Forma d’arte che impiega il movimento, reale o virtuale, come mezzo di espressione, e si pone in antitesi a ogni concezione dell’oggetto artistico come forma statica. Si avvale sia del moto originato da meccanismi, sia del gioco di luci variabili secondo un programma predisposto. Spesso l’opera è completata nella sua espressione da effetti sonori.
I precedenti vanno ricercati in un preciso interesse dell’arte del 20° sec. verso l’immagine in movimento, cui concorsero in maniera notevolissima la fotografia – in quanto arresto e analisi del movimento – e il teatro, in particolar modo il balletto. Il problema del movimento, intrinseco già alla visione degli impressionisti, per gli artisti della generazione successiva si pone come ricerca sui dati della coscienza (H. Bergson), mentre è recepita l’importanza che il movimento assume nella scienza e nella tecnica come prodotto dalla correlazione allo spazio del tempo, la scoperta cioè del tempo come quarta dimensione della realtà. Da tali premesse deriva lo studio del movimento nell’opera dei cubisti e dei futuristi e dell’avanguardia russa, alla quale nel 1920 si ricollega N. Gabo nel suo Manifesto realista in cui i ritmi cinetici sono contrapposti ai tradizionali ritmi statici come «forme essenziali della nostra percezione del tempo reale» e con la creazione della prima opera cinetica: una lama di acciaio fatta vibrare da un motore elettrico. Dello stesso periodo è il tentativo di trasporre il linguaggio pittorico nella nuova ritmica ottica del cinema: V. Eggeling (1880-1925) seguendo le sue ricerche di «contrappunto» e «orchestrazione della linea» realizza una Messa orizzontale-verticale e una Sinfonia diagonale (1920) e H. Richter il suo Präludium. Nell’ambito del Bauhaus (➔), dalla ricerca che tende a sintetizzare movimento, colore, luce e forme nasce il progetto di L. Moholy-Nagy per un teatro totale di movimenti musicali e ottici nello spazio; lo studio delle interazioni e trasformazioni di colori complementari (J. Albers) e del colore come materia di base ritmicamente organizzabile (J. Itten) segna una serie di importanti esperienze che condurranno, nel secondo dopoguerra, alle ricerche di «cinetismo virtuale», ossia di «movimento» soltanto ottico, di V. Vasarely (➔ optical art). Intorno al 1930 A. Calder svolge con i suoi Mobiles esperienze sul movimento, così B. Munari con le sue Macchine inutili.
Ma di una vera e propria arte c., che mette al suo servizio apparati tecnici sempre più complessi, si può parlare solo dopo il 1950: nel 1955 a Parigi la mostra Mouvement sintetizza le ricerche lumino-cinetiche e nel 1961 lo Stedelijk Museum di Amsterdam inaugura la prima mostra internazionale di arte cinetica. Nel campo operano: Y. Agam, J. R. Soto, N. Schöffer, F. Malina, J. Tinguely, G. Vardanega, G. Alviani, A. Friscia; il Gruppo T (fondato a Milano da D. Boriani, G. Colombo, G. De Vecchi, G. Varisco); il Gruppo N (fondato a Padova nel 1959 da A. Biasi, E. Chiggio, T. Costa, E. Landi, M. Massironi); il GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel, fondato a Parigi nel 1960 da H. Garcia-Rossi, J. Le Parc, F. Morellet, F. Sombrino, J. Stein, Yvaral); il gruppo Dviženie («movimento», fondato a Mosca nel 1962 da L. Nusberg, A. Krivtchikov, F. Infante, A. Stepanov).