Continente che occupa la calotta polare antartica, per circa 13,1 milioni di km2 (più 75.600 km2 di isole adiacenti). Nel punto in cui si spinge più a N, con la Penisola Antartica o Terra di Graham, il braccio oceanico interposto con l’America Meridionale (Canale di Drake) è largo almeno 1000 km; una serie di arcipelaghi accosta quell’appendice dell’A. alle isole Falkland. La distanza dalla Nuova Zelanda supera i 2500 km; quella dall’estremità meridionale dell’Africa è di quasi 4000.
L’ipotesi di una terra australe risale a tempi remoti: presso scrittori antichi se ne trovano accenni basati su induzioni puramente teoriche. Viaggiatori in Oriente (come Niccolò de’ Conti e Ludovico de Varthema), tra 15° e 16° sec., raccolsero e riportarono notizie di terre poste all’estremo Sud, che potevano riferirsi tanto all’A. quanto all’Australia. Quando Magellano scoprì la Terra del Fuoco, si diffuse in Europa l’opinione dell’esistenza di una vastissima terra australe. Ma fu poi dimostrata l’insularità della Terra del Fuoco, della Nuova Guinea e dell’Australia, e alla fine del sec. 18° (J. Cook) pure della Nuova Zelanda, e si comprese che in ogni caso il continente antartico non doveva oltrepassare il circolo polare. Le scoperte certe iniziarono dopo il 1820. Il russo F.G. Bellingshausen scoprì le isole Pietro I e Alessandro I (1819-21); nel 1821, se non prima, fu toccata la Terra di Graham. Poi si susseguirono numerose scoperte di balenieri (J. Biscoe, J. Kemp, J. Balleny); J. Dumont d’Urville avvistò la Penisola di Luigi Filippo e la Terra Adelia (1838-40) e C. Wilkes la terra che da lui prese nome; nel 1840-43 J.C. Ross (con le navi Erebus e Terror) scoprì la Terra Vittoria e toccò 78°10′ latitudine. Nel 1897 la spedizione della Belgica (A. de Gerlache) esplorò l’Arcipelago di Palmer e la Terra di Graham fino alla Terra di Alessandro I; rimasta prigioniera del pack, svernò nella banchisa. Nel 1899 il norvegese C.E. Borchgrevink, dopo aver per primo toccato terra antartica nel 1895 con la Southern Cross, svernò per primo volontariamente al Capo Adare, spingendosi poi a 78°50′. L’esistenza del continente antartico era ormai convalidata e il nome A., proposto nel 1898, entrò definitivamente nell’uso. Negli anni 1902-04 furono compiuti numerosi e notevoli progressi: scoperta della Terra di Edoardo VII; esplorazione del Mare di Ross e dell’altopiano ghiacciato a S fino a 82°17′ lat. (R.F. Scott); scoperta della Terra di Guglielmo II (spedizione tedesca della Gauss); esplorazione del Mare di Weddell e scoperta della Terra di Coats (spedizione scozzese di W.S. Bruce); esplorazione del mare adiacente alla Penisola di Luigi Filippo (O. Nordenskjöld); esplorazione della Terra di Graham e del mare circostante (J. Charcot). Il Mare di Ross risultò la via più adatta per penetrare alle più alte latitudini: nel 1908 una spedizione guidata da E. Shackleton poté raggiungere di qui 88°23′ e R.E. Amundsen riuscì a toccare, il 14 dicembre 1911, il Polo Antartico, situato a quasi 3000 m di altezza. Quasi contemporaneamente R.F. Scott, dalla Terra Vittoria, con quattro compagni, si spingeva fino a raggiungere il Polo (18 gennaio 1912), morendo però nel ritorno. Tra le molte spedizioni seguenti, va ricordata in particolare quella dell’ammiraglio statunitense R.E. Byrd che, in una serie di voli svolti dalla base di Little America, scopriva la Terra di Marie Byrd e sorvolava il Polo (1929); nel 1935 L. Ellsworth e H. Wilkins attraversarono in volo tutta l’Antartide. Dopo una prima spedizione alla fine degli anni 1930, nella zona oceanica pericontinentale le ricerche meteorologiche, idrografiche e biologiche in mare si intensificarono. Tra la fine del 1939 e del 1940 una terza spedizione Byrd confermò la tesi dell’unica massa continentale. Una quarta, imponente (1946), durante la quale fu ancora sorvolato il Polo Sud, rilevò centinaia di chilometri di coste, scoprendo, fra l’altro, una specie di oasi alle spalle della Terra della Regina Maria, libera dai ghiacci, rivestita di prateria e cosparsa di laghi dalle acque verdi o azzurre; nel complesso furono rilevati almeno 1.600.000 km2 di nuovi territori. Nel seguito, vi furono spedizioni argentine e cilene, altre statunitensi, britanniche, norvegesi, francesi, australiane, quasi ininterrottamente. In occasione dell’Anno geofisico internazionale (1° luglio 1957 - 31 dicembre 1958), l’A. fu oggetto di un’esplorazione scientifica sistematica: 57 stazioni allestite da 11 paesi condussero ricerche su meteorologia, fenomeni