Il complesso delle tecniche in cui elettronica e ottica concorrono per la realizzazione di dispositivi di vario genere, e anche il complesso di alcune tecniche ottiche che operano secondo procedimenti tipici dell’elettronica. In particolare, la disciplina che studia i dispositivi e i sistemi nei quali le onde elettromagnetiche comprese nello spettro del visibile e del vicino infrarosso sono impiegate come portanti di segnali originariamente elettrici (sono quindi esclusi da questa definizione i sistemi ottici tradizionali). La trasformazione di segnali elettrici in segnali ottici e viceversa è effettuata dai dispositivi optoelettronici.
Tra i dispositivi di questo tipo più noti, già in uso dalla metà del Novecento, ricordiamo i tubi da ripresa televisiva, i convertitori e gli intensificatori di immagine, i fotomoltiplicatori, i tubi a raggi catodici ecc. È stato tuttavia a partire dagli anni 1970, grazie all’invenzione del laser e alla conseguente disponibilità di intensi fasci di luce coerente, che l’impiego delle frequenze ottiche e del vicino infrarosso per la realizzazione di funzioni complesse ha avuto un fortissimo incremento. La crescente domanda di mezzi veloci per le telecomunicazioni ha spinto infatti i ricercatori di tutto il mondo a mettere a punto tecniche optoelettroniche per il trasporto delle informazioni, più convenienti di quelle impiegate in precedenza e basate per lo più su dispositivi di elaborazione elettronici e su portanti fisici di tipo metallico, principalmente fili di rame. Si sono avuti quindi rapidi progressi tecnologici quali, per es.: la realizzazione del laser a iniezione, dei diodi elettroluminescenti, dei fotodiodi a valanga, dei diodi laser.
La definitiva affermazione dell’o. nel campo delle telecomunicazioni è avvenuta con il perfezionamento delle tecniche di ottica guidata, sia in fibra ottica che in film sottile: nel primo caso, tale risultato è stato conseguito grazie al raggiungimento di un elevatissimo grado di purezza dei materiali usati per le fibre stesse, cosa che ha consentito una riduzione drastica delle perdite, ormai decisamente inferiori a quelle che si verificano nei conduttori di rame; nel secondo caso, lo stesso risultato è stato ottenuto grazie ai progressi tecnologici dell’ottica integrata, basata sulla deposizione e la microscrittura di film sottili. Materiali, componenti, dispositivi optoelettronici sono divenuti quindi comuni in tutti i campi applicativi sia in sostituzione di quelli tradizionali di tipo elettromeccanico o elettronico, sia con nuove funzioni che la particolare tecnologia ha reso possibili.
A similitudine dei sistemi elettronici, che risultano costituiti da pochi tipi di elementi, sostanzialmente resistori, condensatori, transistori e diodi, i sistemi optoelettronici esistenti utilizzano un numero limitato di componenti di base: le sorgenti, i mezzi trasmissivi, i modulatori, i rivelatori.
Le sorgenti costituiscono i componenti più propriamente optoelettronici, essendo affidato a esse il compito di trasformare un segnale elettrico in un segnale luminoso, usualmente a una lunghezza d’onda compresa tra 0,5 e 1,5 μm. Sono di questo genere i diodi emettitori di luce (LED) e i diodi laser.
