R. di frecce Strumento di osso, corno o avorio, provvisto di un foro a un’estremità, che fu considerato per lungo tempo come insegna d’autorità («bastone di comando») o come un rudimentale fermaglio. I r. compaiono per la prima volta nei livelli aurignaziani, ma la loro massima frequenza si ha durante il Maddaleniano: in quest’ultima fase presentano sovente decorazioni di incisioni e sculture a carattere zoomorfo.
In aerofotogrammetria, dispositivo per il raddrizzamento delle immagini fotografiche; mediante tali dispositivi si può cioè ottenere la proiezione orizzontale del terreno fotografato, anche se all’atto della ripresa la camera di presa non aveva il suo asse verticale.
In elettronica, dispositivo per raddrizzare una corrente elettrica alternata, cioè per rendere unidirezionale quest’ultima. I r., essendo capaci di convertire la potenza elettrica di una corrente alternata in potenza di una corrente unidirezionale, rientrano nella categoria dei convertitori.
In passato l’operazione di conversione per i dispositivi di potenza veniva effettuata tramite: r. statici, privi di organi mobili, il cui funzionamento è basato sulla conduzione asimmetrica di alcuni elementi bipolari; r. meccanici, dotati di dispositivi mobili, per esempio, lamelle, in cui l’operazione di apertura e chiusura di circuiti viene effettuata muovendo il dispositivo mobile; r. rotanti, in cui la trasformazione da corrente alternata a continua viene effettuata tramite macchine speciali (convertitrici, permutatrici). Gli elementi dei r. statici erano: celle elettrolitiche con elettrodi asimmetrici (r. elettrolitici); diodi termoelettronici a vuoto (r. a vuoto spinto); diodi a gas, a catodo freddo (r. a luminescenza); diodi a gas a catodo caldo (r. a vapori di mercurio); componenti a semiconduttore (r. a semiconduttore). Attualmente soltanto i r. statici con componenti a semiconduttore hanno un interesse industriale.
Con il termine r. sono indicati anche gli elementi conduttori asimmetrici, cioè conduttori che presentano una piccola resistenza al passaggio della corrente in un verso (conduzione diretta) e un’alta resistenza quando invece la corrente scorre nel verso opposto (conduzione inversa), e che dovrebbero essere chiamati più propriamente elementi r., per riservare il termine r., o gruppo r., all’intero dispositivo impiegato per la conversione. Nelle fig. 1A e B sono mostrati i simboli rispettivamente di gruppo r., in uno schema unifilare, e di singolo elemento r. (la freccia in cui consiste il simbolo individua il verso di conduzione diretta).
I r. di gran lunga più usati sono quelli statici, che sfruttano la proprietà di alcuni bipoli, soprattutto diodi a semiconduttore, di avere una caratteristica tensione-corrente fortemente asimmetrica (fig. 1D).
I parametri più importanti che caratterizzano l’elemento r. e ne condizionano l’uso secondo una disposizione circuitale piuttosto che un’altra sono principalmente: il fattore di raddrizzamento, cioè il rapporto tra la resistenza elettrica dell’elemento r. nel verso di conduzione inversa e quella nel verso di conduzione diretta; la caduta di tensione nel senso di conduzione diretta, al passaggio della corrente nominale; tale valore fornisce l’ordine di grandezza delle perdite di potenza; la tensione di picco inversa, cioè il massimo valore di tensione che l’elemento r. può sopportare senza danno (cioè senza che si verifichino scariche tra gli elettrodi) nel verso di conduzione inversa; la corrente di picco, cioè il valore di picco dell’intensità di corrente che può fluire senza danno nell’elemento r.; la corrente media raddrizzata, cioè il valore massimo dell’intensità di corrente raddrizzata che può circolare indefinitamente senza provocare riscaldamenti pericolosi o comunque compromettere il regolare funzionamento del raddrizzatore.
Gli schemi circuitali, a seconda delle caratteristiche della corrente alternata da convertire, si distinguono in schemi monofase e schemi polifase (generalmente trifase, talvolta esafase e dodecafase). Lo schema di fig. 1C è detto r. monofase a semionda; in tale disposizione circuitale un diodo a semiconduttore è posto in serie a un carico di resistenza R alimentato, mediante un trasformatore a, da una tensione alternata sinusoidale v. La corrente i che circola nel carico non è alternata ma asimmetrica, con intensità di valore medio non nullo, i0 (fig. 1E); l’analisi di Fourier della forma d’onda della corrente i mette in luce la presenza di componenti armoniche, le quali possono essere opportunamente ridotte in ampiezza con l’ausilio di filtri di livellamento.
L’elemento r. ideale è un bipolo che presenta resistenza nulla quando la tensione vd ha una determinata polarità e resistenza infinita quando ha polarità opposta. In realtà, nel funzionamento in conduzione diretta, qualsiasi elemento r. offre una resistenza non nulla al passaggio della corrente, e pertanto presenta sempre ai propri terminali una caduta di tensione (vd* in fig. 1E) di pochi decimi di volt. Per ridurre la forte ondulazione della corrente i si ricorre a un condensatore di livellamento (fig. 2), in parallelo con il carico, che immagazzina energia durante il periodo di conduzione dell’elemento r. e fornisce energia durante il periodo di non conduzione dell’elemento r., in modo tale che la corrente risulti non nulla anche nell’intervallo compreso tra due semionde consecutive e dello stesso segno di queste ultime.
