Storia composta da immagini in sequenza, cioè accostate l’una all’altra in modo da suggerire l’idea del movimento, i cui protagonisti parlano spesso per mezzo di ‘nuvole di fumo’ che provengono dalle loro bocche (i fumetti).
Benché nel passato non manchino esempi di composizioni pittoriche o grafiche in cui si inseriscono scritte e battute dialogiche (talvolta uscenti dalla bocca stessa dei personaggi raffigurati, come in taluni affreschi medievali o, più tardi, in stampe, soprattutto satiriche), il f. come specifica e autonoma forma di espressione è fenomeno squisitamente moderno, la cui nascita è da mettersi in relazione con la crescente espansione della stampa quotidiana nei paesi industriali alla fine dell’Ottocento, con il progredire dei procedimenti per la stampa a colori a grandi tirature e in genere con il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto del cinema.
Il f. nacque negli USA nel 1895, quando l’editore J. Pulitzer decise di aggiungere ai quotidiani della domenica un supplemento illustrato a colori per l’infanzia: le storie di Yellow Kid, monello delle squallide periferie americane, che R.F. Outcault disegnò in questa occasione per il quotidiano The World di New York, ebbero un tale successo che ben presto si moltiplicarono i supplementi illustrati dei quotidiani e nacquero altre serie di personaggi comici e satirici. Tra le principali: The Katzenjammer Kids (Bibì e Bibò), creati da R. Dirks nel 1897 ispirandosi a Max und Moritz di W. Busch e in seguito disegnati anche da H.H. Knerr; Happy Hooligan (1899, Fortunello) di F.B. Opper; Buster Brown (1902, Mimmo Mammolo), anch’esso di Outcault; The Newlyweds (1904, Cirillino) di G. McManus, creatore anche della serie Bringing up Father (1913, Arcibaldo e Petronilla); Little Jimmy (1905, Zum) di J.G. Swinnerton, che aveva creato in precedenza (1892) Little Tiger, primo animale umanizzato nella storia del fumetto; Little Nemo (1905, Bubi) di W. McCay; The Kin-der-Kids e Wee Willie Winkie’s World (1906) di L. Feininger; Mutt & Jeff (1907) di B. Fischer; Krazy Kat (1913) di G. Herriman; Boob McNutt (1918, Meo Bichico) di R. Goldberg; The Thimble Theatre (1919), da cui in seguito nascerà Popeye (Braccio di ferro), di E.C. Segar; Barney Google (1919, Barnabò Goggoloni) di B.I. Beck; Just Kids (1923, Annibale) di A. Carter; Felix (1923, Mio Mao) di P. Sullivan; Wash Tubbs (1924) e Captain Easy (1928) di R. Crane; Little orphan Annie (1924) di H. Gray. Accanto alle tavole domenicali (sunday pages) a colori, nel 1907 comparvero a poco a poco su tutti i quotidiani le strisce giornaliere a f. (daily strips) in bianco e nero, con storie concluse o a puntate di personaggi nuovi o già noti.
In Europa l’esempio degli USA fu seguito solo parzialmente: nacquero giornalini settimanali per bambini, ma si evitò costantemente di inserire il f. nelle illustrazioni. In Italia, nel dicembre 1908, apparve il Corriere dei piccoli, supplemento domenicale del Corriere della sera, diretto e fondato da S. Spaventa Filippi, e ricco di collaboratori di valore, sia scrittori sia illustratori, come A. Rubino, creatore, tra l’altro, di Quadratino (1910), A. Mussino (Bilbolbul, 1909), Sto, pseudonimo di Sergio Tofano (Il Signor Bonaventura, 1917), B. Angoletta (Marmittone, 1928), C. Bisi (Sor Pampurio, 1929), G. Manca (Pier Cloruro de’ Lambicchi, 1930), M. Pompei (Il prode Anselmo, 1931). Al settimanale aveva collaborato nei primi anni (1909-12) anche U. Brunelleschi, grande illustratore affermatosi poi soprattutto in Francia. Sulle pagine del Corriere dei piccoli la nuvoletta era sostituita da tradizionali didascalie, per lo più in versi ottonari a rima baciata, che vennero abbandonate solo negli anni 1960.
