Travestimento burlesco di un’opera d’arte, a scopo satirico, umoristico o anche critico, consistente, nel caso di opere di poesia (meno spesso di prosa), nel contraffare i versi conservandone la cadenza, le rime, il tessuto sintattico e alcune parole e, nel caso di opere musicali, nel sostituire le parole del testo originario, conservando intatto o con leggere variazioni il motivo. Con accezione più generica, imitazione deliberata, con intento più o meno caricaturale, dello stile caratteristico di uno scrittore, di un musicista, di un regista ecc., realizzata inserendo nella nuova composizione passi che ne rievochino con immediatezza la maniera; anche, imitazione caricaturale di noti personaggi del mondo dello spettacolo, della politica, dello sport ecc., del loro modo di parlare, di gestire, fatta per suscitare ilarità, molto frequente nel teatro comico e negli spettacoli di varietà.
Si trovano numerosi esempi di p. già nella poesia greca antica: prototipo ne sarebbe la Batracomiomachia rispetto ai poemi omerici; spunti di p. si trovano frequenti in Ipponatte; nelle commedie di Aristofane sono molte le p. di Euripide, di Eschilo, dei ditirambografi; e Cratete di Tebe il cinico, scolaro di Diogene (5°-4° sec. a.C.), compose parodie di Omero e Solone con intenti moralistici. Famosi esempi di p. si hanno anche nella letteratura italiana: da singoli componimenti (come il sonetto di F. Berni «Chiome d’argento fine…» che contraffà il sonetto di P. Bembo «Crin d’oro crespo…») a poemi interi (come l’Eneide travestita di G.B. Lalli). Tra i cultori della p. nel 20° sec.: L. Folgore, P. Vita-Finzi (Antologia apocrifa, 1927; ed. ampliate 1927-33 e 1961), G. Almansi, U. Eco ecc. (si veda l’antologia Quasi come, a cura di G. Almansi e G. Fink, 1976).
Attingendo alla letteratura, anche le arti figurative si sono valse della p., da papiri egizi in cui animali sono sostituiti a uomini in varie operazioni, fino al moderno fumetto. In particolare, la caricatura politica e letteraria inglese si servì largamente della p., talvolta sovvertendo gli schemi non soltanto nei ruoli dei vari personaggi, ma anche nella citazione di capolavori consacrati (esempio notevole la Parodia della scuola di Atene di Raffaello di J. Reynolds). Questo tipo di p. ebbe successo presso i surrealisti.
Con significato più generico di imitazione (senza carattere burlesco), la messa p. è un tipo di messa, particolarmente diffuso nel 16° sec., che utilizza come canto fermo, o introduce nella sua musica in maniera più elaborata, un mottetto conosciuto, assumendone anche il nome (per es., la messa di Palestrina Assumpta est Maria è una p. del suo omonimo mottetto). Può prendere spunto dal materiale melodico ma anche dalla struttura ritmica o da qualsiasi elemento del brano pre-esistente.