Il principio di laicità dello Stato è una diretta conseguenza dell’affermazione del costituzionalismo liberale e si collega strettamente a una tutela più forte della libertà di religione. La laicità dello Stato, infatti, trae origine dai processi di secolarizzazione e comporta, da un lato, una netta separazione tra la sfera politica e la sfera religiosa e, dall’altro, il definitivo abbandono del c.d. giurisidizionalismo (di cui era espressione il principio «cuius regio, eius et religio»).
La laicità dello Stato può avere due diverse esplicitazioni, potendo consistere o in una rigida separazione tra lo Stato e le confessioni religiose (ad esempio, negli U.S.A. o in Francia) o in un favor o comunque in una protezione esplicita della pratica religiosa, purché senza discriminazioni tra le diverse confessioni religiose (tale è il caso, ad esempio, dell’Italia). Mentre la prima prospettiva ha, come conseguenza, l’assoggettamento di tutte le confessioni religiose a una disciplina di diritto comune, la seconda ha come effetto il ricorso a istituti di natura convenzionale (concordati, intese ecc.) per la disciplina dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose. Ancora diverso è stato, infine, il caso della forma di Stato socialista (Forme di Stato e forme di governo), dove la formale proclamazione della separazione tra lo Stato e la religione ha nascosto una preferenza sostanziale per posizioni ateistiche (art. 124 Cost. U.R.S.S. 1936; art. 70 Cost. Polonia 1952; art. 52 Cost. U.R.S.S. 1977).
Per quanto riguarda l’esperienza costituzionale italiana, sin dal primo periodo dell’età statutaria è presente l’idea della laicità dello Stato. Se è vero, infatti, che l’art. 1 dello Statuto albertino, sulla falsariga dell’art. 6 Cost. Francia 1814, parlava della religione cattolica come della «sola religione dello Stato» e affermava che gli altri culti fossero «tollerati conformemente alle leggi», già nei giorni immediatamente successivi alla sua concessione, con una serie di regi decreti e poi con la l. n. 735/1848, è stata operata una parificazione tra tutti i culti, sulla scia di quanto previsto nelle più importanti Costituzioni dell’epoca (artt. 5-6 Cost. Francia 1830; artt. 14 ss. Cost. Belgio 1831). L’affermazione del carattere laico dello Stato è stata portata avanti soprattutto da Cavour, che, oltre ad essere l’ispiratore delle c.d. leggi Siccardi (l. n. 1013/1850 e l. 1037/1850) di abolizione dei privilegi del clero, è stato altresì il teorizzatore della separazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica, ad imitazione del modello statunitense («libera Chiesa in libero Stato»).
Sul filone tracciato da Cavour si è posta anche la c.d. legge sulle guarentigie (l. n. 214/1871), chiamata a risolvere i problematici rapporti tra lo Stato e lo Chiesa cattolica dopo la conquista di Roma da parte del Regno d’Italia nel 1870, definita da Jemolo «la più bella opera sul piano legislativo della generazione risorgimentale». Tale impianto è stato poi però sostanzialmente modificato durante il periodo fascista, in cui il principio di laicità dello Stato è stato soppiantato dal c.d. principio concordatario, di cui sono espressione eminente i Patti lateranensi del 1929.
Per quanto riguarda la Costituzione repubblicana, a differenza di altre esperienze costituzionali (I emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 135 ss. Cost. Germania 1919; art. 1 Cost. Francia 1946; art. 2 Cost. Francia 1958; art. 41 Cost. Portogallo 1976; art. 16 Cost. Spagna 1978), manca nel testo costituzionale un’affermazione testuale del carattere laico del nostro ordinamento, anche se, secondo una parte della dottrina, esso emerge con nettezza dal combinato disposto degli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. (in particolare, l’art. art. 7, co. 1, Cost. stabilisce che «lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» e l’art. 8, co. 1, Cost. afferma che «tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge»). In ogni caso, la giurisprudenza costituzionale, a partire dalla seconda metà degli anni ottanta del Novecento, non ha avuto dubbi nell’affermare l’esistenza di tale principio, ricomprendendolo peraltro tra i principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Va detto, tuttavia, che, al di là della sua proclamazione da parte della Corte costituzionale, il contenuto e il significato del principio di laicità dello Stato appaiono tuttora oggetto di controversie da parte della dottrina e di significative oscillazioni giurisprudenziali, come attesta il fatto che il Consiglio di Stato ha affermato nel 2006 che la stessa presenza di un simbolo religioso (il crocifisso) nelle aule scolastiche possa essere considerato espressione proprio di tale principio.