Nel frattempo, negli USA, W. Disney e U. Iwerks crearono, prima per lo schermo (1928) e poi per il f. (1930), il personaggio di Mickey Mouse (Topolino), che ebbe immediatamente in tutto il mondo un’immensa popolarità; a lui Disney, separatosi da Iwerks e con altri collaboratori (F. Gottfredson, F. Quimby, A. Tagliaferro, C. Barks), affiancò nuovi personaggi, come Goofy (Pippo), Donald Duck (Paperino), Uncle Scrooge (Paperon de’ Paperoni); tra questi, gli ultimi due raggiunsero poi un successo che oscurò quello pur notevolissimo del primo eroe di Disney.
Intanto si affermavano altri personaggi umoristici: Blondie (1930) di C. Young; Betty Boop (1931) di M. Fleischer; Li’l Abner (1934) di Al Capp (A.G. Caplin); mentre in Belgio nasceva (1929), per opera di Hergé (G. Rémi), Tin Tin, primo f. europeo di risonanza mondiale. Sempre negli USA nacquero negli anni 1930 i primi albi a f. (comic books), che dapprima riproponevano storie già apparse sulle tavole domenicali o sulle strisce giornaliere, in seguito ne lanciarono di nuove, appositamente create.
Alla fine degli anni 1920, a cominciare da Tarzan (disegnato prima da H. Foster e poi da B. Hogarth, su testi di E.R. Borroughs) e da Buck Rogers (testi di P.F. Nowlan, disegni di D. Calkins), entrambi del 1929, il f. statunitense si arricchì di personaggi a carattere spiccatamente avventuroso: Joe Palooka (1930) di H. Fisher; Dick Tracy (1931) di C. Gould; Tim & Spud (Cino e Franco), creati nel 1928 da L. Young come protagonisti della serie umoristica Tim Tyler’s luck e poi trasportati (1932) nel mondo dell’avventura; Jane (1932) dell’inglese N. Pett; Brick Bradford (1933, noto in Italia sotto diversi nomi, tra cui quello di Giorgio Ventura) di W. Ritt e C. Gray; Jungle Jim (1933), Flash Gordon (1934) e Secret agent X-9 (1934) di A. Raymond, uno dei più grandi autori del genere; Red Barry (1934, Bob Star) di W. Gould; Radio Patrol (1934, Radio pattuglia) di E. Sullivan e C. Schmidt; Inspector Wade (1934) di L. Anderson; Mandrake the Magician (1934) di L. Falk e P. Davis; Terry and the Pirates (1934) di M. Caniff; Sergeant King (1935, Audax) di Z. Gray e A. Dean; The Phantom (1936, L’Uomo mascherato) di L. Falk e R. Moore; Prince Valiant (1937, Il Principe Valentino) di H. Foster; Buck Ryan (1937) dell’inglese J. Monk; Superman (1938, Nembo Kid) di J. Siegel e J. Shuster; Batman (1939) di B. Finger e B. Kane; The Spirit (1940) di W. Eisner; Brenda Starr (1941) di D. Messick; Captain America (1941) di J. Simon e J. Kirby; Wonder Woman (1942) di W.M. Marston e H.G. Peter.
Anche in Italia il genere avventuroso si diffuse rapidamente, grazie all’uscita, durante gli anni 1930, di numerose pubblicazioni per ragazzi, per lo più settimanali, come Il Monello (1933), L’Audace e L’Avventuroso (1934), l’Intrepido, I 3 Porcellini e il Giornale di Cino e Franco (1935), Il Vittorioso e Paperino (1937), Giungla (1938); esse si affiancavano ad altri due settimanali, Jumbo e Topolino (1932), che, sebbene umoristici, erano stati i primi a far conoscere da noi la nuovissima produzione americana e a modificarsi utilizzando più diffusamente la nuvoletta parlante. Le pagine dei settimanali avventurosi cominciarono a ospitare però anche storie e personaggi del tutto italiani, soprattutto in seguito all’emanazione di una disposizione del Ministero della Cultura popolare (1938) contro la pubblicazione di f. stranieri. Vanno ricordati tra i personaggi italiani: Rebo in Saturno contro la terra (1936) di C. Zavattini, F. Pedrocchi e G. Scolari; gli eroi salgariani illustrati da G. Moroni Celsi (1936); il bestiario umano di Zoolandia (1937) di S. Craveri; Kit Carson (1937) di R. Albertarelli; Virus e Capitan l’audace (1938) di F. Pedrocchi e W. Molino; Dick Fulmine (1938) di V. Baggioli e C. Cossio; Pinocchio (1938) di P. Lorenzini e G. Scudellari; Romano il legionario (1938) e Il mozzo del sommergibile (1940) di K. Caesar (Cesare Avai); i protagonisti dell’Isola Giovedì (1940) di F. Caprioli.
