Uomo politico italiano (Genova 1893 - Jalta 1964). Animatore con A. Gramsci del giornale l'Ordine nuovo, aderì al Partito comunista d'Italia (1921); dopo l'arresto di Gramsci divenne segretario del partito (1927) e tale rimase sino alla morte. Trasferitosi nel 1934 a Mosca, dove divenne membro del Comintern, rientrò in Italia nel 1944 e promosse la collaborazione delle forze antifasciste, abbandonando temporaneamente la pregiudiziale antimonarchica (cd. svolta di Salerno). Vicepresidente del Consiglio (1944-45), come ministro della Giustizia (1945-46) varò l'amnistia per gli ex fascisti. Fu membro della Costituente e dal 1948 deputato. Teorizzò la cd. via italiana al socialismo, ma rimase sempre profondamente legato all'Unione Sovietica. *
La sua azione si dispiegò pienamente solo con il rientro in Italia, nel 1944, dopo quasi venti anni di esilio. Terzo di quattro figli, il padre Antonio e la madre Teresa Viale erano entrambi maestri elementari. Iscritto al Partito socialista dal 1914, l'anno prima aveva stretto amicizia con A. Gramsci, conosciuto all'università di Torino, dove si laureò in giurisprudenza nel 1915 discutendo una tesi in scienza delle finanze sul regime doganale delle colonie. Aderente all'interventismo democratico, per influenza soprattutto di G. Salvemini, prese parte alla Grande Guerra, congedandosi nel 1919 avanzato. La guerra e la rivoluzione russa furono gli eventi catalizzatori della sua maturazione politica e intellettuale, che ebbe la prima manifestazione significativa nella collaborazione al settimanale l'Ordine Nuovo e nella partecipazione al movimento torinese dei consigli (1919-20). In quella temperie maturò il ripensamento della formazione giovanile, caratterizzata dall'adesione al liberismo in economia - per influenza soprattutto di L. Einaudi - e al neoidealismo in filosofia, per l'influenza che sul gruppo dell'Ordine Nuovo (A. Gramsci, T., A. Tasca e U. E. Terracini) avevano esercitato B. Croce e G. Gentile. Nella caratterizzazione della sua adesione al marxismo furono determinanti la frequentazione del pensiero di B. Spaventa, attraverso il magistero universitario di A. Pastore, gli scritti di A. Labriola e l'incontro con il pensiero di V. I. Lenin. Nell'orientamento meridionalistico, L'Unità di Salvemini e il pensiero del giovane Gramsci. L'esperienza dell'Ordine Nuovo costituì il punto di incontro di Gramsci e T. con il bolscevismo e la base della loro partecipazione alla nascita del Partito comunista d'Italia (gennaio 1921). Nei primi anni Venti T. fu avviato da Gramsci allo studio sistematico del fascismo, nel quale dette prova ben presto di originalità cogliendone la novità politica e la portata storica. Nel 1923 decise di dedicarsi interamente all'attività politica. Nel 1924, per iniziativa di Gramsci e con il sostegno dell'Internazionale comunista, gli "ordinovisti" si staccarono da A. Bordiga, fondatore e segretario del partito e nell'agosto del 1925 T. scrisse insieme a Gramsci le Tesi per il III Congresso del PCd'I (Lione, gennaio 1926), nel quale Gramsci, rieletto segretario, sviluppò la "traduzione in linguaggio storico italiano" del bolscevismo. In quel congresso T. fu nominato rappresentante del PCd'I presso l'Esecutivo del Comintern e si trasferì a Mosca, dove rimase fino ai primi del 1927, quando, in seguito all'arresto di Gramsci (8 novembre 1926), assunse la guida del partito e si stabilì in Francia, dove fu costituito il Centro estero.
