Stato della Transcaucasia confinante a N con la Georgia e con la Russia, a O con l’Armenia e a S con l’Iran; a E s’affaccia sul Mar Caspio. Il territorio azero è compreso tra il Grande Caucaso a N e il Piccolo Caucaso a S, con un’ampia valle mediana percorsa dal fiume Kura (per gli aspetti fisici ➔ Azerbaigian).
In occasione dell’ultimo censimento sovietico (1989) la popolazione ammontava a 7.029.000 ab., mentre al censimento azero (1999) aveva raggiunto un totale di 7.953.438 unità.
Dalla prima metà degli anni 1990, in seguito al conflitto con gli Armeni per il Nagornyj Karabah, vi sono, in precarie condizioni nei campi allestiti in varie aree del paese, circa 800.000 profughi e rifugiati: oltre 570.000 sono profughi provenienti da quella provincia autonoma (oggi indipendente de facto) e dai territori limitrofi occupati dagli Armeni, che si sono aggiunti ai 220.000 rifugiati fuoriusciti dall’Armenia già a partire dal biennio 1988-89. Almeno il 75% di questi profughi e rifugiati vive al di sotto della soglia di povertà.
La città maggiore è la capitale, Baku, che con circa 1.800.000 ab. (2.100.000 nell’intera agglomerazione) è la più popolosa di tutta la Transcaucasia. Altre città notevoli sono Gjandža (301.000) e Sumgait (289.000).
Gli Azeri, che per la lingua sono affini ai Turchi, mentre per la religione se ne differenziano in quanto musulmani sciiti, rappresentano l’86% della popolazione. In seguito alla fuoriuscita della massima parte della componente armena, il secondo gruppo è oggi rappresentato dai Russi (4%).
L’economia azera è dominata dal settore petrolifero (32,5% del PIL), che vanta un’antica tradizione di sfruttamento, risalente al 19° secolo. La penisola di Apšeron è stata infatti una delle prime aree del mondo a essere interessate dall’estrazione e dalla commercializzazione su larga scala del petrolio. Verso la fine dell’Ottocento, all’industria estrattiva si affiancò quella della raffinazione e del trattamento dei combustibili fossili. In questo periodo l’Azerbaigian produceva la metà del petrolio mondiale e si segnalava come sistema produttivo integrato all’avanguardia per la tecnologia dell’epoca. Con l’ingresso dell’Azerbaigian nell’URSS (1920) il settore petrolifero visse una fase di ulteriore espansione fino alla Seconda guerra mondiale, arrivando a rappresentare il 70% della produzione sovietica. L’aumento dei costi di estrazione rese tuttavia più economici i giacimenti del bacino del Volga e della Siberia Occidentale, e il petrolio azero perse il predominio nella produzione di idrocarburi in ambito sovietico, per declinare decisamente agli inizi degli anni 1990, in coincidenza con la dissoluzione dell’URSS (1991). Il cessate il fuoco nel Nagornyj Karabah (1994) e, soprattutto, il vivo interesse di governi e compagnie petrolifere occidentali hanno poi rivitalizzato il settore: nel 1994 il governo di Baku ha sottoscritto con l’AIOC (Azerbaijan International Operating Company, un consorzio cui aderiscono le principali compagnie petrolifere del pianeta) un importante accordo per l’esplorazione e lo sfruttamento dei principali giacimenti petroliferi offshore del paese (Azeri, Čirag, Gunešli), le cui potenzialità estrattive vengono stimate pari a 4,3 miliardi di barili. Nel quinquennio successivo sono stati stipulati almeno altri 20 accordi che hanno coinvolto 33 compagnie petrolifere di 15 paesi, a conferma dell’interesse internazionale per le risorse petrolifere dell’Azerbaigian, stimate pari a 33 miliardi di barili in totale. Tra il 2001 e il 2006, la produzione azera ha superato i 310.000 barili al giorno, con una previsione di 1 milione di barili entro l’anno 2010. Vanno inoltre segnalati cospicui giacimenti di gas naturale, ancora poco valorizzati rispetto alle potenzialità. I principali sono quelli di Bakhar e Shah Deniz. Un aspetto importante della questione energetica è quello relativo alle infrastrutture di trasporto degli idrocarburi, che coinvolgono in delicati equilibri diplomatici non soltanto i paesi della regione (Azerbaigian, Georgia, Turchia, Russia), ma anche i paesi occidentali (Stati Uniti in testa) interessati allo sfruttamento delle risorse energetiche azere e più in generale della regione caspica. Due sono le direttrici alternative per veicolare il greggio azero verso i mercati europei, cui corrispondono visioni geopolitiche antagoniste, russocentrica la prima, filo-occidentale la seconda: la rotta settentrionale, verso il terminal russo di Novorossijsk; le rotte occidentali, verso il porto georgiano di Supsa e quello turco di Ceyhan, terminal mediterraneo dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, ultimato nel 2005 e fortemente sponsorizzato dagli Stati Uniti.
