Sojuz Denominazione della terza serie di astronavi sovietiche orbitanti intorno alla Terra (le due serie precedenti erano quelle delle Vostok e delle Voschod). La prima S. fu lanciata nel 1967. Adoperata per numerose missioni spaziali anche senza equipaggio è entrata nella quinta decade di vita ; la S. è costituita prevalentemente da tre unità di poco più di due metri ciascuna, e precisamente da un modulo di rientro posto tra un modulo orbitale e uno di servizio. Il modulo di rientro, adibito principalmente al pilotaggio, può accogliere tre cosmonauti: il comandante al posto centrale affiancato da un ingegnere di volo e da un cosmonauta ricercatore; questa unità è anche dotata di un computer di bordo in grado di affrontare manovre di avvicinamento in modo completamente automatico. Il modulo orbitale ha uno spazio riservato al riposo e può accogliere due persone per dormire; contiene inoltre cibo, equipaggiamenti scientifici e servizî igienici; può anche essere isolato e depressurizzato permettendo di uscire nello spazio. Il modulo di servizio non è accessibile ai cosmonauti e contiene i sistemi di termoregolazione, fornitura di energia elettrica, di radiocomunicazione e radiotelemetria, e il sistema di controllo del movimento; possiede inoltre due motori con propellente liquido per le manovre da compiere in orbita e per quelle di rientro.
Il lancio della prima S. avvenne il 23 marzo 1967, dopo due anni di assenza degli astronauti sovietici dallo spazio; dopo sole 18 orbite fu dato all'astronauta Komarov l'ordine di rientrare. Il paracadute di atterraggio, alla quota di circa 7 km, si impigliò nell'astronave, che si schiantò al suolo. Nella seconda missione, le S. 2 e 3, lanciate nell'ottobre 1968, effettuarono orbite e atterraggi indipendenti, e due rendez-vous in orbita (a circa cento metri di distanza), uno senza aggancio. Il primo docking vero e proprio fu compiuto nel lancio successivo, del gennaio 1969: la S. 4, con il solo astronauta Shatalov fu raggiunta dalla S. 5 con Volinov, Chrunov, Eliseev, che effettuarono un aggancio con controllo manuale, accoppiando meccanicamente ed elettricamente le due navicelle, che risultarono quindi alimentate dalla stessa fonte di energia. Vi fu anche una passeggiata spaziale di Eliseev e Chrunov.
Alla missione successiva parteciparono le S. 6, 7 e 8, che furono impiegate in complesse manovre di aggancio. Seguì la missione S. 9. Una novità si ebbe con il volo della S. 10 (aprile 1971), in cui fu tentato l'aggancio con la prima stazione spaziale, Salyut 1, lanciata tre giorni prima; l'aggancio durò 5 ore e mezzo, ma gli astronauti non entrarono nella stazione. La missione S. 11 (gennaio 1971) finì in un disastro: all'apertura del portello della capsula, i tre astronauti (Dobrovolsky, Volkov, Datrayev) furono trovati morti. Le cause della disgrazia non furono mai accertate. Da allora, come si è detto, il programma S. è continuato, con scopi soprattutto scientifici. L'obiettivo iniziale, ossia l'affinamento delle procedure di aggancio, ha ceduto il passo man mano che la tecnologia spaziale si perfezionava alla ricerca di risultati scientifici di rilievo. Questo cambiamento di indirizzo è avvenuto in concomitanza con la costruzione e il lancio delle stazioni automatiche del tipo Salyut: La S. 17 rappresentò un grande successo, sia per la precisione del lancio e delle manovre, sia per il compimento del primo esperimento di recupero, sotto forma liquida, fino al valore di 1 litro al giorno per uomo, del vapore acqueo derivante dalla traspirazione. La S. successiva fu una delle pochissime in cui fu usato il seggiolino eiettabile di sicurezza, per un cattivo funzionamento al lancio; la missione fu in seguito designata S. 00. Nella S. 18 furono anche effettuati esperimenti con scarafaggi, allo scopo di accertare se la loro grande facilità di riproduzione si manteneva anche in condizioni prolungate di assenza di peso. La S. 23, del 1973, fu costretta a un precipitoso ritorno a Terra, a causa di un difettoso funzionamento dei sistemi elettronici. Le versioni successive hanno raccolto e continuano a raccogliere una massa continua di risultati scientifici: sviluppi hanno avuto le ricerche relative alla crescita delle piante nello spazio, che risulta alterata per una difficoltà di imbibizione delle radici, a causa del diverso meccanismo di diffusione dell'acqua entro mezzi porosi, derivante dall'assenza di gravità. Altre attività riguardano studi di gravitometria, oceanografia, geodinamica, magnetismo; ma lo scopo finale resta la realizzazione di grandi stazioni spaziali. Dal 2011 la Sojuz è la sola navetta spaziale a effettuare il trasporto degli equipaggi umani da e per la Stazione spaziale internazionale.