Il 1926 fu l'anno dell'ascesa di I. V. Stalin ai vertici del potere sovietico e della resa dei conti fra la maggioranza del partito bolscevico, guidata da Stalin e N. I. Bucharin, e l'opposizione raccolta intorno a L. D. Trockij, G. E. Zinov´ev e L. B. Kamenev. Sul modo di intendere la strategia staliniana (fine della prospettiva della "rivoluzione mondiale", costruzione del "socialismo in un paese solo", riduzione del ruolo dei partiti comunisti alla difesa dell'URSS) nell'ottobre 1926 si verificò uno scontro politico molto aspro fra T. e Gramsci. In esso affiorarono rilevanti divergenze strategiche fra loro, mai più conciliate.
Negli anni in cui Bucharin fu segretario dell'Internazionale comunista (1926-29) T. strinse con lui legami significativi. L'analisi del fascismo costituì il suo maggior contributo al dibattito dell'Esecutivo del Comintern. Nel VI Congresso dell'Internazionale (agosto-settembre 1928) egli si oppose alla equiparazione della socialdemocrazia al fascismo e alla politica del "terzo periodo", che riformulava la strategia dell'Internazionale come lotta "classe contro classe" e prospettava la ripresa immediata di una ondata rivoluzionaria, nella quale i partiti comunisti avrebbero dovuto prepararsi all'insurrezione. Estromesso Bucharin dalla guida del Comintern, nel luglio del 1929 la nuova linea dell'Internazionale fu imposta anche al PCd'I e T. fu costretto ad abbandonare la strategia gradualistica di lotta al fascismo elaborata insieme a Gramsci nel 1925-26.
Dopo l'avvento di A. Hitler al potere, l'Unione Sovietica fu indotta a interrompere l'autoisolamento e ad aderire alla politica di "sicurezza collettiva". Divenuto il fascismo un fenomeno internazionale, Stalin riorientò il movimento comunista in senso antifascista. Nell'agosto del 1934 T. fu chiamato a Mosca per collaborare alla preparazione del VII Congresso dell'Internazionale comunista (luglio-agosto 1935) ed entrò a far parte della segreteria del Comintern, accanto a G. Dimitrov. Nei primi mesi del 1935 tenne il corso sugli avversari, destinato ai quadri del PCd'I presenti a Mosca. La parte principale di quel corso fu dedicata all'analisi del fascismo. Ricostruite dagli appunti di un allievo, le Lezioni sul fascismo furono pubblicate per la prima volta nel 1969 e sono considerate l'analisi più approfondita del fascismo fra quelle svolte dai suoi contemporanei.
Nel VII Congresso dell'Internazionale fu varata la politica dei Fronti popolari e a T. fu affidata la trattazione del tema "La preparazione di una nuova guerra mondiale da parte degli imperialisti e i compiti dell'Internazionale comunista". Nel suo rapporto si affacciava per la prima volta l'ipotesi della evitabilità della guerra e la lotta per prevenirla era indicata come obiettivo principale del movimento comunista. Dal VII Congresso T. divenne una figura eminente del comunismo internazionale e in questo ruolo, nel 1936, assolse il compito di sostenere con l'attività di propaganda il processo contro l'opposizione trockista, che si concluse con l'esecuzione di Kamenev e Zinov´ev inaugurando la stagione del Grande Terrore. Malgrado l'inizio del terrore, il comunismo antifascista ebbe ancora un ruolo importante nel 1936 e T., sostenuto da Dimitrov, dette un contributo originale allo sviluppo di una strategia democratica del Comintern. Nell'articolo Sulle particolarità della rivoluzione spagnola, pubblicato nell'ottobre del 1936, veniva formulata per la prima volta la concezione della "democrazia di tipo nuovo": essa prevedeva una strategia di accesso al potere diversa da quella sperimentata in Russia nel 1917, realizzata con il consenso democratico e non con un putsch, e una forma di stato pluralistico, nel quale le classi lavoratrici avrebbero potuto esercitare la direzione politica senza dover ricorrere alla dittatura.
