Valle d’Aosta Regione a statuto speciale dell’Italia nord-occidentale (3260 km2 con 125.034 ab. nel 2020, ripartiti in 74 Comuni; densità 38 ab./km2). Confina a N con la Svizzera, a E e a S con il Piemonte, a O con la Francia ed è costituita dalla valle omonima (fig. 1). Capoluogo di regione e unica provincia è Aosta.
La struttura fisica della regione (fig. 2) è costituita da un grande solco vallivo lungo circa 100 km, entro cui scorre la Dora Baltea; vi confluiscono le valli laterali di Champorcher, Cogne, Rhêmes, La Thuile, la Valsavarenche e la Valgrisenche, dalle Alpi Graie; le valli di Gressoney, Challand-Ayas, la Valtournenche e i valloni di Saint Barthelémy e del Buthier, dalle Alpi Pennine. Sovrastano queste valli i massicci montagnosi del Gran Paradiso, del Monte Bianco, del Cervino e del Monte Rosa, i cui picchi principali superano i 4000 m di altezza e separano la regione dal Piemonte, dalla Francia e dalla Svizzera. L’altitudine media risulta di ben 2100 m, quota che supera quella di ogni altra regione italiana, così come il limite degli insediamenti umani permanenti, che qui raggiunge il suo massimo. I tratti morfologici scaturiscono dall’ampio sollevamento tettonico di rocce cristalline che, nell’era terziaria, ha dato origine alle Alpi, e dal conseguente accumulo dei depositi e delle coltri magmatiche nella depressione valliva centrale. Soprattutto su quest’ultima agì, successivamente, la glaciazione quaternaria che, spingendo tali masse fin nell’aperta pianura canavesana antistante, la modellò come un ampio corridoio di lieve pendenza che si interna nella massa montuosa. Nei punti di confluenza delle valli laterali si sono così originati considerevoli dislivelli, sicché esse risultano tutte `pensili’ e tali da costituire veri e propri terrazzi alpini di alta quota, circondati da innumerevoli vette e creste dentate. Questo modellamento naturale, caratterizzato da forti contrasti, consente di suddividere la regione in due ambiti geografici che, nella cultura locale, vengono significativamente definiti sotto i nomi di Plaine e di Montagne. La prima, che corrisponde alla piana valliva centrale, presenta condizioni climatiche assai più miti della seconda, dove l’altitudine e le correnti d’aria di origine atlantica determinano temperature assai rigide e abbondanti precipitazioni, responsabili della permanenza delle nevi perenni e dei ghiacciai al di sopra dei 2500 m.
La bipartizione tra aree della Plaine e della Montagne è ugualmente rintracciabile nelle caratteristiche antropiche della regione, benché all’interno della stessa sia assai forte l’omogeneità etnica e culturale che scaturisce dal comune carattere intramontano delle due zone, dalle complementarità economiche e produttive che le contrassegnano e dai sistemi di comunicazioni imperniati sui valichi transalpini. Nella V. la presenza di una elevata catena montuosa non ha perciò costituito un elemento di frattura e di discontinuità, ma ha invece favorito gli scambi sia interni, sia con gli altri ambiti omogenei posti al di qua e al di là del confine. Si è così delineata, e rafforzata nel tempo, un’identità locale ben precisa. L’insediamento umano è distribuito in circa 1200 centri o nuclei, talora di dimensioni piccolissime e anche geograficamente isolati. La popolazione regionale risulta in netto incremento (+10.700 ab. dal censimento del 1991), confermando la tendenza positiva già sensibile nel corso degli anni 1980. L’aumento di popolazione è dovuto principalmente alla capacità della regione di attrarre flussi migratori sia per le possibilità occupazionali sia per gli elevati livelli di spesa pubblica per abitante che garantiscono un’alta qualità dei servizi. Diversamente da quanto si è verificato nel capoluogo, in contrazione demografica negli ultimi due decenni del 20° sec., un discreto incremento demografico si è registrato in gran parte dei centri a più spiccata vocazione turistica, per lo più situati lungo le direttrici di comunicazione del fondovalle. Le dinamiche demografiche più accentuate si sono manifestate infatti nei Comuni posti a ridosso delle arterie che collegano i valichi del Monte Bianco, del Piccolo San Bernardo e del Gran San Bernardo con la Pianura Padana. Ciò favorisce lo sviluppo di un insediamento lineare lungo tutto il fondovalle, che si dilata in prossimità di Aosta, dove si verificano crescenti fenomeni di suburbanizzazione residenziale, dovuti ai contemporanei spostamenti di popolazione dalla città verso l’esterno e dai centri periferici della montagna verso quello principale. L’area della Montagne viene al contrario a costituire un esteso ambito di declino demografico, moderato soltanto da una debole crescita, o da una relativa stabilità, dei centri posti sui terrazzi vallivi prossimi alle attrattive naturalistiche costituite da riserve floristiche e faunistiche, dalle nevi perenni e dai ghiacciai. Qui la permanenza della popolazione è alimentata soprattutto dallo sviluppo turistico. Nell’insieme di quest’area, il malessere demografico è poi accentuato dalla presenza di una struttura sociale assai più anziana che nel resto della regione, da correnti emigratorie che superano quelle immigratorie e da un tasso di natalità sempre più sensibilmente decrescente.