Dopo la parentesi della guerra, la produzione avventurosa riprese con nuove storie e personaggi, che assunsero però una dimensione più complessa e realistica. All’estero si affermarono: Johnny Hazard (1944) di F. Robbins; Drago (1945) di B. Hogarth; Judge Wright (1945, Giudice Morris) di B. Brent e B. Wells; Garth (1945) di S. Dowling; Rip Kirby (1946) di A. Raymond; Blake & Mortimer (1946) di E.P. Jacobs; Steve Canyon (1947) di M. Caniff; Dan Dare (1950) di M. Morris e F. Hampson; Cisco Kid (1951) di R. Reed e J.L. Salinas; Jeff Hawke (1954) di W. Patterson e S. Jordan; Dan Cooper (1957) di A. Weiberg; Michel Vaillant (1959) di J. Graton; The Fantastic Four (1960) di Stan Lee (Stanley Lieber) e J. Kirby; Modesty Blaise (1962) di P. O’Donnell e J. Holdaway; Mort Cinder (1962) di H. Oesterheld e A. Breccia; Spiderman (1962, L’Uomo Ragno) di S. Lee e S. Ditko; Lieutenant Blueberry (1963) di J.M. Charlier e J. Giraud; Bernard Prince (1966) di Greg (M. Regnier) e Hermann (H. Huppen).
Nuovi protagonisti del f. umoristico furono: Pogo (1948) di W. Kelly; Beetle Bailey (1950) di M. Walker; Charlie Brown (1950) di C.M. Schulz; Andy Capp (1958) di R. Smythe; i preistorici di B.C. (1958) di J. Hart; The Flinstones (1959, Gli Antenati) di W. Hanna e J. Barbera, creatori (1937) dei cartoni animati di Tom & Jerry; Bristow (1959) di F. Dickens; Tommy Wack (1961) di H. Morren; The wizard of Id (1960, Il mago Wiz) di B. Parker e J. Hart; Mafalda (1964) di Quino (J. Lavado); Colt (1967) di T.K. Ryan.
A metà tra il comico e l’avventuroso si posero tre personaggi, uno inglese, Romeo Brown (1959) di J. Holdaway, e due dell’area franco-belga: Lucky Luke (1946) di Morris (M. de Bevère) e Asterix (1959) di R. Goscinny e A. Uderzo.
In Italia, alla fine della guerra, ripresero le pubblicazioni solo alcune delle vecchie testate (Topolino, Intrepido, Il Vittorioso) ma nacquero nuovi settimanali a f. e si allargò la produzione di albi periodici, con prevalenza di personaggi italiani rispetto a quelli d’Oltreoceano. Tra i primi hanno avuto un’importanza non trascurabile, nonostante la breve durata e la problematica diffusione: Giramondo (1944), L’Avventura (1944), Robinson (1945), Il Cow Boy (1946) e L’Italo-Americano (1946), esempio atipico di giornale a f. bilingue; tra le storie più caratteristiche e popolari: Raff (1944) di M. Guerri e V. Cossio; L’Asso di Picche (1945) di M. Faustinelli, A. Ongaro e H. Pratt; Gim Toro (1946) di A. Lavezzolo e E. Dell’Acqua; Tex Willer (1948) di G.L. Bonelli e A. Galleppini; Pantera Bionda (1948) di G.G. Dalmasso e E. Magni; Il piccolo sceriffo (1948) di T. Torelli e D. Zuffi; Sciuscià (1949) di Torelli e F. Paludetti; Pecos Bill (1949) di G. Martina e disegnato da G. D’Antonio, R. D’Amy, R. Paparella e P.L. De Vita (lo stesso D’Amy, insieme a G.L. Bonelli per i testi, creò nel 1949 i Tre Bill; poi, da solo, Gordon Jim, 1954, Il sergente York, 1954, e La pattuglia dei Bufali, 1956); Tony Falco (1948) di A. Lavezzolo e A. Bresciani; Kinowa (1950) di Essegesse (Sinchetto, Guzzon, Sartoris); Oklahoma (1952) di G. Martina e Paparella, De Vita e D. Battaglia; Il grande Blek (1954) e Il comandante Mark (1956) della Essegesse; Zagor (1961) di G. Nolitta (S. Bonelli) e G. Ferri; La storia del West (1967) di S. Bonelli e D’Antonio. Nel settimanale Intrepido vanno segnalati Forza John (1949) di L. Grecchi e E. Nicolò; Rocky Ryder (1950) di Grecchi e M. Uggeri; Roland Eagle (1951) di F. Corbella; Buffalo Bill (1951) di C. Cossio; Il cavaliere dell’Ideale (1952) di G. Pallotti; Liberty Kid (1952) della prima donna autrice di f., Lina Buffolente; Il principe del sogno (1952) di E. Nicolò.
