Stato della Penisola Balcanica; confina a N con la Serbia, a O con l’Albania, a S con la Grecia, a E con la Bulgaria. La denominazione ufficiale di Repubblica della Macedonia del Nord è stata assunta nel febbraio 2019, in sostituzione di Repubblica di Macedonia, sulla base dell'accordo ratificato a Prespa nel giugno dell'anno precedente con la Grecia. Nel marzo 2020, con la nuova denominazione, il Paese ha aderito alla NATO, e nel luglio 2022 sono stati avviati i negoziati di adesione all'Unione Europea.
Il territorio, che coincide con l’alto bacino del Vardar (Axiós), è prevalentemente montuoso, formato da rilievi che a O si riallacciano alle catene dinariche e albanesi, a E a quella del Rodope, a S ai monti della Grecia; diverse cime superano i 2500 m, specialmente lungo il confine con l’Albania (Korab, 2764 m). Le poche aree pianeggianti si trovano lungo il fondovalle del Vardar, formato da una serie di bacini di sprofondamento, il maggiore dei quali è quello di Skopje. Altri bacini si trovano all’estremità sud-occidentale, e sono occupati dai laghi di Ocrida e di Prespa. Il clima è di tipo temperato continentale, ma influenze mediterranee sono evidenti all’estremo S. Gli elementi idrografici fondamentali sono il Vardar (con i suoi maggiori affluenti, Bregalnica, da sinistra, e Crna Reka, da destra) e i suddetti laghi di Ocrida e Prespa.
La popolazione è prevalentemente macedone (64,2%), ma vi sono cospicui gruppi minoritari, di cui quello di gran lunga più numeroso è rappresentato dagli Albanesi (25,2%); seguono Turchi (3,9%), Romeni (2,7%), Serbi (1,8%). La popolazione urbana ammonta al 67% (2008) del totale e per oltre la metà è concentrata nella capitale, l’unica grande città; tra gli altri centri urbani, solo Kumanovo supera i 100.000 ab., i maggiori sono Bitola, Tetovo. La popolazione rurale vive prevalentemente accentrata in grossi villaggi.
La costituzione non stabilisce lingue ufficiali; quelle più diffuse sono il macedone e l’albanese. Religione predominante è la cristiano-ortodossa (54,4%), professata dalla popolazione slava, seguita da quella islamica (sunnita 29,9%), diffusa specialmente tra gli Albanesi e i Turchi.
I difficili rapporti con gli Stati vicini sono stati uno dei fattori delle difficoltà di decollo del nuovo Stato macedone, che si sono aggiunti alla povertà di risorse e alla debolezza delle infrastrutture, tanto che la M. ha cercato altrove sbocchi commerciali, tentando perfino, negli ultimi anni 1990, di aprire un canale preferenziale con la lontanissima Taiwan. Serbia e Grecia sono tra i principali partner commerciali, insieme con la Germania, gli Stati Uniti e l’Ucraina, e molto numerosi e rilevanti sono stati gli investimenti da parte di società greche. Le condizioni economiche del paese sono preoccupanti. Il tasso di disoccupazione è elevato (33,5% nel 2008), pur in calo rispetto al 2000 quando raggiunse il 50%. L’agricoltura, la cui produzione peraltro è insufficiente al fabbisogno alimentare interno, assorbe circa il 20% della popolazione attiva e le attività terziarie ne impiegano meno del 50%, il che dà la misura dello scarso dinamismo del paese e delle difficoltà che esso incontra nel rafforzamento della propria economia.
Le colture prevalenti sono quelle del tabacco, dei cereali (frumento, orzo, mais), del cotone, della barbabietola da zucchero. I pascoli, notevolmente estesi, consentono un’ampia diffusione dell’allevamento, soprattutto di quello ovino (1,2 milioni di capi), in parte transumante. Discrete sono le risorse minerarie, costituite essenzialmente da lignite (che garantisce al paese autonomia energetica), rame, piombo e zinco. L’industrializzazione, avviata solo dopo la Seconda guerra mondiale, ha avuto soprattutto la funzione di assorbire manodo;pera eccedente nelle campagne. Tra le industrie, oltre alla siderurgica (Kumanovo), sono da ricordare quelle tessili, alimentari e del tabacco, tutte fondate su materie prime locali. Il maggior centro industriale è la capitale Skopje.
Annessa alla Serbia in seguito alle guerre balcaniche del 1912-13, la Macedonia settentrionale entrò a far parte dello Stato iugoslavo nel 1918 e nel 1946 divenne una delle 6 repubbliche costitutive della nuova Iugoslavia federale. La crisi della Iugoslavia nel 1991 portò alla proclamazione di indipendenza della Repubblica di Macedonia, ammessa ufficialmente all’ONU nel 1993. Presidente divenne l’ex comunista K. Gligorov, confermato nel 1994.
Nel corso degli anni 1990 il nuovo Stato macedone si trovò a fronteggiare sia le tensioni interne alimentate dalle diverse minoranze etniche, soprattutto quella albanese, sia i difficili rapporti con la Bulgaria, che pur riconoscendo il nuovo Stato ribadiva l’inesistenza della nazione e della lingua macedoni, e con la Grecia, che interpretava alcuni articoli della Costituzione macedone come minaccia all’integrità del proprio Stato e contestava il nome e la bandiera nazionale della nuova Repubblica, temendo possibili rivendicazioni territoriali nei confronti della Macedonia greca. Tra il 1993 e il 1994 la Grecia impose alla M. pesanti sanzioni commerciali che furono rimosse nel 1995 quando, con la mediazione statunitense, M. e Grecia firmarono un accordo che prevedeva garanzia delle frontiere, revoca dell’embargo, modifica della bandiera macedone, ma rinviava la soluzione del contenzioso sul nome.
