teocrazia Forma di governo in cui la sovranità è teoricamente esercitata dalla divinità.
Si possono distinguere due forme tipiche di teocrazia. In certi casi la t. ha un carattere umano: sono uomini particolari (profeti, sacerdoti, re-sacerdoti) che, nella pretesa di conoscere meglio di altri (per es., per diretta ispirazione) la volontà del dio o degli dei, governano il popolo. Ciò avveniva, per es., nell’ebraismo antico, in cui il pensiero teocratico rimase in vigore dal tempo dei Giudici fino all’epoca romana; analoga era la t. islamica sotto Maometto e, dopo la scissione, con gli Sciiti che nell’imā’m riconoscevano la suprema autorità religiosa e politica. In altri casi, invece, la t. è fondata sul carattere divino attribuito al re o capo. La forma più diretta e coerente di questo tipo di t. è rappresentata dalla t. tibetana: alle funzioni di sovrano (Dalai-lama) viene eletta la persona in cui, mediante metodi tradizionali, si riconosce l’incarnazione del bodhisattva di amitabha.
Nella storia delle dottrine politiche s’intende per dottrina teocratica quella che riporta a Dio l’origine e il fondamento del potere politico. A mano a mano che il papato si è reso indipendente e superiore al potere laico, tale dottrina ha riservato al primo l’origine divina, trasformando in un privilegio quello che era il comune fondamento di ogni potestà. Da Gregorio Magno a Gregorio VII, da Innocenzo III a Bonifacio VIII l’apologia del papato si è mossa su questa via. Con s. Tommaso si delinea un atteggiamento nuovo nello svolgimento della dottrina teocratica: infatti, se il movente pratico del pensiero del santo è il rafforzamento dell’autorità papale, il principio teorico da cui esso muove è l’affermazione che il potere politico è di diritto umano. Da Dio viene la ‘forma’ del potere; nelle posizioni concrete, storiche del potere non è Dio a investire il principe, ma la collettività, sempre che essa non creda di esercitarlo direttamente.
Il Rinascimento segna una lunga interruzione nello sviluppo della dottrina teocratica, che riprende vita nel Seicento, proprio mentre più fortemente si affermava il diritto naturale. Ma la posizione dei nuovi teorici della t. può definirsi come un eclettismo demo-teocratico. Per F. Suárez, riportata la legge in ogni sua forma al volere di Dio, anche la legge umana e civile trae il suo valore obbligativo dal fatto che il sovrano ha il suo potere da Dio e lo esercita come suo rappresentante. E fin qui si tratta di una riaffermazione della tesi teocratica. Ma Suárez ricade in quella democratica affermando poi che la potestà di dominare sugli altri uomini non fu data a nessun uomo singolo immediatamente da Dio. È la stessa conclusione di s. Tommaso, qui delineata con maggior precisione. La potestà politica, per diritto naturale, risiede nella comunità e il concretarsi della sovranità del popolo nelle mani di un principe o di un collegio avviene per la via del contratto.
Attraverso queste costruzioni eclettiche la tesi teocratica ha ormai perduto il suo valore di sostegno della potestà pontificia. Ma, mentre si contesta al pontefice una superiorità temporale sugli altri principi, il fondamento divino del potere politico è riaffermato, contro le dottrine democratiche, dai re e dai loro apologisti. Così la dottrina teocratica dà origine alla dottrina del diritto divino dei re. R. Filmer, C. Salmasio, J.-B. Bossuet sono i rappresentanti del pensiero teocratico nel 17° secolo. Bossuet da una parte porta l’attacco più forte alle pretese pontificie di ingerenza negli affari temporali, dall’altra riafferma che il potere politico è creazione diretta di Dio.
Con il 18° sec. trionfa la dottrina del diritto naturale e il diritto divino dei re cede progressivamente terreno alla sovranità degli individui e alle dottrine democratiche. La dottrina teocratica viene rinnovata con la Restaurazione dai dottrinari del legittimismo. J. de Maistre ne aveva riaffermato la validità nella polemica contro J.-J. Rousseau, sulla sua linea si pongono L.-G.-A. de Bonald, K.L. Haller, F.-J. Stahl, L. Taparelli d’Azeglio. Una propaggine democratica di questa corrente è rappresentata da F.-R. de La Mennais, per la sua avversione all’assolutismo regio e per l’affermazione della Chiesa come tutrice dei diritti del popolo e della libertà di fronte al potere civile. A La Mennais si richiamò poi il cattolicesimo democratico che avrebbe dato vita tra l’altro all’ideologia democratico-cristiana, trovando così fine la dottrina teocratica nel senso tradizionale e proprio del termine.