di contro, la difesa della sua 'libertà di parola' da parte di numerosi intellettuali di sinistra, tra cui spiccava lo statunitense N. Chomsky. Nello stesso anno l'Institute for Historical Review diventava sempre più il punto di riferimento per le posizioni negazioniste, promettendo premi in denaro a chi avrebbe potuto 'provare' l'esistenza delle camere a gas.
Esempio eloquente del trapasso dal revisionismo al n. è offerto dalla vicenda di D. Irving. Autore negli anni Sessanta dei testi storici Distruzione di Dresda e Guerre di Hitler, in cui cercò di dimostrare come Hitler fosse all'oscuro della soluzione finale, attribuita piuttosto alla responsabilità di Himmler, Irving abbandonò gradualmente ogni intento revisionista per approdare a metà anni degli Ottanta alla negazione tout court della soluzione finale: tolse ogni accenno a essa nelle successive edizioni delle sue opere e s'impegnò in conferenze in Germania, Austria e Stati Uniti per diffondere le sue idee sulle camere a gas, su Auschwitz e sul Diario di Anna Frank, definito una contraffazione a opera del padre. Irving intentò un processo per diffamazione contro l'americana D.E. Lipstadt, accusata di avere danneggiato la sua reputazione accademica con il libro Denying the Holocaust (1994), ma venne condannato a pagare le spese processuali dopo che un tribunale di Londra aveva assolto la Lipstadt. Nel corso del processo erano stati utilizzati i pareri indipendenti di diversi storici, tra i quali quello di R.J. Evans, capace di evidenziare le strategie antiscientifiche e retoriche messe in atto da Irving per dare credibilità accademica alle proprie tesi.
La recente reviviscenza delle teorie negazionistiche ha spinto nel 2006 i ministri della Giustizia dell’Unione Europea a introdurre in tutti gli Stati membri sanzioni fra uno e tre anni di carcere per «incitamento pubblico alla violenza o all’odio razziale» e per «apologia in pubblico o negazione, banalizzazione volgare del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra». Nel gennaio 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato il testo presentato dagli Stati Uniti e sostenuto da 103 nazioni che invita tutti gli Stati membri a rifiutare senza riserve ogni negazione, totale o parziale, della Shoah come evento storico.
In senso figurato e attraverso un processo di ampliamento semantico, a partire dalla prima decade del XXI secolo il termine ha conosciuto un vasto impiego nel linguaggio giornalistico e in quello comune per definire i costrutti ideativi volti a confutare fatti scientificamente o empiricamente accertati, contraffacendo la realtà ed elaborando teorie alternative, in aperta opposizione con le evidenze e legittimate solo dal fatto di essere sostenute da una minoranza, ciò che conferirebbe loro – come sostenuto dal sociologo a K. Kahn-Harris nell'imprescindibile volume Denial. The unspeakable truth (2018) – carattere di oggettività rispetto alla narrazione ufficiale, inficiata da interessi economici o politici. Alimentati da fake news e diffondendosi con velocità estrema grazie ai social network, negazionismi di tipologie e consenso diversi (n. dell’AIDS, dell’11 settembre, della pandemia di Covid-19, dei crimini di guerra russi in Ucraina, n. climatico al fine di deresponsabilizzare il ruolo della politica nella riduzione delle emissioni inquinanti), sfociati talora in complottismi di estrema destra come nel caso delle teorie cospirazioniste elaborate negli USA dai seguaci di QAnon, tali costrutti – nell’impossibilità di organizzarsi in forme coerenti e di essere permeabili alle obiezioni e alla confutazione – hanno recentemente evidenziato la tendenza ad evolvere nel post-negazionismo, caratterizzato secondo Kahn-Harris dall’assunzione di atteggiamenti violenti, spregiativi e razzisti.