Da un punto di vista storico, la libertà personale, intesa come libertà negativa di non subire ingerenze altrui sul proprio corpo (c.d. libertà dagli arresti), è la prima e la più importante tra le c.d. libertà civili (Diritti costituzionali), essendo prevista (e tutelata) già nella Magna Charta Libertatum del 1215 (art. 39) e nei documenti costituzionali successivi (Habeas Corpus Act 1679; IV e V Emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 7 ss. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese 1789; art. 4 Cost. Francia 1814; art. 4 Cost. Francia 1830; art. 7 ss. Cost. Belgio 1831; art. 2 Cost. Francia 1848; art. 138 Cost. Francoforte 1849; art. 114 Cost. Germania 1919; art. 2 Legge fondamentale Germania 1949; artt. 15 e 17 Cost. Spagna 1978; artt. 10 e 31 Cost. Svizzera 1999).
Lo Statuto albertino, al riguardo, parlava di libertà individuale (art. 26), ricomprendendo in essa non solo la libertà personale, ma anche la libertà di circolazione e soggiorno. La Costituzione repubblicana, invece, ha voluto distinguere queste due libertà anche dal punto di vista delle garanzie, disciplinando la libertà personale all’13 Cost. e la libertà di circolazione all’art. 16 Cost. e qualificando come «inviolabile» solo la prima e non la seconda.
Gli studiosi sono divisi sul fatto se l’art. 13 Cost. tuteli la mera libertà fisica, cioè il diritto di disporre della propria persona senza coercizioni fisiche o materiali, o anche la libertà morale, cioè il diritto di disporre liberamente di sé non solo senza coercizioni, ma anche senza quegli obblighi che sottopongano la persona all’altrui potere. Inoltre, è controverso se rientrano nella garanzia costituzionale della libertà personale tutti gli atti che incidono in qualunque modo sulla sfera fisica di un soggetto, ovvero solo quelli che assumono un carattere moralmente o socialmente degradante per chi li subisce: questa seconda tesi esclude dalla garanzia dell’art. 13 Cost., ad esempio, il c.d. frisking, ovvero la ricerca addosso a una persona di armi o di altri oggetti. La giurisprudenza costituzionale è stata oscillante sul punto: in alcuni casi ha fatto propria la concezione della libertà personale come mera libertà fisica e in altri casi ha utilizzato una nozione più ampia di libertà personale. Il problema si è posto soprattutto con riferimento alle c.d. misure di prevenzione, previste nella l. n. 1423/1956 e succ. mod.
Due sono le garanzie che l’art. 13 Cost. pone a tutela di questa libertà: la riserva di legge, in base alla quale soltanto la legge o un atto ad essa equiparato (Decreto-legge e Decreto legislativo) possono stabilire i casi ed i modi attraverso cui si può procedere alla restrizione di questa libertà, e la c.d. riserva di giurisdizione, in base alla quale qualunque restrizione della libertà personale può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria. Tuttavia, nei casi di necessità e urgenza – quali, ad esempio, l’arresto in flagranza di reato ex artt. 380 e 381 c.p.p. o il fermo di un indiziato di reato ex art. 384 c.p.p. – l’autorità di pubblica sicurezza può procedere a restrizioni della libertà personale anche in assenza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. In questo frangente, però, è tenuta ad informare entro quarantotto ore dall’avvenuto fermo l’autorità giudiziaria, la quale deve convalidarlo entro le successive quarantotto ore. In mancanza della convalida, i provvedimenti di limitazione della libertà personale si intendono revocati (art. 13, co. 2, Cost.).
L’art. 13 Cost., inoltre, vieta ogni tipo di violenza fisica o morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà, sancendo l’illegittimità della tortura o, comunque, delle minacce rivolte ai familiari del detenuto (cfr. l’art. 608 c.p. e l’art. 188 c.p.p.), e stabilisce che la legge deve fissare i limiti massimi della carcerazione preventiva (che oggi viene chiamata custodia cautelare).
Infine, nuove problematiche in tema di libertà personale sono sorte a proposito della disciplina dell’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998, l. 189/2002, l. n. 94/2009) e, in particolare, dell’istituto del trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità all’interno di Centri di identificazione ed espulsione. In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto tale trattenimento riconducibile a una restrizione della libertà personale ex art. 13, co. 1, Cost., imponendo, dunque, il sindacato dell’autorità giurisdizionale (oggi, il giudice di pace).
Il “trattenimento” dello straniero espellendo nel c.d. pacchetto sicurezza: di sessanta giorni in sessanta giorni … ma fino a quanto? di Marco Benvenuti