Denominazione generica di qualsiasi grano o frutto edibile, in specie di Graminacee (Poacee), che, come tale o sotto forma di derivato, possa essere usato come alimento (v. fig.).
Quasi tutti i c. appartengono alla famiglia delle Graminacee, tranne alcuni di minore importanza, fra cui il grano saraceno delle Poligonacee. I c. più importanti sono: il grano o frumento, il riso, il mais o granoturco, l’orzo, l’avena, la segale, il sorgo o saggina; sono coltivati meno estesamente il miglio, il miglio perlato, il panico indiano, il tef e altre Graminacee nei paesi caldi, nonché, tra le piante non appartenenti a questa famiglia, il grano saraceno, il quinoa ecc. La coltura dei c. ( cerealicoltura) è la più diffusa delle colture agrarie. I c. sono coltivati principalmente per ricavarne farina (panificabile o no) o un alimento diretto per l’uomo (riso) o per gli animali (mais, avena, orzo); per l’alimentazione degli erbivori domestici i c. contribuiscono specialmente con i loro sottoprodotti, come paglie, pule, e soprattutto come foraggio (mais ecc.); importante è anche l’uso dei c. nelle industrie, per la preparazione di: birra (orzo ecc.), amido, olio (mais), carte e cappelli (dalle paglie).
La cerealicoltura è stata indicata dagli studiosi di preistoria come una delle cause determinanti della cosiddetta ‘rivoluzione neolitica’, conseguente all’affermarsi di forme di agricoltura stabile: essa comportò la preminenza, segnatamente nel Vicino Oriente, dei prodotti della cereacultura nella dieta delle popolazioni sedentarie. L’interesse dei paletnologi è rivolto all’esame dei centri primari di produzione e alle vie di diffusione dei singoli cereali.
Frumento, orzo, avena, segale hanno un’area assai estesa di coltivazione, pur preferendo le zone temperate con estati calde; l’avena e la segale si adattano bene a terreni subacidi, ma la prima teme i freddi mentre la seconda dà buoni risultati anche in aree con basse temperature (alta montagna); l’orzo si ambienta in modo soddisfacente in climi subaridi; il mais predilige climi temperato-caldi e richiede, per fornire buone rese, terreni abbastanza ricchi di umidità circolante, specialmente se si tratta di varietà ibride a elevato rendimento; il riso, infine, è tipico delle zone subtropicali a clima monsonico ed è di norma coltivato in terreni irrigati con il sistema per sommersione, pur esistendo varietà adatte alla coltivazione in terreni asciutti (riso di montagna). In generale i c. occupano, nell’avvicendamento, il posto delle colture sfruttatrici della fertilità del terreno; fa eccezione il mais, tipica coltura da rinnovo, cioè che apre l’avvicendamento in quanto, richiedendo lavorazioni del suolo accurate e profonde e abbondanti concimazioni, ne migliora notevolmente la fertilità, a vantaggio anche delle coltivazioni successive.
A motivo della fondamentale importanza che hanno per l’alimentazione umana e animale, i c. sono stati oggetto di particolare attenzione da parte degli sperimentatori, i quali hanno operato prevalentemente in direzione del miglioramento genetico. Tale orientamento, che è tuttora in atto, ha consentito di ottenere varietà altamente produttive, specialmente per quanto riguarda il frumento, il riso e il mais. Per quest’ultimo, la creazione di sementi ibride di prima generazione ha consentito addirittura di sestuplicare le rese unitarie (per ettaro), contribuendo in modo decisivo allo sviluppo degli allevamenti, soprattutto di quelli suini e avicunicoli. Per quanto concerne i frumenti, essendo l’acqua il fattore che regola tutti gli altri fattori che partecipano alla produzione, le varietà con più largo rapporto fra grano e paglia rendono di più in granella e, pertanto, a una determinata disponibilità di acqua corrisponderà una produzione granellare maggiore nelle varietà a taglia bassa.
Nell’ambito della ‘rivoluzione verde’, iniziata negli anni 1960, che ha condotto a un forte aumento della produzione cerealicola su scala mondiale, un ruolo di rilievo ha svolto la coltura di riso ad alta resa, una varietà ibrida ottenuta nel 1966, caratterizzata da maturazione precoce (in modo da poter ottenere due o tre raccolti l’anno) e da una particolare conformazione della pianta, a stelo corto e più robusta, per sopportare un maggior peso del riso: con la giusta applicazione di acqua e fertilizzante la resa era da tre a otto volte superiore.
Nel corso degli ultimi anni del 20° sec. l’ordine dei tre c. principali, secondo la quantità totale prodotta, si è sovvertito: il mais è divenuto il primo, con 1002 milioni di t nel 2005-2006, precedendo il grano (625,2 milioni di t), il quale, a sua volta, prevale sul riso (422,6 milioni di t). Per tutti e tre si è verificato comunque in generale un incremento della produzione, particolarmente rilevante nel caso del mais. La distribuzione per aree continentali conferma la netta prevalenza del mais nelle due Americhe e la marcatissima concentrazione del riso in Asia (ma si tratta pressoché esclusivamente dell’Asia monsonica); alquanto meglio distribuita appare la produzione del grano. Si sono verificati un leggero declino nella produzione dell’orzo e una forte riduzione in quella della segale e dell’avena, cereali tipici delle zone temperato-fredde dell’emisfero boreale, sia nordamericane sia, e soprattutto, eurasiatiche. In leggero aumento risultano i raccolti di sorgo e di miglio che, sebbene in buona parte sostituiti da c. più ricchi, continuano a essere largamente utilizzati in molte delle loro aree di coltivazione, per lo più ubicate in paesi in via di sviluppo dell’Africa, a S del Sahara, e dell’Asia e che appaiono destinati a una certa ripresa.