vacuometro Strumento per la misurazione di pressioni sensibilmente minori di quella normale atmosferica (760 mmHg pari a ~ 105Pa).
Le misurazioni, data la grande varietà di condizioni in cui viene a trovarsi un gas al diminuire della pressione (➔ vuoto), non si possono effettuare con un unico tipo di strumento e i v. usati si basano su principi fisici diversi, ciascuno adatto a coprire un determinato intervallo di pressioni (v. fig.). I v. si possono classificare in due grandi categorie, in base al tipo di energia che è necessario fornire per l’esecuzione delle misure: v. di tipo meccanico, in cui tale energia è meccanica e può provenire dal gas stesso di cui si vuole misurare la pressione (tubi a U ecc.) oppure da una sorgente esterna (v. a compressione), e v. di tipo elettrico, in cui l’energia elettrica è trasformata in calore (nei v. a conducibilità termica) o è impiegata per ionizzare il gas (nei v. a ionizzazione). I v. che utilizzano proprietà molecolari sono detti genericamente v. molecolari.
I v. possono inoltre essere diretti oppure indiretti. Nel primo caso, la lettura dello strumento è indipendente dalla natura del gas, e ciò si verifica ogni volta che la pressione viene misurata direttamente come forza che agisce sull’unità di superficie. Nelle misurazioni indirette si sfrutta una proprietà del gas che è funzione della pressione (per es., la conducibilità termica o la probabilità di ionizzazione): in questo caso, la risposta del misuratore dipende dalla natura del gas (peso molecolare); le scale di questi strumenti vanno costruite o trasformate mediante taratura in funzione del tipo particolare di gas.
Il tubo a U è un manometro a U nel quale il dislivello può essere misurato con buona precisione mediante metodi interferometrici ed è adatto per misurare pressioni non molto minori di quella atmosferica.
Il v. di MacLeod o v. a compressione è basato sull’applicazione della legge di Boyle e consente di amplificare e misurare pressioni troppo piccole per essere determinate con un tubo a U.
Il v. con trasduttore a elemento elastico sensibile è costituito, nelle sue varie versioni, da un elemento elastico a pareti sottili (capsula, membrana, soffietto, tubo di Bourdon ecc.) che viene deformato per azione della pressione; le variazioni di forma, amplificate in vario modo, sono misurate con metodi ottici o elettrici.
Il v. a sfera rotante è basato sul trasferimento di quantità di moto tra una sferetta sospesa magneticamente in rotazione e le molecole del gas, in seguito al quale varia la frequenza di rotazione della sferetta.
3.1 V. a conducibilità termica. In questi strumenti, un filamento metallico riscaldato da una corrente elettrica raggiunge una temperatura di equilibrio che dipende dalla potenza elettrica fornita e dalle perdite di calore per conduzione, irraggiamento e convezione. Se la potenza elettrica fornita è costante, la temperatura del filamento dipende principalmente dalle perdite di energia dovute a conduzione termica nel gas e quindi dalla pressione di quest’ultimo, essendo, in prima approssimazione, trascurabili a basse pressioni le perdite per convezione e costanti quelle dovute a irraggiamento. A pressioni inferiori a qualche centinaio di pascal (Pa), il flusso di energia termica decresce linearmente con la pressione; il filamento si riscalda perciò via via che la pressione diminuisce. I tipi più diffusi sono i cosiddetti v. di Pirani e quelli a termocoppia. Nei v. di Pirani si sfrutta il fatto che al variare della temperatura del filamento s’accompagnano variazioni della resistenza elettrica di esso, misurabili con vari accorgimenti circuitali elettrici (ponti ecc.). Nei v. a termocoppia la temperatura del filamento è misurata direttamente tramite una termocoppia a esso connessa, misurando, cioè, la forza elettromotrice sviluppata nella giunzione medesima. La dipendenza del segnale di uscita di questi strumenti dal peso molecolare dei gas ne rende necessaria la taratura per ogni tipo di gas di cui si debba determinare la pressione. 3.2 V. a ionizzazione. Sono gli unici strumenti impiegabili per misurare pressioni inferiori a 10–5 Pa e sfruttano la ionizzazione delle particelle costituenti il gas residuo, a seguito dell’urto con elettroni: il numero di ioni così formato per ogni elettrone varia linearmente con la pressione e quindi, a basse pressioni, la corrente ionica è proporzionale alla pressione e alla corrente elettronica che provoca la ionizzazione; la costante di proporzionalità dipende dalla geometria degli elettrodi, dalla differenza di potenziale a essi applicata e dalla natura del gas.
Il primo v. a ionizzazione è stato quello a triodo termoelettronico (v. a catodo caldo) strutturalmente simile al tubo termoelettronico omonimo con elettrodi cilindrici coassiali; il filamento che costituisce il catodo a riscaldamento diretto emette elettroni i quali, accelerati dalla differenza di potenziale applicata tra catodo e griglia, ionizzano le molecole del gas e gli ioni positivi sono raccolti sull’anodo-collettore. I raggi X molli prodotti dagli elettroni estraggono fotoelettroni dal collettore che danno luogo a una corrente che si sovrappone a quella ionica, ponendo il limite inferiore di misurazione a circa 10–7 Pa.
Il v. a catodo freddo si differenzia dai precedenti perché il filamento è a temperatura più bassa e si ha quindi una minore emissione termoelettronica; per avere ugualmente la ionizzazione di un buon numero di molecole, si allungano le traiettorie degli elettroni emessi dal filamento sottoponendoli all’azione di un opportuno campo magnetico; tra i vari tipi, uno dei più diffusi è il v. di Penning il cui limite inferiore di misurazione è 10−6 Pa, il più sensibile il v. a magnetron, da laboratorio, il cui campo di misurazione si estende fino a circa 10−12 Pa.