Il diritto all’informazione – alcuni studiosi preferiscono utilizzare la locuzione libertà di informazione – rileva sotto due o tre diversi aspetti: come libertà di informare e come diritto ad essere informati, oppure (secondo Lavagna) come diritto di informare, cioè di trasmettere notizie agli altri, come diritto di informarsi, cioè di attingere informazioni da più fonti, e come diritto di essere informati. Mentre è pacifico che il primo aspetto rientri nella più generale libertà di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost., più problematico appare il legame con il testo costituzionale nel caso del secondo e del terzo aspetto. A differenza di altri testi costituzionali (art. 5 Legge fondamentale Germania 1949; art. 20-D Cost. Spagna 1978) e di quanto previsto da dichiarazioni internazionali e/o sovranazionali dei diritti (art. 19 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 1948; art. 10 CEDU; art. 19 Patto internazionale sui diritti civili e politici 1966; art. 11 Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.), la Costituzione italiana non prevede espressamente un diritto all’informazione.
Molti studiosi – è il caso, ad esempio, di C. Mortati – hanno ricondotto il diritto di essere informati (sia come diritto di ricevere informazioni che come diritto di ricercarle) all’art. 21 Cost., sulla base anche di una costante giurisprudenza costituzionale, che ha considerato questo diritto un «risvolto passivo della libertà di manifestazione del pensiero». D’altra parte, proprio in virtù del collegamento con l’art. 21 Cost. e facendo proprie le tesi espresse dalla stessa Corte costituzionale, alcuni autori (ad esempio, Paladin) hanno parlato di un mero interesse all’informazione e non di un vero e proprio diritto azionabile in sede giudiziaria. Altri studiosi – è il caso, invece, di C. Esposito – hanno negato l’automatico collegamento tra diritto all’informazione e libertà di manifestazione del pensiero. Alcuni autori, infine, hanno configurato il diritto all’informazione come una conseguenza del principio democratico, poiché un regime democratico (Democrazia) necessita sempre di una pubblica opinione vigile e informata (Comunicazione politica): questa esigenza generale di pubblicità, che si specificherebbe ulteriormente nel principio dell’accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni (l. n. 349/1986; l. n. 142/1990; d.lgs. 267/2000; l. n. 15/2005), trova un limite nella tutela del segreto.
Tra le varie forme di segreto, il più importante è sicuramente il c.d. segreto di Stato, recentemente ridisciplinato con la l. n. 124/2007, che ha sostituito la precedente l. n. 801/1977. L’apposizione del segreto di Stato deve avere una giustificazione costituzionale, nel senso che deve essere fondata sulla tutela di interessi costituzionalmente protetti (la l. n. 124/2007 si riferisce appunto alla diffusione di qualunque cosa che possa recare «danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato»). In ogni caso, l’apposizione del segreto di Stato non può riguardare «fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale» (l. n. 124/2007), laddove la l. n. 801/1977, riprendendo le affermazioni della giurisprudenza costituzionale, si riferiva esclusivamente ai «fatti eversivi dell’ordine costituzionale».
Un peculiare aspetto del diritto all’informazione è il c.d. diritto di cronaca (o ius narrandi), cioè il diritto di raccontare ciò che avviene, con un eventuale commento. Esso incontra, oltre al già citato limite del segreto, anche i limiti rappresentati dalla tutela dell’onore (a protezione del quale è stato previsto l’istituto della rettifica), della riservatezza, del buon costume e, secondo alcuni studiosi, anche dello stesso ordine pubblico. Un’ulteriore limitazione al diritto di cronaca è quella contenuta nella c.d. par condicio (Comunicazione politica): non vi è dubbio, infatti, che la normativa vigente, nel prevedere l’obbligo di assicurare la parità di condizioni tra le forze politiche in occasione delle elezioni, finisca con l’incidere anche sulla stessa libertà di informare.
Libertà di manifestazione del pensiero
Brevi note al d.d.l. 1611 in tema di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali di Antonello Ciervo