È da notare come, a una grande abbondanza di soggettisti e disegnatori di storie avventurose, fa riscontro un numero minimo di bravi autori umoristici, tra i quali vanno ricordati, oltre al citato Craveri, B. Jacovitti (attivo dal 1940 con le storie di Pippo, Pertica e Palla, poi con la riduzione a f. di Pinocchio, del 1945, la saga di Cocco Bill dal 1957), i creatori delle storie italiane dei personaggi di Disney (tra gli altri, R. Scarpa, A. Bioletto, L. Bottaro) e quelli delle storie di Cucciolo e Tiramolla (G. Caregaro, R. Anzi, L. Bottaro, C. Chendi, G. Rebuffi).
Tra il 1945 e il 1960 si affermarono gradatamente, in luogo del giornale a f. di grande formato, l’albo tascabile a striscia, di invenzione italiana, e il comic book, albo più grande alla maniera americana. Alla fine degli anni 1960, escluso il Corriere dei piccoli (sia pure profondamente trasformato con l’immissione del f. e di molti personaggi d’importazione francese), non esisteva più nessun giornale a fumetti. Anche Topolino, nel 1949, si trasformò, e da giornale divenne libretto, escludendo tutte le storie avventurose e lasciando spazio a quelle di Disney; quando, nel 1960, da periodico quindicinale divenne settimanale, non bastò più la produzione americana e si dovette quindi impegnare un nutrito staff di soggettisti e disegnatori in un lavoro a ciclo continuo.
Con la progressiva scomparsa di quasi tutti i f. tradizionali, nati tra il 1930 e il 1950, si aprì un periodo di crisi, e insieme una pausa di riflessione che permise di storicizzare e valutare più attentamente il f., che fino allora era stato considerato un sottoprodotto culturale di cui veniva sconsigliata quando non proibita la lettura. Da un lato la crisi di idee e di ideali portò alla nascita di un numero enorme di f. ‘neri’, dei quali il capostipite nobile fu Diabolik (1962) delle sorelle Giussani, seguito poi da Kriminal (1964) di Bunker (L. Secchi), M.G. Perini e Magnus (R. Raviola); dall’altro si recuperò molto del f. sconosciuto in Italia, grazie soprattutto a una nuova raffinata rivista, Linus, che dal 1965 fece conoscere vecchi e nuovi personaggi americani e europei (Krazy Kat, Pogo, Popeye, Dick Tracy, Li’l Abner, Charlie Brown, Jeff Hawke), dedicò spazio al dibattito sul f. come prodotto culturale e promosse la riscoperta di vecchi autori italiani (D. Battaglia) e la conoscenza di nuovi (G. Crepax, con Valentina, nel 1965).
In quegli anni, negli USA, se si eccettuano le iniziative di tipo underground (per es., quella del periodico Barb, che fece conoscere personaggi come l’anticonformista Fritz the cat di R. Crumb, 1968), non si riscontrano novità di rilievo; ed è quindi l’Europa all’avanguardia nella fase di rinnovamento: in particolare la Francia che, con Barbarella di J.-C. Forest (1962), lancia un tipo di f. in cui per la prima volta vengono proposti contenuti erotico-sessuali e si privilegiano protagoniste femminili. Jodelle (1966) e Pravda (1968) di G. Pellaert, Saga de Xam (1967) di N. Devil, Phoebe ZeitGeist (1967) di M. O’Donoghue e F. Springer, Scarlett Dream (1967) di C. Moliterni e R. Gigi, Epoxy (1968) di J. Van Hamme e P. Cuvelier, Blanche Epiphanie (1968) e Paulette (1971) disegnate da G. Pichard su testi rispettivamente di J. Lob e G. Wolinski, Scarth (1971) di J. Addams e L. Roca, esemplificano il successo repentino delle eroine a fumetti.
