Dottore della Chiesa (Bagnoregio 1217 circa - Lione 1274). Entrò nell'ordine francescano nel 1243, dopo aver frequentato la facoltà delle arti a Parigi; seguirono gli studî teologici, dapprima sotto Alessandro di Hales, al quale B. rimase sempre devoto. Baccelliere biblico nel 1248, poi (1250 circa) lettore delle Sentenze di Pier Lombardo, B. divenne verso il 1253 maestro in teologia e fu subito impegnato a difendere gli ordini mendicanti contro gli attacchi dei dottori parigini, in ispecie Guglielmo di Sant'Amore, forse adoperandosi per ottenerne la condanna (1256). L'anno seguente, l'università parigina dovette ammetterlo fra i suoi dottori, quando B. era già, dal febbraio (su designazione di Giovanni da Parma costretto a ritirarsi durante il capitolo generale di Roma), ministro generale dell'ordine. È difficile seguirlo nella molteplice attività e nei continui viaggi, inerenti all'ufficio, degli anni successivi. B. ottenne che Alessandro IV permettesse nuovamente ai minori di confessare; svolse il processo contro il gioachimita Gerardo da Borgo San Donnino; nel capitolo generale di Narbona (1260) promulgò le nuove costituzioni dell'ordine (Constitutiones narbonenses) ed ebbe l'incarico di scrivere la Legenda o biografia ufficiale di san Francesco, posteriore alla morte del b. Egidio (1262). Nello stesso anno o nel successivo (non nel 1257), è da porre la condanna di Giovanni da Parma. A nuove accuse rivolte da Gerardo d'Abbeville agli ordini mendicanti, B. rispose con l'Apologia pauperum (1270); nel 1271 a Viterbo si adoperò per l'elezione di Gregorio X, nel 1272 nel capitolo generale di Lione (non di Pisa) riprese vigorosamente a combattere l'averroismo e l'aristotelismo in genere. Nel 1273 fu creato cardinale vescovo di Albano e collaborò col papa nel preparare il concilio di Lione; in questa città nel capitolo generale (1274) abbandonò la direzione dell'ordine, mentre nel concilio, che portò tra l'altro all'unione delle due chiese, greca e latina, difese ancora gli ordini mendicanti. Fu canonizzato nel 1482; proclamato dottore della Chiesa nel 1588; festa, 15 luglio. ▭ Dei numerosi scritti (alcuni contestati) i più importanti sono il commento alle Sentenze di Pier Lombardo, il Breviloquium, varie Quaestiones disputatae, particolarmente quelle De scientia Christi, il De reductione artium ad theologiam, il De triplici via, da taluni giudicato non inferiore al più conosciuto, e considerato suo capolavoro, Itinerarium mentis in Deum, e le Collationes in Hexaëmeron. ▭ Il pensiero di B. resta profondamente legato all'agostinismo; ferma la sua polemica contro l'aristotelismo, fin dalle prime opere in relazione agli esiti chiaramente naturalistici della filosofia di Aristotele. La polemica antiaristotelica si ispira del resto alla condanna, agostiniana, di ogni filosofia e ragione naturale, che pretendesse essere autonoma rispetto agli insegnamenti rivelati. Essenziale per intendere tutto il pensiero di B. è la dottrina dell'illuminazione: questa, segno della presenza di Dio nell'uomo, fonda la possibilità stessa del conoscere vero, al di sopra del conoscere astrattivo che è sempre relativo al mondo sensibile; illuminazione di rationes aeternae, che si assommano nell'idea dell'essere. Anche nella fisica e nella psicologia l'influenza dell'agostinismo è determinante: pur accettando certi schemi concettuali e certi termini della filosofia aristotelica (oltre alla generale concezione del mondo fisico), B. tiene ferma la dottrina delle rationes seminales che tolgono alla materia la caratteristica di una sua potenzialità deserta di forme, la dottrina della luce quale prima forma della corporeità, la dottrina della composizione ilemorfica di tutti gli esseri, anche spirituali (solo Dio ne è escluso), la pluralità delle forme. Anche nell'uomo, l'anima ha una sua autonomia per la sua stessa composizione sostanziale di materia spirituale e forma. ▭ Secondo lo schema dell'Itinerarium l'ascesa verso Dio, che è l'ascesa stessa alla verità, si articola in momenti successivi dall'oculum carnis all'oculum rationis, all'oculum contemplationis, fino a trascendere tutte le possibilità conoscitive dell'intelletto finito per risolversi - con l'apex mentis - nell'estasi della docta ignorantia. Sbocco mistico dell'esperienza bonaventuriana strettamente connesso a tutta la sua prospettiva speculativa in cui l'agostinismo - e attraverso di esso certa mistica speculativa neoplatonica - si fonde con l'esperienza francescana. ▭ Iconografia. Nella pittura medievale, san B. è per lo più identificato per mezzo di attributi o di allusioni a fatti della sua vita. Già nel '300 appare, insieme alla Vergine, a san Francesco e ad altri santi francescani, ai piedi del Lignum vitae, figurazione desunta dalla sua opera, rappresentante l'albero santo, formato da 12 rami, i 4 più bassi riferentisi all'origine e vita di Cristo, i secondi 4 alla sua passione, gli ultimi 4 alla sua glorificazione, e portanti ognuno un frutto il quale è una particolarità del frutto vero e unico, cioè il Salvatore. Sul tronco dell'albero è generalmente appeso il Crocefisso; al vertice sta il pellicano. Questo motivo (l'albero di s. Bonaventura) fu frequentissimo nel 14° sec. Gli scritti di B. ebbero importanza per l'arte anche in altro modo: la sua Vita di san Francesco sembra sia stata tenuta presente da Giotto nell'ideare le scene degli affreschi di Assisi; le nuove costituzioni dell'ordine da lui dettate diedero pure norme per la costruzione e l'arredamento delle chiese francescane.