Fu soprattutto l’industrializzazione, preceduta dalla costruzione della ferrovia Ivrea-Aosta (1886), a generare il popolamento della Plaine e a produrre il passaggio dell’economia regionale da agricola a manifatturiera. Nei primi anni del 20° sec., infatti, su quest’area si concentrarono molte fabbriche, richiamate dalla grande disponibilità di acqua e di dislivelli altimetrici da sfruttare per la produzione di energia motrice. Inoltre, la scoperta di alcuni giacimenti minerari, tra cui quello assai importante di magnetite nel bacino di Cogne, motivò la localizzazione di un grande stabilimento elettrosiderurgico ad Aosta. Negli anni 1960, con l’apertura dei trafori del Monte Bianco e del Gran San Bernardo, si registrarono nella regione ulteriori trasformazioni della base economica. Ai centri vallivi venne soprattutto restituita la loro antica funzione di località al servizio dei flussi di traffico internazionale in transito lungo la valle. In questi stessi anni, l’esaurimento del giacimento minerario di Cogne, l’allontanamento di molte attività industriali, attratte dalle nascenti concentrazioni urbane della Padania, e un crescente afflusso di turisti diedero inizio a una progressiva deindustrializzazione della V., con una relativa concentrazione di queste attività nel solo tratto vallivo a ridosso del confine piemontese. I successivi miglioramenti infrastrutturali, avvenuti con l’apertura dell’autostrada Torino-Aosta, e il rinnovo della viabilità minore attorno ai gradini di confluenza delle valli laterali con quella principale hanno contribuito al definitivo sviluppo turistico della regione. La dinamica di queste attività ha registrato prima un considerevole aumento della presenza turistica nelle ‘seconde case’, poi nella nascente struttura alberghiera. Alla vacanza di fine settimana e dei mesi estivi, soprattutto a partire dagli anni 1970, si è aggiunta anche quella invernale per lo svolgimento della pratica sciistica. L’aumento del flusso dei vacanzieri ha stimolato la formazione di un grande distretto turistico alpino in cui operano migliaia di imprese commerciali, artigianali e ricettive. Hanno contribuito a questo successo sia l’allestimento di estesi comprensori sciistici, che collegano tra loro non solo numerose località della regione, ma anche dei versanti svizzeri e francesi, sia il recupero e la valorizzazione dell’ingente patrimonio storico, artistico e ambientale presente nell’area (sono state istituite numerose riserve e parchi naturalistici, accanto allo storico Parco nazionale del Gran Paradiso). La rapidità con cui si sono affermati questi processi di sviluppo ha anche determinato una profonda trasformazione della composizione e della struttura della forza lavoro regionale. Con il 4% del totale degli attivi (2008), la manodopera agricola ne costituisce una componente ormai fortemente minoritaria: molte aziende sopravvivono quasi unicamente attraverso il part-time del conduttore. Le attività industriali, che forniscono impiego al 25% della forza lavoro, sono rappresentate prevalentemente dal comparto delle costruzioni (13% degli addetti). A partire dalla fine degli anni 1990, sono stati adottati diversi programmi destinati allo sviluppo dell’imprenditorialità. Per quanto riguarda la grande industria, raggiunto l’obiettivo del risanamento dei deficit delle acciaierie di Cogne, è stato varato un piano di incremento della produzione meccanica e metallurgica locale. Il terziario assorbe il 71% della forza lavoro, dedita, in larga prevalenza, al turismo e alle attività commerciali connesse. Nel capoluogo si va affermando un terziario avanzato, soprattutto nella forma di attività ausiliarie e qualificate dei servizi per le imprese e per la pubblica amministrazione. Il tasso di disoccupazione regionale (3,3% nel 2008) ammonta a oltre tre punti percentuale al di sotto di quello medio nazionale e pone la V. tra le regioni con migliore situazione occupazionale.
Centro di insediamenti dei celti Salassi (4° sec. a.C.), la V. fu sottomessa dai Romani (25 a.C.) e aggregata nell’ordinamento augusteo alla XI Regione Transpadana, con compiti strategici (controllo delle vie alpine verso il San Bernardo). Unita da Diocleziano alla prefettura delle Gallie e occupata verso la fine del 5° sec. dai Burgundi, passò poi sotto le dominazioni ostrogota, bizantina e merovingica (dal 570). Dominio carolingio (774), fu parte del regno di Berengario I e annessa poi al regno di Borgogna (904). Entrata nella sfera d’influenza della casa di Savoia, nel 1191 faceva atto di sudditanza e da allora la storia della valle si fonde con quella dello Stato sabaudo. Nel 1800 Napoleone la annetté, con le altre regioni del Piemonte, alla Francia.
Ritornata ai Savoia nel 1814, la V. custodì, all’interno del Regno d’Italia, le proprie tradizioni linguistiche e culturali, opponendosi alla politica d’italianizzazione inaugurata dal fascismo. L’antifascismo si saldò nella regione alle aspirazioni separatiste e autonomiste, confluite entrambe nella lotta partigiana. Al movimento che propugnava l’annessione alla Francia, si opponeva quello delle autonomie alpine, egemonizzato dal Partito d’azione e avente come ispiratori E. Chanoux e F. Chabod. Fidando sul consenso dei separatisti, De Gaulle nel maggio 1945 diede l’ordine di occupare militarmente la zona: il ritiro delle forze francesi avvenne, dietro ingiunzione del Comando alleato, nel giugno dello stesso anno. La V. fu riconosciuta come regione autonoma a statuto speciale nel 1948. Primo presidente fu Chabod.