Arte, affine al disegno, del vergare, ben collegandoli fra loro, i segni grafici di una lingua. La forma delle lettere dipende dal mezzo usato (scalpello, pennello, penna ecc.) e dal materiale sul quale sono tracciate (pietra, tavolette di terracotta o legno, papiro, pergamena, carta ecc.). I tipi di scrittura realizzata a penna dipendono dalla punta impiegata, che può essere acuta, quadra o tondeggiante. Si hanno due grandi categorie di scritture, inclinate e verticali; ogni tipo di scrittura dispone di lettere maiuscole e minuscole.
L’indagine sulla formazione e lo sviluppo delle varie scritture nell’Antichità e nel Medioevo è compito della paleografia (➔).
Nell’Italia del Quattrocento, parallelamente all’evoluzione della minuscola umanistica e alla rinascita della capitale lapidaria romana, si manifestò un particolare interesse per i problemi dell’estetica della scrittura. La vera c. teorica nacque tuttavia solo dopo l’invenzione e la diffusione della stampa, che restrinse il campo della c. alle scritture documentarie e amministrative, accentuando le tendenze corsive e ornamentali proprie di questa produzione grafica. I più antichi trattati di c. teorica sono italiani e definiscono il canone della scrittura ‘cancelleresca italica’, nata nei primi decenni del Quattrocento nelle cancellerie, che F. Griffi trasferì nella stampa nel 1501, creando i modelli del corsivo aldino. Il primo a darne le regole teoriche (1514) fu S. Fanti; seguirono L. degli Arrighi, detto il Vicentino, G.A. Tagliente, G.B. Palatino, G.F. Cresci, che nel 1579 pubblicò Il perfetto cancellaresco corsivo in cui fissò le regole di una nuova scrittura documentaria corsiva, chiamata ‘bastarda italiana’; questa scrittura fu poi teorizzata dai calligrafi italiani del Seicento (il più noto è O. Tiranti), che ne accentuarono i caratteri ornamentali trasformandola in virtuosismo grafico.
Mentre nel 16° sec. in Francia, Spagna e Inghilterra si seguivano i dettami dei calligrafi italiani, nei paesi di lingua tedesca si sviluppò una scuola indipendente che diede forma stabile a diverse scritture di tipo gotico, dalla solenne Fraktur alle più corsive ‘bastarde’: tipi che continuarono a essere alla base della c. tedesca finché si diffuse nel 18° sec., a opera di M. Baurefeind, un’unica scrittura cancelleresca di tipo gotico, diritta, angolosa e rigida.
Nel Seicento in Francia trovò il suo canone definitivo una scrittura amministrativa locale, la lettre financière, derivata dalla ‘bastarda italiana’; a entrambe le scritture dedicarono le loro opere F. Desmoulins, L. Barbedor, fondando una tradizione dalla quale, fra il 17° e il 18° sec., nacque una nuova corsiva, semplificata, che rapidamente si diffuse in Inghilterra, Germania e Spagna.
Nel 18° sec. i calligrafi italiani (F. Decaroli, G. Giarré) attenuarono il tracciato barocco della ‘bastarda’ seicentesca, influenzati dalla corsiva inglese, che, nata alla metà del 18° sec., si impose nell’Ottocento come scrittura comune in tutta Europa.
Nell’Oriente islamico l’apprezzamento quasi religioso della scrittura, come dono rivelato all’uomo da Dio, portò a una speciale predilezione per l’arte della calligrafia. La più antica scrittura d’arte araba fu il kufico, adoperato nei manoscritti (coranici e profani), su monumenti e oggetti, con le sue varietà fiorito e ornato. È seguito cronologicamente dal carattere naskhī, in cui sono vergati la più parte dei manoscritti arabi medievali e moderni d’Oriente.
In campo persiano prevalse la scrittura obliqua del ta‛līq, che combinata col naskhī dette il nasta‛līq, entrambi adoperati per l’esecuzione artistica di manoscritti di lusso, come opere poetiche illustrate da miniature. L’arte del calligrafo fu tenuta in grande considerazione anche dopo la decadenza della cultura araba, in Turchia, Persia e India musulmana.
La struttura stessa dell’ideogramma cinese ne faceva in partenza un oggetto ideale per la c., e il passo decisivo fu compiuto con la generalizzazione dell’uso del pennello nei primi secoli della nostra era. In Cina, e quindi anche in Giappone, la c. è ritenuta un’arte allo stesso livello della pittura, specialmente quella in bianco e nero con cui è strettamente connessa. Fondatori della c. in Cina furono nel 4° sec. Wang Xizhi e il figlio Wang Xianzhi, che crearono un modello rimasto a lungo insuperato. Al loro stile si contrappose quello più severo di Yan Zhenqing (8° sec.). La fusione dei due stili si ebbe con Dong Qichang (1555-1636), la cui scuola dominò fino al 1800 circa.
In Giappone gli ideogrammi cinesi furono affiancati (10°-11° sec.) dai sillabari katakana e hiragana; la c. assunse un aspetto fluido, sciolto, meno energico di quella cinese. Maestri di quest’arte furono, tra 9° e 11° sec., Sugawara Michizane, Ono Michikaze e Fujiwara Yukinari. La tradizione continuò nei secoli successivi, sulla falsariga cinese, seguendone tutti gli sviluppi.