aurorali, geomagnetismo e ionosfera, mentre una spedizione guidata dal geologo inglese V.E. Fuchs compì la traversata completa dell’A. dal Mare di Weddell al Mare di Ross. Dopo la firma del Trattato antartico (1959), le spedizioni si sono succedute regolarmente, con programmi ad ampio spettro coordinati da organismi permanenti, tra cui lo Scientific Committee on Antarctic Research. Tra le spedizioni italiane, si segnalano quella organizzata da CNR e CAI nella Terra Vittoria (1968-69); le due effettuate da G. Aymone Cat (1969-70 e 1973-74) con il veliero San Giuseppe Due; le tre promosse dal CNR (1972-77), che hanno studiato le valli di Wright e Taylor, ancora nella Terra Vittoria; quella finanziata da R. Cepparo (1975-76) nell’isola King George (Shetland Australi); quella organizzata da F. Barbiero con il patrocinio del Comune di Milano e altri enti (1977-78); infine, l’attività scientifica coordinata dall’ENEA e dal CNR (PNRA, Progetto Nazionale di Ricerche in Antartide), svolta a partire dal 1985, con studi geologici, geofisici e medici sistematici, oltre che con la realizzazione della prima base ufficiale italiana (Stazione Mario Zucchelli a Baia Terra Nova) e di una (Concordia) italo-francese, nonché di operazioni puntuali di esplorazione e studio.
La massa continentale si può distinguere in A. Orientale, immenso tavolato precambriano (gneiss, graniti), e A. Occidentale, più recente, compresa fra i mari di Weddell e di Ross. Tra le due si interpone la Catena Transantartica. Nell’A. Occidentale da una depressione mediana si diparte la Penisola Antartica, percorsa da una catena montuosa a pieghe nella quale si continua il sistema andino (l’interfaccia ghiaccio-roccia sembra raggiungere qui profondità di 2500 m sotto il livello del mare). Nel gruppo dei Monti Ellsworth, alla radice della penisola, si trova la massima quota dei rilievi emersi (Vinson, 5140 m). L’intero continente è coperto e saldato alle isole circostanti da una massa glaciale spessa dai 2000 ai 4200 m, per un’altitudine media di 2300 m; il ghiaccio deprime con il suo peso il fondo roccioso, che si solleverebbe, nell’ipotesi della scomparsa del ghiaccio, di circa 600 metri. La superficie rocciosa è scoperta solo per l’1% del totale; gli affioramenti più diffusi sono i nunatak (sommità di rilievi) e le pareti a falesia che seguono le rotture della coltre glaciale. Quest’ultima compie un’intensa azione di modellamento, spinta fino a 500-600 m sotto il livello marino. Faglie terziarie e quaternarie si dispongono lungo la Catena Transantartica, come testimonia la presenza di numerosi vulcani attivi (Erebus, 3784 m). I ghiacciai antartici sono i maggiori della Terra; essi scavano i propri bacini ablatori sia nella calotta sia, sulle catene montuose e presso la costa, nella roccia e si protendono in mare con lingue galleggianti lunghe decine di chilometri, con fronte alta varie decine di metri, dalla quale si staccano gli iceberg. La velocità di scorrimento può superare i 1000 m annui. Si calcola che il 70% dell’acqua dolce presente sul globo si trovi congelata nella calotta continentale antartica (inlandsis).
L’A. contribuisce alla circolazione marina fornendo acqua abissale fredda e densa, che raggiunge l’emisfero settentrionale. A N della massa continentale si trovano due zone frontali in cui le temperature in superficie sono dell’ordine di 2-3 °C: la ‘convergenza antartica’, che si stende fra 50° e 60° lat. e circonda completamente la stessa A.; e a circa 40° S, con limiti ancora incerti, la ‘convergenza subtropicale’. Attorno al continente fluisce poi una corrente marina larga circa 2000 km, con direzione O-E.
In prossimità del Polo Sud è stata rilevata la temperatura media annua più bassa del globo (−76 °C), mentre la minima assoluta (−90 °C) è stata registrata da una stazione scientifica russa (Vostok). Sul continente grava un’area anticiclonica permanente, mentre l’oceano circostante rappresenta un’area di pressioni relativamente basse, variabili. Caratteristica del continente sono i venti improvvisi e d’intensità pari ai più violenti uragani (ingl. blizzards).
La vegetazione dell’A. è costituita da muschi e licheni (fino a 10 km di distanza dal mare); la fauna terrestre è poverissima (pochi insetti atteri o, comunque, inetti al volo); numerosa invece quella che vive in mare o delle risorse del mare: pinguini; uccelli migratori; quattro specie di foche (mangiagranchi, di Weddell, leopardina e di Ross); e, fra i Cetacei, una grossa balenottera.