Conquistato il pubblico degli adulti, il f. si avviava a una nuova fase di espansione su percorsi ora anche molto diversificati. Difatti, se alcuni personaggi tradizionali continuavano le loro saghe nelle mani di autori sempre validi (per es., il Tarzan di R. Manning, 1965-81), nell’ambito della satira e dell’umorismo nascevano in Italia Ghirighiz di E. Lunari (1965), Lupo Alberto (1965) di Silver (G. Silvestri), Alan Ford (1968) di Bunker e Magnus, e Sturmtruppen (1969) di Bonvi (F. Bonvicini); mentre Up il sovversivo (1968) di A. Chiappori e Cipputi (1976) di Altan (F. Tullio-Altan) testimoniavano l’efficacia del f. nel campo della satira propriamente politica; satira che, in una fase di diffusa contestazione sociale, si esprimeva anche negli USA attraverso le vignette di J. Feiffer, e in Francia per opera di Copi (R. Damonte), C. Brétécher (La Page des Frustrés, 1973) e G. Wolinski.
Sempre in Francia, P. Druillet (Lone Sloane, 1973) e J. Giraud, con lo pseudonimo di Moebius (L’homme est-il bon?, 1977), fondavano nel 1975 la rivista Métal hurlant, sulla quale lanciavano il tema di un futuro disumano e alienante come unica prospettiva possibile di un presente già vissuto con ansia e disagio. Altri autori preferirono immergersi in un passato avventuroso, come H. Pratt, con La ballata del mare salato (1967) e con tutte le storie di Corto Maltese, l’ultimo dei personaggi romantici, e V. Giardino, con i gialli incentrati sui personaggi di Max Fridman (1982) e Sam Pezzo (1979). Altri ancora privilegiarono storie in cui predominavano il sesso e gli stati allucinatori: M. Manara (Il gioco, 1986), S. Tamburini e T. Liberatore (Ranx Xerox, 1978), A. Pazienza (Pentothal, 1977). L’avventura assumeva spesso connotazioni gelide, spietate, disperanti, come in Les passagers du vent (1980, Le avventure di Isa), di F. Bourgeon; nei f. giapponesi, in particolare, che per la prima volta si proponevano con un elevato livello qualitativo, diventò centrale il tema dell’orrore metropolitano (Akira, 1984, di Katsuhiro Otomo). Ancora l’orrore e il mistero appaiono dominanti, rispettivamente, in Dylan Dog (1986), di T. Sclavi e di un folto gruppo di validi disegnatori, e in Martin Mystère (1982) di A. Castelli e G. Alessandrini.
Un fenomeno significativo è quello costituito dalla diffusione nel mondo occidentale dei fumetti giapponesi (➔ man-ga), racconti di produzione marcatamente industriale, basati su storie di fantascienza con frequenti e furibonde lotte fra samurai e demoni oppure popolati da adolescenti, spesso con un forte contenuto erotico. Se si escludonoil già citato Akira e Orange road di Izumi Matsumoto (1985), il livello qualitativo è in genere piuttosto basso.
Gli anni 1990 e primi anni del 2000 hanno rappresentato un momento critico della storia del f.: la drastica riduzione del tempo dedicato alla lettura, con il prevalere di altri tipi di svago (televisione, computer, videogiochi), ha fatto sì che gli editori non abbiamo rischiato più esperimenti e nuove proposte, ma preferito rifarsi a filoni consolidati (horror, thriller, fantascienza ecc.). Dopo la scomparsa di alcuni protagonisti del fumetto (Pratt, Bonvi, Jacovitti, Schulz, Barks) e il ritiro di altri, come B. Watterson, autore della fortunata serie Calvin & Hobbes (1985), non sembrano annunciarsi nuovi autori di talento. Resiste comunque il successo di alcuni classici, a cominciare da quelli Disney e poi le serie che hanno come protagonisti Asterix, Batman, l’Uomo Ragno, i Peanuts.