In economia, il deprezzamento del valore di un bene, in particolare di un bene produttivo o d’investimento, provocato da logorio fisico od obsolescenza tecnica, che determina da parte delle imprese investimenti atti a ricostituire il bene stesso. Gli a. devono essere contabilizzati nei bilanci delle imprese, per valutare correttamente il conto economico e il patrimonio dell’impresa e per ricostituire nel tempo il valore dei beni capitali, anche ai fini della loro sostituzione.
In contabilità, l’a. è il procedimento tecnico per ripartire il costo di talune immobilizzazioni a vita definita (materiali e immateriali) in un dato numero d’esercizi futuri, mediante quote che incidono sul calcolo del reddito dei vari esercizi. L’a. si calcola conoscendo il valore da ammortizzare (la differenza tra il costo del bene e il suo valore netto di realizzo, quale previsto al termine della vita utile) e la durata della vita utile. Il fondo di a., nelle imprese industriali o commerciali, è il fondo costituito annualmente per il rimpiazzo di beni capitali; costituisce quindi una posta rettificativa dell’attivo registrata nel bilancio di impresa. I metodi di calcolo dell’a. economico a fini di bilancio sono molteplici, rigidi o flessibili a seconda che vincolino il calcolo a formule matematiche o economiche; possono differire dall’ a. fiscale, cioè dalle procedure di calcolo delle quote di a. fiscalmente deducibili, che sono definite dalla legge. In ragioneria, si chiama svalutazione la diminuzione del valore di un cespite patrimoniale nella categoria delle immobilizzazioni, anche a vita indefinita, per effetto del suo deperimento in un determinato periodo di tempo. Il deperimento, concettualmente distinto dall’a., è diversamente contabilizzato in bilancio. Le immobilizzazioni che alla data di chiusura dell’esercizio risultano di valore inferiore al valore contabile netto devono essere iscritte a tale minor valore; si rende quindi necessaria una svalutazione del cespite. Nelle situazioni patrimoniali delle aziende si deve inserire nell’attivo il valore dell’immobilizzazione, opportunamente ridotto delle quote di deperimento.
In finanza, l’a. è l’estinzione mediante rimborso graduale di un debito o di un mutuo. Il piano di a. è la ripartizione nel tempo del rimborso del debito al creditore e il prospetto che la mette in evidenza. A. finanziario è, in particolare, il procedimento d’estinzione di un debito, che non è ripagato integralmente alla scadenza, ma è rimborsato secondo un piano di scaglionamento in rate annuali (o semestrali, trimestrali, mensili) da versare al creditore; le rate includono una quota per il progressivo rimborso del capitale prestato e una quota per gli interessi sul debito residuo. Il più comune metodo di calcolo delle rate è quello a rate costanti, in cui la quota destinata agli interessi decresce nel tempo con il diminuire del debito residuo, mentre aumenta nel tempo la quota capitale estinta in ogni rata di rimborso. Altri metodi di calcolo sono quelli a rate decrescenti, con quote di rimborso del capitale costanti su tutto il periodo e quote decrescenti d’interessi per il progressivo ridursi del debito. Si parla invece di a. (o consolidamento o capitalizzazione) dell’imposta, per indicare la diminuzione del valore patrimoniale (ovvero del prezzo di mercato) di un terreno o di un fabbricato, dovuta all’applicazione di un’imposta sul reddito sui medesimi beni. La perdita di valore del bene oggetto d’imposta è pari alla capitalizzazione del tributo al saggio di interesse corrente e, di regola, va a incidere sul prezzo che il venditore riesce a spuntare all’atto della vendita. A. del debito pubblico (o dei prestiti pubblici) è l’estinzione totale o parziale del debito pubblico ottenuta attraverso il rimborso dei titoli che lo rappresentano ai portatori dei medesimi. L’operazione mira a diminuire l’onere degli interessi sul bilancio dello Stato e a riportare il debito pubblico a livelli sostenibili, compatibili con la crescita prevista del prodotto nazionale ovvero con i limiti imposti da ragioni di credibilità sui mercati finanziari o da espliciti accordi internazionali, quali il Trattato di Maastricht. Per il rimborso dei titoli pubblici emessi dallo Stato e in circolazione sul mercato, è indispensabile determinare un saldo positivo (detto avanzo primario; ➔ bilancio) tra entrate e uscite al netto degli interessi da pagare sul debito. Con l’avanzo che si determina tra entrate e spese (al netto degli interessi sul debito), lo Stato può acquistare una parte dei titoli del debito pubblico dai privati e distruggerla. Poiché a fronte del debito dello Stato vi sono attività patrimoniali pubbliche, la vendita ai privati di parte del patrimonio pubblico può fornire ulteriori cespiti per l’a. del debito pubblico. In alcune esperienze storiche, l’a. del debito pubblico è stato realizzato o proposto mediante l’istituzione di una speciale cassa di a. o di redenzione (come nel caso del Sinking fund in Gran Bretagna, o della Caisse d’ammortissement in Francia), incaricata di provvedere con un capitale iniziale e una dotazione annua all’acquisto dei titoli sul mercato, o per distruggerli subito o per accumularli in modo da utilizzare anche i frutti allo stesso scopo. L’a. del debito pubblico si può realizzare, inoltre, con lo stanziamento annuale in bilancio di una somma destinata a tale fine o ancora con la costituzione di un fondo per l’a. del debito, alimentato dai ricavi ottenuti con la vendita di quote del patrimonio pubblico. In Italia, si è istituito l’a. del debito pubblico grazie a un fondo vincolato a tale fine, alimentato appunto dagli incassi delle privatizzazioni del Tesoro. La diminuzione del peso del debito pubblico si realizza nei periodi d’inflazione attraverso la perdita di valore della moneta, che riduce il valore reale dei titoli in circolazione. Peraltro, l’inflazione fa lievitare la spesa per gli interessi sul debito da rifinanziare.