Parte dell’abbigliamento che copre e protegge il piede contro le asperità del suolo e del clima.
L’uso della c. è da sempre noto ai popoli di tutti i continenti, a eccezione dell’Oceania, dove la c. era sconosciuta all’arrivo degli Europei. Nel costume tradizionale degli Africani prevalgono i sandali; nelle regioni settentrionali e orientali dell’Africa la cultura arabo-islamica ha introdotto la pantofola o lo stivale di cuoio morbido, entrambi diffusi nell’Asia sudoccidentale. L’Asia centrale e settentrionale ha come c. tipica lo stivale, di cuoio, di feltro o di pelliccia, diffuso dai Mongoli fino in Cina, ove la c. prevalente è il sandalo per lo più di paglia. Lo zoccolo ad assicella sollevata dal suolo s’incontra dal Giappone all’Indonesia e all’India, e giunge in Africa orientale. L’America precolombiana conosceva il mocassino e il sandalo-ghetta nelle regioni settentrionali, e particolari tipi di sandali nel Messico, nella regione andina e in qualche parte dell’Amazzonia.
Nei secoli le c. hanno subito variazioni soprattutto per punte e tacchi. Caratteristiche la punta sottile, ricurva e assai lunga di c. turche del 12° sec., diffusa poi in Europa, quella larga, a ‘zampa d’orso’ o a intagli nel Rinascimento, quella quadrata del 17° secolo. I tacchi, dalla metà del 19° sec. più d’uso femminile, erano già noti ai macellai d’Egitto, per non sporcarsi col sangue che colava a terra, e ai Mongoli per cavalcare; tuttavia non erano solo funzionali: nei sec. 17°-18° tacchi rossi erano appannaggio dei nobili francesi, che si distinguevano socialmente con l’alta statura; scomparvero con la Rivoluzione. C. femminili stravaganti furono le cioppine veneziane del Rinascimento, molto alte con ‘suole’ di cuoio anche di un metro, e le pantofole cinesi con tacco a piedistallo al centro della suola, che impedivano alla donna di camminare da sola. Dai costumi popolari derivano il mocassino indiano con suola rialzata e cucita alla mostrina che copre il dorso del piede; le espadrillas spagnole, di tela con suola di paglia intrecciata; i sandali infradito, derivati dagli zori orientali. Se un paio di c. su misura può richiedere sei mesi di lavorazione, un modello di produzione industriale (solo dal 19° sec. in USA si diversifica il piede destro dal sinistro) non richiede meno di cento operazioni: tuttavia l’industria ha ridotto la demarcazione fra c. comode ma grossolane dei ceti bassi e c. preziose, anche se meno funzionali, delle classi elevate.
Il materiale di più antico uso per la confezione delle c. è il pellame, inizialmente usato allo stato grezzo, poi conciato al fumo e quindi, col passare del tempo e l’affinamento dell’arte della conservazione, trattato con metodi sempre più validi di concia: concia vegetale con impiego di estratti tannici, concia all’olio detta anche scamosciatura; concia all’allume, sistema molto antico ma usato ancor oggi se è richiesta morbidezza ed elasticità. Nel 20° sec. ha assunto importanza determinante la concia minerale, basata sull’impiego di solfato basico di cromo. Altro materiale derivante dalla concia del pellame è il cuoio, solitamente usato per realizzare le suole. Numerosissimi altri materiali sono usati per le c. o, comunque, nel settore calzaturiero, quali tessuti per la tomaia esterna, succedanei del cuoio ecc.
Con la produzione in serie è praticamente scomparsa la confezione di c. su misura. Gli stilisti dell’azienda calzaturiera decidono la linea in funzione della moda e delle indicazioni del settore commerciale e realizzano il prototipo di una forma in legno sulla quale fanno tutte le modifiche necessarie. Il ciclo di lavorazione si sviluppa poi in varie sezioni, a ciascuna delle quali corrisponde un vero e proprio comparto produttivo: il taglio; la preparazione alla giunteria, dove una persona addetta al controllo verifica la rispondenza fra bolla di lavorazione e pezzi ricevuti dal taglio; la giunteria, dove vengono eseguite tutte le operazioni di orlatura, aggiuntatura di tutte le parti componenti fino ad avere la tomaia finita; il montaggio; il finissaggio. Rimane il controllo finale della qualità, per evitare che possano uscire dal finissaggio articoli con difetti. Negli ultimi decenni l’industria calzaturiera, e in particolare quella italiana, ha fatto progressi eccezionali per quanto riguarda la meccanizzazione e il perfezionamento delle tecnologie costruttive. Ciononostante esistono ancora ampi spazi che debbono essere coperti dall’automazione, specialmente per quanto riguarda le c. tradizionali in pelle e cuoio, nel quale segmento l’Italia occupa il primo posto nel mondo occidentale.
L’origine dell’industria calzaturiera italiana risale alla fine del 19° secolo con l’introduzione a Venezia di macchine provenienti dagli USA, che ne detenevano il monopolio. Il decollo industriale ebbe inizio nel 1898, ma solo nella seconda metà del 20° sec. l’Italia è giunta ai vertici mondiali, divenendo il maggior produttore del mondo di c. pregiate. Ancora oggi, nonostante la concorrenza rappresentata dai paesi asiatici, l’industria delle c. occupa un posto di importanza primaria fra i settori produttivi italiani. Le ragioni di questo successo sono da attribuire a diversi fattori, fra i quali la moda, che pone il ‘made in Italy’ all’avanguardia, la tradizionale accuratezza delle lavorazioni e l’adozione di materie prime pregiate.