Ciascuno dei movimenti ritmici e alterni degli arti mediante i quali, nella deambulazione, si compie la traslazione del corpo in avanti (o indietro) sia nell’uomo sia negli animali.
La distanza (ca. 70 cm) corrispondente a un’apertura di gambe nel camminare e quindi unità di misura di lunghezza e da qui distanza costante, in senso proprio e figurato, tra due elementi successivi di una successione qualunque.
Ciascuno dei movimenti dei piedi nel ballo; nella danza classica (o danza accademica), si ha un p. quando in un movimento à terre (cioè quando almeno un piede non si stacca dal suolo) il peso del corpo si trasferisce da una gamba sull’altra; i p. possono essere semplici o composti, cioè formati dalla mescolanza di più p. semplici. Nella danza classica si definisce p. a due (pas de deux) il brano di un balletto danzato dalla coppia solista. A seconda del numero degli esecutori si ha anche il p. a tre (pas de trois), il p. a quattro (pas de quatre) ecc.
In metrologia, con valori determinati, il p. era unità di misura di lunghezza. Presso i Romani, il gradus, o p. semplice, di 2 piedi e 1/2, era pari a circa 73,5 cm, il passus era un doppio passo (cinque piedi).
In Italia, prima dell’adozione del sistema metrico decimale, il p. valeva, nelle varie località, tra 1 e 2 m. Come unità di volume, si usavano a Parma il p. di 4,860 m3 e a Roma il p. di 2,595 m3. Il p. indicava anche lo strumento per la misura delle lunghezze.
In fisiologia, si distinguono due fasi nel p. dell’uomo, quella del doppio appoggio dei due arti inferiori e quella dell’appoggio unilaterale: nella prima un piede poggia sul suolo con tutta la pianta e l’altro solo con l’alluce; nella seconda il peso del corpo è sostenuto da un solo arto che è atteggiato in estensione col calcagno leggermente sollevato, mentre l’altro arto esegue un movimento dall’indietro in avanti. Contemporaneamente si verificano, in rapporto con la lunghezza del p., oscillazioni sul piano sagittale dell’anca, delle spalle e della testa, e oscillazioni laterali del tronco o del capo proporzionate all’ampiezza della cosiddetta base di appoggio.
Nell’elettrotecnica, nelle macchine elettriche rotanti, p. polare la distanza, misurata lungo l’interferro, tra punti corrispondenti di due poli consecutivi; p. di dentatura (o di cava), la distanza, misurata lungo la periferia dell’indotto o dell’induttore, tra due punti omologhi di due denti consecutivi, ovvero anche fra le mezzerie di due denti o fra le mezzerie di due cave consecutive.
Nella realizzazione degli avvolgimenti delle macchine elettriche rotanti, se si numerano progressivamente i conduttori allogati nelle cave, si chiama p. parziale di avvolgimento la differenza tra il numero relativo a un conduttore di andata e quello relativo al conduttore di ritorno, della corrente, immediatamente successivo (p. posteriore), oppure la differenza tra il numero relativo a un conduttore di ritorno e quello relativo al conduttore di andata immediatamente successivo (p. anteriore); p. risultante di avvolgimento è la differenza tra i numeri relativi a due conduttori di andata successivi ed è pari alla somma algebrica dei due p. parziali.
Nelle macchine a corrente continua, numerando progressivamente le lamelle del collettore, si chiama p. al collettore la differenza tra i numeri relativi alle due lamelle che vengono successivamente incontrate percorrendo l’avvolgimento.
Negli impianti elettrici, si dice tensione di p. la tensione che potrebbe risultare applicata tra i piedi di una persona che cammini in vicinanza di un dispersore di un impianto di terra, qualora avvenga la scarica verso terra dell’apparecchiatura o della linea collegata al dispersore; tale tensione è convenzionalmente riferita, anziché alla lunghezza media del p. umano, a due punti del suolo che distano 1 m tra loro.
Nelle costruzioni meccaniche, p. di chiodatura è la distanza tra i centri di due chiodi consecutivi appartenenti a una stessa fila normale alla direzione dello sforzo al quale il collegamento deve resistere; il valore minimo di tale p. dipende dalla effettiva possibilità di fare la ribaditura del chiodo per formare la testa, e normalmente è pari a due volte e mezzo il diametro del chiodo; il valore massimo del p. deve essere limitato nei casi in cui la chiodatura deve anche assicurare la tenuta per un fluido.
P. di filettatura o p. di una vite a uno o più filetti è la distanza, misurata parallelamente all’asse della vite, di punti omologhi di uno stesso filetto.
P. circonferenziale di una ruota dentata (o p. di dentatura) è chiamata la lunghezza dell’arco di circonferenza primitiva compresa tra due profili omologhi consecutivi; p. diametrale (o modulo) di una ruota dentata è il rapporto tra il diametro primitivo e il numero di denti. P. dei denti di una broccia (o di una spina) è la distanza, misurata secondo l’asse, tra punti omologhi di due denti successivi.
Nella tecnica ferroviaria, p. rigido di un rotabile ferroviario è la distanza che intercorre tra gli assi estremi di un sistema rigido o quasi rigido di assi; si tratta di uno degli elementi caratteristici del rotabile stesso. Aumentando il suo valore diminuiscono infatti le oscillazioni laterali (serpeggio) e gli effetti sul veicolo dei dislivelli di binario, mentre crescono le difficoltà di iscrizione nelle curve. Per quanto riguarda le locomotive, il p. rigido si riferisce al complesso di assi che conservano una rigidezza completa nei confronti del telaio. A tale p. è legata la stabilità trasversale della macchina rispetto al binario.