Movimento di pensiero sviluppatosi dalla metà del 2° sec. d.C. fino alla metà del 6° (e in Alessandria anche alla metà del 7°). È caratterizzato dalla tendenza a rinnovare le concezioni del platonismo e a integrarle con tutto il tesoro di verità che appare ricavabile da ogni altro sistema di filosofia greca e con le molteplici esperienze religiose presenti nella cultura ellenica, riprendendo e sviluppando motivi già apparsi nel platonismo medio e nel neopitagorismo: per questo il n. può considerarsi l’ultimo messaggio della filosofia greca.
In generale si distinguono in esso tre correnti, prevalentemente orientate l’una verso la speculazione metafisica, l’altra verso la religione e la teurgia e la terza verso l’erudizione. Alla prima appartiene la più antica e importante scuola neoplatonica, fondata secondo la tradizione da Ammonio Sacca e rappresentata dai suoi scolari Erennio, Longino, Origene e Plotino, massimo fra tutti e principale elaboratore delle dottrine del sistema neoplatonico. La scuola di Plotino è idealmente continuata dalla scuola di Siria, a capo della quale è Giamblico e cui appartengono Teodoro di Asine, Sopatro di Apamea e Dessippo. Erede ideale della scuola di Siria, sempre in seno a questa prima corrente, è infine la scuola di Atene, che ha in Proclo nel 5° sec. il suo maggior sistematico e non è, del resto, che l’antica Accademia platonica nella fase terminale della sua quasi millenaria esistenza. Suoi principali rappresentanti furono Plutarco di Atene, Siriano, Domnino, e, dopo Proclo, Marino, Isidoro, Damascio, Simplicio e Prisciano. A questa corrente attinsero largamente i primi filosofi cristiani, soprattutto greci.
Alla seconda grande corrente del n., soprattutto improntata a spirito religioso e teurgico, appartiene la scuola di Pergamo, che si riconnette alla scuola di Siria attraverso la figura del suo fondatore, Edesio, scolaro di Giamblico. L’interesse per la sfera religiosa diventa qui prevalente, e la preoccupazione di giustificare le credenze religiose tradizionali si traduce in una decisa difesa del politeismo antico (rappresentante tipico di questa scuola è stato, nel 4° sec., l’imperatore Giuliano l’Apostata, ultimo grande difensore della religione antica contro l’ormai avvenuta vittoria del cristianesimo).
All’ultima grande corrente del n. appartiene la scuola di Alessandria, fiorita fra la prima metà del 5° e la prima metà del 7° secolo. La tendenza erudita, già notevole nella scuola d’Atene, diventa qui predominante. All’affievolirsi dell’interesse metafisico corrisponde un’accentuazione della curiosità in stretto senso scientifico, che provoca una nuova fioritura delle indagini matematiche e naturalistiche. Tra i rappresentanti della scuola di Alessandria sono noti specialmente Ipazia, Sinesio di Cirene, suo scolaro e poi vescovo di Tolemaide, e Ierocle di Alessandria, autore di un importante trattato sulla provvidenza.
Alla stessa corrente rappresentata dalla scuola alessandrina si ricollegano idealmente, infine, i neoplatonici dell’Occidente latino, i quali, pur senza appartenere propriamente a una scuola, partecipano dei caratteri essenziali del n. alessandrino, anteponendo l’attività erudita ed esegetica a quella speculativa e conciliando tale atteggiamento filosofico con la loro prevalente fede cristiana. Tra questi neoplatonici, attivi fra la metà del 3° e il principio del 6° sec., che con le loro opere latine contribuirono fortemente alla diffusione del pensiero classico nella cultura occidentale, hanno particolare importanza Calcidio, Macrobio, Marziano Capella e soprattutto Boezio.
L’influenza del n. fu largamente facilitata dall’accettazione da parte del pensiero cristiano di molti suoi caratteristici motivi. Basti ricordare gli scritti teologici composti, verosimilmente, da un neoplatonico del 5° sec., e più tardi attribuiti a Dionigi Areopagita, seguace di s. Paolo, ricordato negli Atti degli Apostoli: scritti ritenuti perciò risalire alla miglior tradizione cristiana e che, tradotti in latino nel 9° sec. da Giovanni Scoto Eriugena, influenzarono molti aspetti della mistica e della teologia dell’età scolastica. Ma per ritrovare una vera rinascita del n. occorre attendere l’Umanesimo, che, tra le altre opere dell’antichità classica, riscoprì le Enneadi di Plotino; queste, tradotte da M. Ficino insieme agli scritti dello Pseudo-Ermete Trismegisto, furono elemento essenziale del platonismo fiorentino e, più tardi, del platonismo della scuola di Cambridge. Motivi neoplatonici si ritrovano poi nella filosofia romantica, che li mutuò soprattutto dalla tradizione magico-filosofica del Rinascimento.