La cartografia dell’A. ha compiuto progressi enormi grazie a riprese da aereo o da satellite elaborate in collaborazione da specialisti di tutto il mondo. Carte topografiche sono pubblicate dal Servizio Geologico degli Stati Uniti; tutti i paesi aderenti al Trattato antartico provvedono alla cartografia delle singole aree in cui si trovano a operare.
Le condizioni fisiche proibitive e la modestissima entità della popolazione (ca. 5000 persone durante la stagione estiva, appena 1000 in inverno), oltre alle controversie politiche, hanno mantenuto le risorse economiche dell’A. meramente potenziali almeno fino al 1975, quando i paesi firmatari del Trattato antartico hanno concordato un piano di ricerche per valutarne l’entità. In seguito alle progressive restrizioni della caccia alle balene e alle foche, rimane da studiare lo sfruttamento di un piccolo gambero planctonico, il krill, presente in quantità sterminate. Per quanto concerne le risorse minerarie, l’altopiano racchiude vasti giacimenti carboniferi; minerali di ferro si trovano lungo il bordo esterno dell’A. Orientale; e nella Terra di Wilkes vene di manganese, individuato anche nella Penisola Antartica, come pure oro, argento, rame e nichel; cromo, cobalto e platino sarebbero presenti sul margine continentale del Mare di Weddell. Assai più rilevante, anche ai fini di una possibile estrazione, è infine la scoperta di petrolio e gas naturale nel fondo del Mare di Ross.
A partire dagli anni 1920, si sono sviluppate le rivendicazioni di alcuni Stati su parti del continente, in base al principio di priorità nella scoperta e nell’occupazione (Gran Bretagna, Francia, Norvegia), o di contiguità con il proprio territorio nazionale (Argentina, Cile, Nuova Zelanda), o di entrambi (Australia), dando luogo a controversie internazionali, specie tra Argentina, Cile e Gran Bretagna, le cui pretese territoriali in buona parte si sovrappongono. Gli Stati Uniti e l’URSS (poi la Russia), pur disponendo di importanti basi permanenti, non hanno espresso rivendicazioni né riconosciuto quelle avanzate da altri. La situazione è stata congelata dal Trattato antartico, firmato a Washington il 1° dicembre 1959 (in vigore dal 23 giugno 1961), sottoscritto dagli 11 paesi che avevano partecipato all’Anno geofisico internazionale (Argentina, Australia, Belgio, Cile, Francia, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, URSS), più la Repubblica Sudafricana. I firmatari si sono impegnati a limitarsi ad attività esclusivamente pacifiche, per scopi scientifici, cooperative, con scambio di informazioni e mutuo controllo; non possono essere sollevate nuove rivendicazioni territoriali, ma non sono pregiudicate le rivendicazioni già avanzate. Hanno poi aderito al trattato 31 altri Stati, 13 dei quali, in virtù delle attività di ricerca sostenute, hanno ottenuto lo stesso status dei primi firmatari, partecipando con diritto di voto agli ‘incontri consultivi’ previsti, allo scopo di promuovere lo scambio di informazioni, la consultazione reciproca e l’adozione di decisioni (all’unanimità) su cooperazione scientifica, ricerca ed eventuale sfruttamento delle risorse minerarie, tutela dell’ambiente ecc. Ulteriori convenzioni hanno riguardato la protezione delle foche (1972), la conservazione delle risorse marine viventi (1980), la protezione dell’ambiente antartico (1991), con 6 annessi (riguardanti la valutazione d’impatto ambientale; la conservazione della fauna e della flora; la gestione e lo smaltimento dei rifiuti; l’inquinamento marino; le aree protette; e la responsabilità derivante da emergenze ambientali); entrata in vigore nel 1998, questa convenzione qualifica l’intero continente quale area protetta. L’Italia ha aderito al trattato nel 1981 e ha ottenuto nel 1988 lo status di membro consultivo.
Le rivendicazioni territoriali sull’A. riguardano grandi settori compresi tra il parallelo di 60° e il Polo Sud e delimitati longitudinalmente da meridiani. A nord di 60°, cioè al di fuori dell’area coperta dal Trattato di Washington, le dichiarazioni di sovranità da parte di alcuni Stati su vari gruppi di isole australi (come le isole Chatham e Auckland, neozelandesi; le isole Macquarie, Heard e McDonald, australiane; le isole Kerguelen, Crozet, San Paolo e Nuova Amsterdam, francesi; le isole Marion e Principe Edoardo, sudafricane; l’isola Bouvet, norvegese; le isole Gough e Tristan da Cunha, britanniche) non hanno sollevato particolari problemi, fuorché in prossimità dell’estrema regione meridionale americana, in cui le controversie tra Argentina e Gran Bretagna sulle isole Falkland, la Georgia Australe e le Sandwich Australi si collegano con quelle riguardanti l’Antartide.