Nello schema del r. monofase a doppia semionda, sono raddrizzate le alternanze dei due segni (fig. 3A). Si può avere lo schema controfase, con trasformatore a presa centrale e due elementi r. in controfase (fig. 3B), derivante sostanzialmente dall’unione di due circuiti r. a semionda, identici, alimentati da due tensioni (v1 e v2 in fig. 3B) sfasate di 180°; oppure si può avere lo schema a ponte (fig. 3C), costituito da quattro elementi r. disposti in modo che la conduzione avvenga attraverso due di essi per le semionde di una polarità e attraverso gli altri due per la polarità opposta. Il valore massimo della tensione raddrizzata è pari al valore massimo della tensione erogata da metà del secondario del trasformatore nello schema controfase, dall’intero secondario nello schema a ponte; la tensione di picco inversa è pari al doppio della tensione massima raddrizzata nel primo schema, mentre è pari alla tensione massima raddrizzata nel secondo schema: per questa ragione e anche perché non è necessario disporre di un trasformatore con presa centrale, nella pratica si preferisce spesso ricorrere allo schema a ponte, anche se richiede un numero doppio di elementi raddrizzatori. La corrente raddrizzata è sempre pulsante, cioè fortemente ondulata, ma in minor misura rispetto ai r. a una semionda. Comunque, anche in questo tipo di r., al fine di ridurre le ondulazioni della corrente raddrizzata, è necessario l’inserimento dei condensatori di livellamento.
Per i r. di maggior potenza si ricorre all’alimentazione trifase; gli schemi più semplici sono quello trifase a semionda con trasformatore a presa centrale (fig. 4A) e quello trifase a ponte (fig. 4B). Nel primo caso ciascun elemento r. e, quindi, ciascuna fase del secondario del trasformatore conducono per 1/3 del periodo, nel secondo caso gli elementi r. conducono sempre a coppie, ciascuno per 1/3 del periodo. La corrente raddrizzata i risulta molto meno ondulata rispetto ai casi di alimentazione monofase e spesso non sono necessari filtri di livellamento. Nelle applicazioni in cui è necessario controllare la tensione o l’intensità della corrente raddrizzata, tale regolazione può essere fatta ricorrendo a r. controllati; talora la regolazione viene anche fatta agendo sulla corrente alternata di alimentazione, per es., mediante triac. Nel caso particolare che si voglia una tensione d’uscita stabilizzata rispetto a variazioni della tensione alternata di alimentazione o rispetto a variazioni del carico, si ricorre a stabilizzatori di tensione.
Dato che la distribuzione dell’energia elettrica è fatta con reti a corrente alternata e siccome sono molto numerosi e importanti gli impianti e le apparecchiature che richiedono alimentazione in corrente continua, l’impiego dei r. è largamente diffuso nella pratica. I campi di applicazione di grande potenza sono molteplici e vanno dalle stazioni di conversione per trazione ferroviaria, agli impianti elettrogalvanici, all’alimentazione di grossi motori a corrente continua per industrie siderurgiche, cartarie ecc.; diffusissimo è poi l’impiego dei r. nelle telecomunicazioni (alimentazione di impianti trasmittenti e riceventi) e nell’elettronica (alimentazione di circuiti logici per elaborazione e controllo). Nel campo delle medie e piccole potenze, i r. costituiscono lo stadio di raddrizzamento prima del convertitore corrente continua - corrente continua (➔ chopper), o prima del convertitore corrente continua-corrente alternata (➔ invertitore) degli azionamenti elettrici.
Nel caso in cui gli elementi r. siano provvisti di dispositivi per la regolazione della corrente raddrizzata, i r. sono detti controllati. In passato venivano utilizzati come elementi r. gli ignitron e i thyratron, il cui terzo elettrodo era detto griglia di controllo; successivamente si è passati agli elementi r. a semiconduttori, detti anche SCR (silicon controlled rectifier). Tra questi sono di largo impiego i tiristori, in cui l’istante di accensione è comandato inviando un impulso di corrente a un terzo elettrodo (elettrodo di controllo, detto anche gate). Una volta avviata la conduzione, questa prosegue finché l’anodo è positivo rispetto al catodo, cioè finché una corrente non tende a scorrere nel verso della conduzione inversa, disabilitando in tale modo il componente. Per ottenere un funzionamento da r., l’angolo di ritardo rispetto all’istante in cui si manifesta la tensione di polarizzazione diretta sul componente deve essere inferiore a 90°; nel caso in cui tale angolo superi i 90° e il carico è attivo, il gruppo è detto invertitore, perché consente il trasferimento di potenza dal circuito in corrente continua a quello in corrente alternata. La struttura topologica dei gruppi di r. controllati è simile a quella dei semplici gruppi di r.: essi vengono utilizzati o come primo stadio di un convertitore che in uscita fornisce una tensione alternata di ampiezza e frequenza regolabile, o come invertitore per l’alimentazione di grossi motori sincroni. In fig. 5A è indicato il simbolo di un elemento r. controllato (o diodo controllato): a è l’anodo, b l’elettrodo di controllo, c il catodo. Con riferimento a un r. controllato monofase a ponte (fig. 5B) che alimenta un carico resistivo R attraverso un filtro induttivo L, nella fig. 5C sono mostrati gli andamenti temporali della tensione v applicata al gruppo r. e della tensione raddrizzata vr: variando l’angolo di ritardo α è possibile regolare, tra un valore massimo e zero, il valore medio Vr della tensione vr e quindi anche dell’intensità della corrente raddrizzata, senza dissipazione di potenza. I limiti relativi alla tensione inversa e alla massima intensità di corrente sono dettati dalle caratteristiche del componente impiegato (➔ tiristore).