Per le competenze acquisite nello studio della situazione spagnola, nel luglio 1937 T. fu inviato in Spagna come commissario politico del Comintern presso il PCE (Partito comunista spagnolo) e vi rimase fino alla sconfitta militare della Repubblica. Tornato a Mosca nel 1939, fu oggetto di una lunga inchiesta del Comintern che si concluse nell'estate del 1941 con la sua estromissione dal vertice dell'Internazionale. Fra le principali accuse che gli vennero rivolte, quella di aver lasciato cadere l'archivio del PCE nelle mani della polizia francese durante la ritirata e quella di aver sabotato la liberazione di Gramsci. Di quest'ultima si fecero interpreti Genia e Giulia Schucht, dopo il rientro di Tania a Mosca dall'Italia, alla fine del 1938. Reintegrato nel centro decisionale del Comintern subito dopo l'invasione tedesca, T. si trasferì a Ufa, capitale della Baškiria, dove iniziò la propaganda radiofonica contro la guerra e il regime fascista e intensificò la preparazione delle Lettere dal carcere e lo studio dei Quaderni del carcere di Gramsci, che sarebbero stati pubblicati dall'editore Einaudi fra il 1947 e il 1951.
La caduta del fascismo non lo colse di sorpresa e nell'autunno del 1943 T. elaborò una proposta politica rivolta a tutti i partiti antifascisti che prevedeva l'accantonamento della questione istituzionale e la partecipazione al governo Badoglio per collaborare con gli Alleati alla sconfitta di Hitler e alla liberazione dell'Italia del Nord. Inoltre egli proponeva di affidare a un referendum istituzionale la scelta fra monarchia e repubblica e di convocare un'Assemblea Costituente per disegnare l'ordinamento democratico del paese. Nella notte fra il 3 e il 4 marzo 1944, in un incontro segreto con Stalin, T. fu informato della decisone sovietica di riconoscere il governo Badoglio, la sua strategia venne accolta da Stalin e la sua richiesta di essere inviato in Italia fu esaudita. Rientrato a Napoli, i primi di aprile espose pubblicamente il suo programma (la cosiddetta "svolta di Salerno"). Esso venne accolto anche dagli altri partiti antifascisti, mutando il precedente indirizzo del Comitato di Liberazione Nazionale.
Ministro senza portafoglio nel governo Badoglio e nel successivo governo Bonomi, dopo la Liberazione T. assunse il dicastero della Giustizia nel governo Parri e lo mantenne nel primo governo De Gasperi. In tale veste promosse una amnistia che comprendeva anche reati politici commessi durante il fascismo con l'obiettivo di favorire la riconciliazione nazionale e allargare il consenso alla costruzione della democrazia. Ma il suo impegno principale fu quello di trasformare il PCI in un partito di massa ideologicamente pluralistico (il "partito nuovo"), che costituì una novità assoluta nel movimento comunista e una leva per caratterizzare la nuova democrazia italiana come una "democrazia di partiti", basata sulla partecipazione diffusa e sulla mobilitazione dei cittadini. A questa visione corrispondeva il progetto di una "democrazia progressiva", cioè di uno Stato democratico avanzato basato sul riconoscimento non solo delle libertà e dei diritti politici, ma anche dei diritti sociali, della proprietà pubblica e cooperativa accanto alla proprietà privata, e della programmazione economica. Una democrazia liberale molto diversa da quella prefascista, aperta a trasformazioni di contenuto socialista (le "riforme di struttura") e alla possibilità che la classe operaia, mostratasi la più aderente all'interesse nazionale nella lotta al fascismo e nella guerra di liberazione, si affermasse come classe dirigente del paese. I contenuti programmatici della "democrazia progressiva" erano condivisi dai principali partiti antifascisti e furono recepiti dalla Costituzione del 1948 che T. considerò, quindi, il "programma fondamentale" del PCI. Come statista il suo principale contributo si esplicò nell'Assemblea Costituente, dove il voto del PCI fu determinante per la costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi e del Concordato.