Per ciò che concerne il settore manifatturiero, i principali comparti sono quelli legati alla trasformazione degli idrocarburi (raffineria e petrolchimica), concentrati nell’area di Baku. Seguono la meccanica, i materiali da costruzione e l’agroalimentare. Il settore agricolo (15% del PIL) ha molto risentito del crollo dell’Unione Sovietica, per il venir meno dei tradizionali mercati di sbocco della produzione agraria. Solo a partire dal 1996, in conseguenza della politica di privatizzazione avviata dal governo, si è registrata una ripresa del settore, soprattutto per ciò che concerne le produzioni cerealicole e ortive. Di un certo rilievo è la produzione di cotone.
Nell’ambito dell’export la quota degli idrocarburi è assolutamente prevalente (oltre il 90%). Le importazioni riguardano soprattutto attrezzature per il settore petrolifero. I principali partner commerciali sono la Federazione Russa, i paesi dell’Unione Europea, la Georgia e la Turchia.
La Repubblica sovietica d’Azerbaigian fu proclamata nel 1918. Dopo una breve occupazione inglese (1918) e la dura repressione degli esponenti bolscevichi, il governo passò al partito Musavat (nazionalista), appoggiato dai Turchi e poi nuovamente dagli Inglesi. Un’insurrezione comunista condusse, nel 1920, alla proclamazione della Repubblica Socialista Sovietica d’Azerbaigian, entrata a far parte dell’URSS nel 1922 come parte della neocostituita Federazione transcaucasica, e quindi dal 1936 come repubblica federata.
Nel 1991 l’Azerbaigian si è proclamato indipendente e la presidenza della repubblica fu assunta da A. Mutalibov (primo segretario del Partito comunista dal 1990). Il riaccendersi dei nazionalismi e delle crisi interetniche determinò subito un conflitto con l’Armenia, in seguito al tentativo secessionista del Nagornyj Karabah a forte maggioranza armena. Nel 1992 con un colpo di Stato del Fronte nazionale diventò presidente della Repubblica A. Elčibey, a sua volta rovesciato e sostituito nel 1993 da H. Aliyev, confermato poi al potere da una elezione plebiscitaria. Contestate elezioni politiche del 1995 videro l’affermazione del Partito del nuovo Azerbaigian di Aliev. Contemporaneamente venne approvata una nuova Costituzione che prevedeva un rafforzamento dei poteri presidenziali. Nel 2003 Aliyev si ritirò a causa di una malattia e, dopo contestatissime elezioni seguite da proteste di piazza dell’opposizione, represse con violenza dalla polizia, divenne presidente suo figlio Ilham. In un clima di violenza e intimidazione si sono svolte anche le elezioni parlamentari del 2005, di nuovo vinte dal partito di Aliyev; l'uomo politico è stato riconfermato alle elezioni presidenziali del 2008 e del 2013, e il suo partito ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi alle consultazioni del 2010 e del 2015. Nel settembre 2016 un referendum popolare ha approvato con il 91% dei consensi l'introduzione di riforme per rafforzare il potere di Aliyev e facilitare la trasmissione della carica ai figli; nell'aprile 2018 l'uomo politico è stato rieletto per un quarto mandato con l'86% delle preferenze, e nello stesso mese ha nominato premier del Paese N. Mammadov. Le ostilità esplose nel 2020 tra il Paese e la Repubblica di Armenia nell’area di confine del territorio separatista del Nagorno-Karabakh, conclusesi nel mese di novembre con gli accordi di tregua che hanno assegnato il controllo della quasi totalità del territorio all'Azerbaigian, hanno avuto una recrudescenza nel settembre 2022, essendo temporaneamente risolte con il cessate il fuoco mediato dalla Russia; nello stesso mese, il presidente dell'enclave S. Šahramanyan ha decretato lo scioglimento entro il 1° gennaio 2024 di tutte le istituzioni pubbliche, annunciando la fine della Repubblica separatista.
Città-fortezza di Baku con il Palazzo Shirvanshah e la Torre della Vergine (2000); paesaggio culturale dell'arte rupestre del Gobustan (2007).