Ai mezzi trasmissivi è affidato il compito di trasportare i segnali luminosi lungo un percorso definito, minimizzando le perdite di energia elettromagnetica lungo il collegamento. Il mezzo trasmissivo primario è il cavo a fibra ottica, costituito da uno o più fili sottili di silice (SiO2 amorfo), del diametro di alcune decine di micrometri, all’interno dei quali si propaga il segnale ottico. La fibra ottica rappresenta, per un sistema optoelettronico, l’analogo dei fili in rame per un sistema funzionante con segnali elettrici. A parità di ingombro, un cavo a fibre ottiche consente la trasmissione di un numero di informazioni nell’unità di tempo almeno mille volte maggiore rispetto a un tradizionale cavo in rame. A parità di capacità trasmissiva, risulta invece meno costoso, più leggero e di diametro più ridotto. All’inizio degli anni 1970 erano già disponibili fibre con attenuazione di 20 dB/km (cioè con prestazioni comparabili con quelle dei cavi in rame); si è poi arrivati intorno a 1 dB/km agli inizi degli anni 1980. Tenendo sotto rigido controllo la composizione e la purezza dei materiali impiegati è stato in seguito anche possibile fabbricare cavi ottici con attenuazioni inferiori a 0,5 dB/km, utilizzabili per coprire direttamente distanze anche superiori a 100 km senza amplificatori intermedi. Inoltre, particolare pregio delle fibre ottiche è la loro immunità alle interferenze di tipo elettromagnetico. Questo, oltre a presentare interesse nel campo delle telecomunicazioni militari, le rende, nell’impiego civile, particolarmente adatte a mantenere elevata la qualità dei segnali trasmessi in presenza di disturbi di tipo elettromagnetico.
I modulatori intervengono sulle caratteristiche del segnale luminoso, alterandone intensità, direzione e fase a opera di un segnale elettrico. A questo scopo possono essere sfruttati diversi fenomeni fisici, classificabili in base al tipo di effetto impiegato per la modulazione. Di comune impiego sono i modulatori elettroottici, acustoottici e magnetoottici.
I rivelatori hanno un ruolo opposto a quello delle sorgenti, essendo dedicati alla conversione di segnali luminosi in segnali elettrici; sono rivelatori le celle fotovoltaiche e i fotodiodi. Ai rivelatori impiegati nei sistemi di telecomunicazioni a grande distanza sono richieste caratteristiche particolari di sensibilità specifica e di risposta in frequenza: infatti la capacità di generare un segnale elettrico che sia correlato solo al segnale ottico ricevuto e non ad altre forme di energia (calore, radiazioni) influenza direttamente la lunghezza massima del collegamento che si può realizzare senza l’ausilio di amplificatori intermedi; la risposta in frequenza riguarda invece la capacità del rivelatore di generare un segnale elettrico che segua fedelmente la modulazione del segnale ottico. Quest’ultima caratteristica è direttamente legata alla massima quantità di informazioni che nell’unità di tempo possono essere trasferite attraverso un sistema di comunicazioni su portante ottica.
L’impiego dei dispositivi optoelettronici non si esaurisce comunque nelle telecomunicazioni, anche se in termini di fatturato delle industrie produttrici di componentistica optoelettrica esso rappresenta la voce più consistente. Il settore della sensoristica, per es., è tra quelli che più beneficiano delle nuove tecnologie. Usualmente, un sensore optoelettronico è costituito da un diodo emettitore di luce, visibile o infrarossa, e da un fotorivelatore. In funzione dell’applicazione, la trasmissione di luce tra i due elementi può venire modulata, ossia favorita o ostacolata, da un sistema meccanico, il cui movimento viene posto in relazione a una grandezza da controllare o misurare (posizione, temperatura, accelerazione ecc.). In alcune applicazioni la modulazione della luce viene affidata a un materiale capace di alterare le proprie caratteristiche ottiche in funzione della temperatura o del contatto con sostanze chimiche. La luce è convogliata, dal diodo emettitore al punto di misura e indietro verso il fotorivelatore, da una fibra ottica.
Un altro settore, nel quale l’impiego di sistemi optoelettronici sta determinando una vera e propria rivoluzione, è quello dell’archiviazione dei dati. La prima applicazione di tali sistemi ha riguardato il settore audio, ossia la registrazione e riproduzione dei suoni; i dischi ottici, comunemente denominati compact, la cui incisione e lettura sono affidate a sistemi che impiegano componenti optoelettronici (sorgenti laser e modulatori in incisione, sorgenti laser e rivelatori in lettura), hanno soppiantato i tradizionali dischi microsolco, affermandosi anche nella memorizzazione e riproduzione di immagini, sia statiche che in movimento.
A partire dagli anni 1980 l’o. si è arricchita di nuove tecnologie aventi l’obiettivo di realizzare sistemi miniaturizzati (integrati) per l’elaborazione di segnali ottici, dando luogo a una nuova disciplina, l’ottica integrata (➔ ottica).