L’insieme dei poemi e dei romanzi sorti nel Medioevo o rimaneggiati o composti in età successive, intorno agli eroi della cavalleria. Ne fanno parte i due grandi cicli dell’epopea francese: il ciclo brettone, contraddistinto da irrealtà ed esaltazione dello spirito di avventura, e il ciclo carolingio, dominato da un vivo accento nazionale e religioso. Altri poemi o romanzi cavallereschi si riferiscono a personaggi del ciclo classico o di varia provenienza, specialmente orientale, atteggiati anch’essi a cavalieri medievali.
In Italia la diffusione della poesia c. è attestata fin dal principio del 12° sec. e continua nel 13° e nel 14°. Nelle biblioteche dei signori dell’Italia specialmente settentrionale abbondavano manoscritti di materia brettone, traduzioni, compilazioni, come il Meliadus e il Guiron le Courtois; il popolo da parte sua leggeva o ascoltava cantari di questa materia (Cantare di Lancillotto, di Florio, della Pulzella gaia, del Liombruno, del Bel Gherardino ecc.), ma preferiva la materia carolingia e i liberi rimaneggiamenti delle Chansons de geste, specialmente di quelle riguardanti Doon de Mayence, che trasformò a suo modo, facendone una ‘gesta’ di criminali e di traditori. Vanno inoltre ricordati i poemi Buovo d’Antona, Fierabbraccio, Uggeri il Danese, Rinaldo da Montalbano, la Spagna in rima, l’Orlando che Luigi Pulci utilizzò per il Morgante, i popolari romanzi di Andrea da Barberino, i cantari di A. Pucci.
Nel Quattro-Cinquecento la poesia c., che in sede letteraria aveva già dato Filostrato e Teseida di G. Boccaccio, continuò ad avere in Italia largo sviluppo: col Ciriffo Calvaneo di Luca Pulci, la Giostra di Luigi Pulci, l’Orlando Innamorato di M. Boiardo che rinnova il mondo cavalleresco tradizionale, il Mambriano di Francesco da Ferrara, l’Orlando Furioso in cui L. Ariosto armonizza in un disegno perfetto le varie fonti dalle quali attinse, il Baldus e l’Orlandino di T. Folengo, che nel secondo poema volge al comico gli elementi tradizionali del genere; finché, diventato ‘genere letterario’ tra gli altri, il cavalleresco si fonde e talvolta confonde con il poema epico.
Continua poi stancamente nel Seicento; ma più che con invenzioni come il Torracchione desolato di B. Corsini, il Catorcio di Anghiari di F. Nomi, lo Scherno degli dei di F. Bracciolini, il Malmantile racquistato di L. Lippi, che volgono grossolanamente la materia al burlesco e al giocoso, quest’età, in difetto di fede nella serietà della poesia e del mondo cavalleresco, dissolve l’una e l’altro nell’ironia e nel comico con la Secchia rapita di A. Tassoni.
Non estranea, se non proprio all’imitazione, alla conoscenza delle canzoni di gesta, la poesia c. spagnola creò dalla materia storico-leggendaria della Castiglia una serie di poemi, di contenuto eroico, in qualcuno dei quali, come in Bernardo del Carpio, le avventure dell’eroe s’inserivano in quelle del ciclo carolingio. Avvenimenti politici, lotta contro gli Arabi e leggende, trasfuse più tardi nei romances, costituirono nel Medioevo la trama di poemi, che non possediamo, da quello su Hernan González, all’ultimo, unico pervenutoci, della prima metà del 12° sec., sul Cid. La restante materia, che abbraccia anche le aree linguistiche portoghese e catalana, non è inferiore per ricchezza a quella di altre nazioni; gran parte di essa sarà poi argomento della sottile ironia e del nostalgico ricordo che confluiranno nel Don Quijote di M. de Cervantes.
Poco significativi gli svolgimenti dati in Inghilterra al ciclo classico, sebbene molto diffusa sin dall’11° sec. fosse la leggenda di Alessandro. Del 14° sec. sono The wars of Alexander, Life of Alisaunder, Troy Book. Ma la vera fioritura dei poemi cavallereschi si ebbe sotto l’influsso francese; e da questi trasse ispirazione G. Chaucer, specie nei Canterbury Tales. Nella seconda metà del Quattrocento ancora T. Malory raccoglieva nella prosa della sua Morte d’Arthur tutta la vasta materia.
In Germania la materia c., che in genere si appoggia a quella francese, giunse a un notevole approfondimento morale. E un alto ideale morale già si avverte in Hartmann von Aue nel quale per primo troviamo soggetti etico-religiosi (Ereck e Iwein) espressi nelle forme dell’epica cortese, e in Goffredo di Strasburgo (Tristan und Isolde), il quale su tutti eccelle per lo splendore della forma. Infine Wolfram von Eschenbach trasformò nel suo Parsifal (1210 circa) la vicenda del cavaliere Perceval in una storia di elevazione e purificazione spirituale; e nel Willehalm riprese in uno spirito di carità la leggenda di Guillaume d’Orange. In epoca romantica il riscoperto mondo cavalleresco fu fonte d’ispirazione alla poesia tedesca e alle musiche di R. Wagner.