La locazione è il contratto, consensuale e bilaterale, col quale una parte (locatore) si obbliga nei confronti di un’altra (locatario o conduttore) a far godere una cosa mobile o immobile non produttiva (in quest’ultimo caso si versa infatti nell’ipotesi dell’affitto) per un dato tempo e verso un determinato corrispettivo (canone). Il locatore è obbligato a consegnare la cosa locata in buono stato di manutenzione e a mantenerla nelle condizioni necessarie all’uso convenuto, eseguendo le riparazioni del caso, eccettuate quelle di piccola manutenzione. Quando, però, si tratta di cosa mobile, le spese anche di ordinaria manutenzione sono a carico del conduttore salvo patto contrario. Il locatore è altresì tenuto a proteggere il conduttore dalle molestie che diminuiscono il godimento della cosa e che provengono da terzi i quali pretendono di avere diritti sulla cosa stessa in contrasto con la facoltà di godimento concesso: detta garanzia si estende alle molestie arrecate in via di fatto da terzi, nei confronti dei quali il conduttore può agire in nome proprio. Se l’uso della cosa locata è inibito o impedito apprezzabilmente da vizi originari o sopravvenuti, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo pattuito. Inoltre non possono essere dal locatore compiute sulla cosa innovazioni che ne diminuiscano il godimento, tranne che in caso di riparazioni non differibili. Il conduttore, da parte sua, oltre a dover prendere in consegna la cosa locata e a servirsene con la diligenza del buon padre di famiglia per l’uso convenuto, è tenuto al pagamento del canone stabilito in termini fissati. Alla scadenza del contratto egli è obbligato a restituire la cosa in condizioni uguali a quelle esistenti al momento della consegna, salvo il deterioramento o il consumo derivante dall’uso conforme ai patti. Il Codice civile detta una disciplina generale del contratto di locazione (artt. 1571-1606), che è stata tuttavia ampiamente modificata dalle leggi speciali susseguitesi in materia. In particolare, la l. 27 luglio 1978, n. 392, nota come legge sull’equo canone, è stata introdotta per disciplinare i contratti di L. di immobili urbani. Tra le sue caratteristiche principali, si segnalano la previsione di una durata minima del contratto di locazione (rispettivamente, quattro anni per le abitazioni; sei anni per gli immobili adibiti ad attività industriali,commerciali, artigianali, professionali di lavoro autonomo e di interesse turistico; nove anni per gli immobili adibiti ad attività alberghiere) e la predeterminazione dell’ammontare del canone di locazione delle abitazioni (il c.d. equo canone) sulla base delle caratteristiche dell’immobile (quali la superficie, la vetustà, il livello di piano e così via). Proprio relativamente alla locazione di abitazioni questa legge fu ampiamente elusa nella pratica, in quanto poco conveniente per i locatori, cosicché il legislatore, con la successiva l. 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), ha abrogato la disciplina dell’equo canone. La l. n. 431 prevede ora due tipi di contrattazione: in base al primo, i contratti di locazione devono avere una durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali sono rinnovati per ulteriori quattro anni (salvi i casi previsti nell’art. 3); in base al secondo, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto (comunque non inferiore a tre anni), ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che provvedono alla definizione di contratti-tipo. La l. n. 431 ha inoltre confermato il divieto di sublocare totalmente l’immobile e di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore, nonché la possibilità, salvo patto contrario, di sublocazione parziale, previa comunicazione al locatore.