In quegli stessi anni la politica interna era dominata dal bilanciamento del potere fra la coalizione moderata al governo (Alleanza per la Macedonia), da una parte, e i partiti nazionalisti slavo-macedoni e albanesi, dall’altra. Nei primi mesi del 1997 l’acuta crisi dello Stato albanese ebbe ripercussioni in M., generando tensione nella parte occidentale del paese confinante con il Kosovo e l’Albania. Le elezioni parlamentari del 1998 furono vinte dalla coalizione formata dalla Organizzazione rivoluzionaria interna macedone-Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO-DPMNE), guidata da L. Georgievski, e da Alternativa democratica di V. Tupurkovski. Il nuovo governo pose all’ordine del giorno la soluzione dei problemi economici del paese, ma si trovò a subire le conseguenze del conflitto scoppiato nel Kosovo, dovendo gestire l’arrivo di oltre 250.000 profughi, con ripercussioni importanti anche sull’equilibrio etnico del paese.
Nel 1999 le elezioni presidenziali furono vinte, con denunce di irregolarità anche da parte dell’OSCE, dal candidato della VMRO-DPMNE B. Trajkovski, appoggiato dalla minoranza albanese e più vicino all’Occidente e alla NATO. Nei primi mesi del 2001 nel Nord del paese crebbe la tensione e si intensificarono gli episodi di violenza a opera dei ribelli albanesi riuniti nell’Esercito di liberazione nazionale. Dopo 6 mesi di ostilità e violenze fu siglato un accordo tra Albanesi e Macedoni che sanciva la parità di fronte alla legge tra la religione ortodossa e quella musulmana, riconosceva l’albanese come lingua ufficiale e prefigurava una maggiore partecipazione della componente albanese della popolazione in tutte le istituzioni dello Stato. Nel novembre 2001 fu approvato a larga maggioranza il testo della nuova Costituzione. Le elezioni legislative del 2002 videro la vittoria dei socialdemocratici del SDSM guidati da B. Crvenkovski, che nel 2004 venne eletto presidente. Alla fine del 2005 la M. fu accolta fra i paesi candidati a entrare nella UE. Le elezioni legislative del 2006 segnarono il ritorno al potere della VMRO-DPMNE, il cui leader N. Gruevski annunciò un programma teso a dare slancio all’economia e rispettare la tabella di marcia per l’ingresso nella UE; la coalizione di centro-destra, confermata nelle legislative del 2008, l’anno successivo ha ottenuto l’elezione a presidente del suo candidato, G. Ivanov, riconfermato alle presidenziali con il 55,25% dei voti.
Nel febbraio 2015 una profonda crisi politica nata dallo scandalo intercettazioni denunciato dal leader dell’opposizione socialista Z. Zaev ha coinvolto il premier Gruevski, accusato di presunte attività illecite tra cui il controllo della stampa, l’insabbiamento di casi giudiziari e di brogli elettorali; dopo molteplici proteste di piazza e il boicottaggio dell’attività parlamentare da parte dell’opposizione, nel luglio 2015 è stata raggiunta una intesa di massima sulla formazione di un governo di unità nazionale, poi tramutatasi nella formazione di un esecutivo di transizione guidato da E. Dimitriev con la partecipazione dell’opposizione socialdemocratica. I risultati delle elezioni anticipate tenutesi nel dicembre 2016 hanno registrato una sostanziale parità tra la VMRO-DPMN, che ha ottenuto 51 seggi, e il SDSM (49 seggi), ma il rifiuto del presidente Ivanov di assegnare il mandato ai socialdemocratici dopo il fallimento delle negoziazioni della destra ha di fatto prodotto nel Paese una situazione di stallo politico, con l'esecutivo rimasto affidato ad interim a Dimitriev fino al maggio 2017, quando il presidente del Paese ha infine incaricato Zaev di formare il governo.
Il referendum svoltosi nel settembre 2018 per ratificare l’accordo raggiunto nel giugno precedente con la Grecia, che avrebbe dovuto portare all’adozione del nome di Repubblica della Macedonia del Nord e rimuovere il veto sull’entrata del Paese nella UE e nella NATO, non ha raggiunto il quorum del 50%: ha votato circa il 35% degli aventi diritto, il 91% dei quali si è espresso favorevolmente in merito al cambiamento. Nel gennaio 2019 il Parlamento macedone ha comunque approvato l’accordo, che nello stesso mese è stato ratificato anche dal Parlamento greco con 153 voti a favore su 300. La nuova denominazione, assunta nel febbraio 2019, ha posto fine al contenzioso con la Grecia, sorto nel 1991 con il raggiungimento dell'indipendenza dell'ex Repubblica Socialista di Macedonia dalla Jugoslavia e l'adozione della denominazione Repubblica di Macedonia, richiamo all'identità culturale della regione storica balcanica cui la Grecia nel corso degli anni si è duramente opposta, arrivando a porre il veto per l'adesione del Paese alla NATO e all'Unione Europea, superato nel giugno 2018 grazie all’accordo di Prespa, ma nuovamente esercitato nel giugno 2021 dalla Bulgaria, unico Paese a opporsi alla sua entrata. Presidente del Paese dal 2019 è S. Pendarovski, mentre dal gennaio 2022 è premier del Paese D. Kovačevski, subentrato al dimissionario Z. Zaev. Membro della NATO dal marzo 2020, nel giugno 2022 la Bulgaria ha annullato il veto all'avvio dei negoziati per l'ingresso del Paese nell'Unione europea; tali negoziati sono stati aperti nel mese successivo, dopo la firma di un protocollo d’intesa tra il governo macedone e quello bulgaro, che prevede una modifica costituzionale per il riconoscimento di una minoranza bulgara stanziata in territorio macedone.