Disciplina che studia la moneta in tutti i suoi aspetti (tecnici, metallografici, metrologici, artistici, epigrafici, legislativi ecc.) e nei suoi rapporti con la cultura, l’arte e l’economia.
La n. ha origini molto lontane. Probabilmente già i Greci, e certamente i Romani, nutrirono interesse per la moneta antica e ne fecero materia di collezione. È uno storico romano del 4° sec., Flavio Vopisco, a lasciarci il primo esempio di utilizzazione della moneta come documento capace di concorrere alla ricostruzione della storia: un concetto che risulterà poi ben chiaro a Cassiodoro, statista romano dell’ostrogoto Teodorico, che nel 536 ne fa la base programmatica per l’esecuzione delle monete. L’Alto Medioevo segna un regresso nella conoscenza della moneta antica, coerentemente con il disinteresse per la cultura classica.
Una svolta verso un’impostazione scientifica della n. è impressa nel 14° sec. da F. Petrarca che, grazie alla sua conoscenza dei testi classici, è condotto a fare esatte osservazioni di natura storica sulle monete romane dell’impero. Nel frattempo si formano le grandi collezioni, italiane ed europee: principi, re, pontefici raccolgono monete greche e romane. Nasce inoltre la possibilità di compilare i primi libri dedicati all’iconografia, in cui il disegno di monete con ritratti di personaggi famosi è accompagnato da un testo descrittivo. Particolare rinomanza ottengono le opere dell’erudito e collezionista romano F. Orsini, che dedica anche un volume alle monete della Roma repubblicana (1577). La grande notorietà di Orsini tra i suoi contemporanei è legata inoltre alla sua capacità di discernimento delle monete false. Nel 16° sec. appaiono anche i primi segni di interesse erudito per le monete medievali. Queste, a differenza delle serie greche e romane, non hanno trovato un’attenzione altrettanto precoce da parte di collezionisti e studiosi, forse a causa del loro aspetto, spesso non rispondente ai canoni estetici in voga; ma un ruolo non secondario deve aver giocato lo scarso interesse per la propria storia locale, e quindi l’ignoranza delle vicende alle quali la moneta era legata.
Per tutto il 17° sec. seguente le collezioni aumentano di numero e quelle già esistenti si arricchiscono ulteriormente. I sovrani, a loro volta, danno specifico incarico di formare o incrementare le proprie raccolte a personaggi noti: ambasciatori, viaggiatori, studiosi. Molte di queste collezioni si aprono alla fruizione di un pubblico più ampio attraverso la pubblicazione di cataloghi. La conoscenza di tante serie permette l’avvio di studi particolari sull’attività di singole zecche o di singole regioni, sia antiche sia medievali: le relative pubblicazioni (17°-18° sec.) vanno in parallelo con le edizioni di documenti storici, diplomatici, legislativi ecc., utili alla ricostruzione delle vicende monetarie. Mentre si vanno compilando opere di carattere molto generale, veri e propri trattati e, a Norimberga, nasce il primo periodico a contenuto numismatico (1729), le università si aprono all’insegnamento della materia. Nel campo dell’antichità J.H. Eckhel, direttore del Gabinetto Imperiale di Vienna e professore nella locale università, scrive Doctrina nummorum veterum (1792-98), il primo ordinamento scientifico alle serie monetali greche, utilizzate criticamente per il contributo che forniscono alla storia e alla cultura greca; per la n. medievale J. von Mader, professore di economia politica nell’università di Praga, con i Kritische Beiträge zur Münzkunde des Mittelalters (1803-13) costruisce una base dottrinaria alla n. medievale di tutta l’Europa. Da questi lavori trae origine e linfa tutta la successiva ricerca, che tenta la realizzazione di corpora, dando corso ai progetti già formulati, e rimasti inattuati, nel Rinascimento e dopo. Si pone inoltre maggiore attenzione ai tesori monetari e si affina il metodo di indagine sul loro contenuto: maestri in questo sono gli italiani B. Borghesi e C. Cavedoni, relativamente alle monete romane repubblicane, seguiti solo più tardi dai medievisti.
L’apertura critica avviata all’inizio del 19° sec. trova le sue migliori applicazioni negli studi di T. Mommsen e di F. Imhoof-Blumer. Mommsen nella Geschichte des römischen Münzwesens (1860) toglie dall’isolamento il documento monetale per considerarlo in relazione con i fenomeni giuridici che lo originano, e con i fatti storici ed economici che sono a esso strettamente connessi. Da questi insegnamenti parte la ricerca del 20° sec. che pone alla moneta domande sempre più complesse: è rinnovata la ricerca metrologica; tesori e rinvenimenti isolati sono indagati in rapporto ad avvenimenti storici ma anche a fenomeni sociologici e culturali; l’esame delle sequenze dei coni concorre alla stima del volume delle emissioni e alla comprensione della politica finanziaria. Sono queste solo alcune delle più sofisticate linee di indagine che, a partire dal secondo dopoguerra, hanno concorso a fare della moneta una fonte documentaria passibile di fornire sempre più numerose e variegate informazioni.