La strategia togliattiana si basava sull'ipotesi che le "sfere di influenza" in cui il mondo si era diviso alla fine della seconda guerra mondiale non si trasformassero in "campi" contrapposti. Il rapido passaggio alla "guerra fredda" creò quindi un'asimmetria che il PCI non avrebbe mai potuto sormontare: la fine della coalizione antifascista faceva venir meno la risorsa politica principale del progetto togliattiano; il "legame di ferro" con l'URSS confinava il PCI nell'area della legittimazione democratica escludendolo dalla legittimazione a governare. Lo scontro politico e sociale che seguì alla fine dei governi di unità antifascista spostò le riforme e la modernizzazione del paese su un terreno in cui il PCI poté influire solo dall'opposizione, con una prolungata mobilitazione sociale volta all'allargamento del mercato interno e al superamento del regime di bassi salari e di bassi consumi. Questo limite invalicabile delle sue possibilità di competere per la guida del paese segnò la politica di T. anche dopo la fine del centrismo, l'inizio della distensione e i primi anni del centrosinistra. Il sostegno del PCI alla repressione della rivolta ungherese (novembre 1956) determinò la frattura con il PSI di P. Nenni e il suo isolamento. Nell'VIII Congresso (dicembre 1956), puntando sulla destalinizzazione, la "coesistenza pacifica" e la legittimazione delle "vie nazionali al socialismo", sancite dal XX Congresso del PCUS (febbraio 1956), T. operò un rilancio della strategia democratica e gradualistica del partito, ma esso non poté andare oltre un sostegno esterno alle poche riforme dei primi governi di centrosinistra, fallendo l'obiettivo di sconfiggere la delimitazione a sinistra della maggioranza che escludeva i comunisti dal governo.
Con la rottura fra l'URSS e la Cina di Mao, il XX Congresso segnò l'inizio della crisi del movimento comunista. T. la percepì tempestivamente e propose una sua riorganizzazione "policentrica", più aderente alla struttura del mondo che stava emergendo dalla guerra fredda, e una diversa unità basata sul riconoscimento delle differenze e dell'autonomia dei paesi socialisti e dei partiti comunisti. La proposta si fondava sulla percezione dell'interdipendenza che ormai caratterizzava il sistema delle relazioni internazionali e sul convincimento che tutto il movimento comunista avrebbe dovuto battersi per superare la divisione del mondo in blocchi contrapposti. T. muoveva dal riconoscimento della priorità degli interessi comuni al genere umano, rispetto a quelli di classe, di Stato o "di campo", e prospettava una profonda revisione del marxismo assumendo la pace come un obiettivo prioritario e globale. La "coesistenza pacifica" avrebbe dovuto configurarsi sempre più come una cooperazione fra gli stati, le religioni e i popoli per promuovere il disarmo e la cooperazione politica ed economica internazionale. Conseguentemente, nel Memoriale di Yalta, scritto in vista di un colloquio con N. S. Chruščëv che però non si poté realizzare a causa della morte improvvisa di T., egli si spinse ad affermare la necessità di riforme democratiche radicali anche nei paesi socialisti, iniziando una differenziazione profonda del comunismo italiano dal comunismo sovietico.
Gli scritti di T. sono raccolti nelle Opere, in 6 volumi, pubblicate dagli Editori Riuniti nel ventennio successivo alla sua morte. Fra quelli editi quando T. era ancora in vita si ricordano: Il partito comunista italiano, Milano 1958; La formazione del gruppo dirigente del PCI nel 1923-1924, Roma 1962; Problemi del movimento operaio internazionale 1956-1961, Roma 1962; Momenti della storia d'Italia, Roma 1963. Il Memoriale di Yalta fu reso noto dopo la sua morte e l'edizione Sellerio (Palermo 1988) ne riproduce anche l'autografo. Fra i libri più importanti pubblicati dopo la sua morte si ricordano Gramsci (a cura di E. Ragionieri, Roma 1967), che raccoglie i suoi principali scritti sull'uomo politico e pensatore sardo, e le Lezioni sul fascismo (a cura di E. Ragionieri, Roma 1970). P. Togliatti, Sul fascismo (a cura e con una introduzione di G. Vacca, Roma-Bari 2004) raccoglie i suoi contributi più rilevanti all'analisi del fascismo italiano dal 1922 al 1935. Togliatti. Un uomo di frontiera, è il titolo dell'ampia biografia scritta da A. Agosti, pubblicata nel 2003 (2a edizione).