adattaménto animale Secondo un'ottica evoluzionista, è quel processo di cambiamenti che di generazione in generazione porta gli organismi ad adottare i meccanismi morfologici, fisiologici e comportamentali più idonei per la sopravvivenza e la riproduzione.
La selezione naturale, cioè il successo riproduttivo degli organismi dotati di caratteri più vantaggiosi nella lotta per l'esistenza, è il principale processo che produce l'adattamento. Per imporsi in termini evolutivi gli a.a. devono essere ereditabili: una parte della variabilità osservata nella popolazione deve avere cioè base genetica. L'approccio adattazionista in ecologia del comportamento ricerca a posteriori il valore di un a.a. per la sopravvivenza e/o la riproduzione di un particolare organismo. Per es. in Gran Bretagna si è osservato che tra le farfalle Biston betularia, che vivono sui tronchi di betulla, dal 1850 ca. nelle aree urbane è aumentato il numero di individui neri (forma melanica) rispetto alla forma prevalente di colore bianco-grigio. Questo fenomeno è stato spiegato con l'aumento delle industrie e quindi della fuliggine, che ha ricoperto i tronchi e i rami rendendoli neri. La forma melanica ha un evidente vantaggio mimetico su questi alberi, nei confronti di un predatore. Nelle aree di campagna, meno inquinate, è preponderante la forma bianco-grigia, poiché sui tronchi chiari il mimetismo di tali farfalle è più efficace. A tali conclusioni sull'a.a. di questa specie si è giunti sia attraverso un approccio ipotetico sia tramite test sperimentali di predazione.
Processo di valutazione che si affianca all'impostazione adattazionista, secondo cui per ciascun carattere di un animale si possono individuare svantaggi e vantaggi (concetto di costi e benefici); la selezione naturale premia quell'insieme di caratteri che complessivamente aumentano la capacità di un organismo di fare fronte al suo ambiente. Tale principio tuttavia trova alcune limitazioni imposte dalla struttura anatomica e della fisiologia dell'animale.
Un comportamento più corrispondente alle sollecitazioni ambientali può derivare anche da processi di apprendimento. Quando alcuni comportamenti innovativi nelle specie sociali vengono trasmessi ad altri animali, ed eventualmente di generazione in generazione, si può parlare di trasmissione culturale di un adattamento. Tale a.a. si verifica in alcune specie sociali, ad esempio nei cercopiteci, come le amadriadi, che scelgono luoghi elevati per il riposo notturno: la scelta di un determinato albero o anfratto dipende dall'esperienza e dalle circostanze in cui ciascun individuo si viene a trovare.
Abstract di approfondimento da Evoluzione. Adattamento genetico di Richard Ch. Lewontin (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica)
L’evoluzione della vita si manifesta in due forme distinte, attraverso la biodiversità e attraverso l’adattamento biologico. A tutta prima, l’esistenza dell’adattamento sembra facilmente dimostrabile osservando sia le strutture sia il funzionamento di animali, piante e altri tipi di organismi, ma in realtà non è così. Gli evoluzionisti moderni, infatti, distinguono opportunamente tra caratteri adattativi direttamente frutto della selezione naturale e caratteri con funzioni solo secondariamente adattative. La nozione di ‘adattamento’, imparentata con i concetti di genotipo, fenotipo, variazione dei caratteri, ambiente, selezione, fitness, è entrata in biologia ben prima che fosse elaborata la teoria dell’evoluzione, portando con sé significati garantiti solo dal senso comune, su cui furono spesso fondate visioni del mondo vivente del tutto estranee alla conoscenza scientifica della natura, quando non in contrasto con essa. L’esistenza dell’adattamento era infatti pienamente riconosciuta dai creazionisti, i quali, anzi, proprio nell’adattamento e nel finalismo radicavano la propria visione provvidenzialistica della natura vivente. Nonostante le difficoltà collegate all’analisi scientifica dei fenomeni adattativi, la centralità della nozione di adattamento nella moderna biologia resta immutata per la sua enorme, ineguagliata capacità di riunire un’immensa ed eterogenea raccolta di dati osservativi e sperimentali servendosi di un unico principio esplicativo: il principio di selezione.
Gli adattamenti possono essere studiati nella loro dinamica processuale oppure quando già avvenuti. L’adattamento è perciò definibile diacronicamente come ‘una reazione favorevole di un soggetto esposto al cambiamento di un fattore ecologico’ e sincronicamente come ‘stato di congruità tra organismo e ambiente’. Questa differenza tra processo e configurazione è di grande importanza dato che le cause che hanno originato un adattamento evolutivo non necessariamente agiscono ancora quando se ne osservano gli effetti.
Assolutamente decisiva è poi la distinzione relativa al soggetto che si adatta: potrà essere un individuo oppure una popolazione. Nel primo caso si avranno adattamenti eco-fisiologici ottenuti attraverso cambiamenti fenotipici, non trasmissibili alla progenie, solitamente quantitativi e reversibili; nel secondo caso si tratterà di adattamenti genetico-evolutivi ottenuti per cambiamenti della costituzione genetica della popolazione, trasmissibili alla progenie, qualitativi e solitamente irreversibili. Gli adattamenti possono manifestarsi su scala micro- o macroevolutiva, con la differenza che mentre i meccanismi sottostanti gli adattamenti microevolutivi sono indagabili sperimentalmente, la dinamica degli adattamenti macroevolutivi è ricostruibile solo in via ipotetica e inferenzialmente. Inoltre gli adattamenti macroevolutivi sono di norma irreversibili, hanno cause molteplici e complesse e coinvolgono i processi di sviluppo su tempi lunghi. La biologia non possiede una definizione chiara e univoca di adattamento. Il termine viene applicato ad almeno tre distinti tipi di fenomeni: (a) il processo inerente tutti i viventi, che comporta l’aggiustamento, performato individualmente, di caratteristiche fisiologiche, morfologiche, etologiche in accordo con l’ambiente di vita (adattamento come risposta indotta da un fattore ecologico); (b) lo stato con cui un carattere geneticamente determinato si manifesta e che in un certo contesto conferisce un vantaggio al suo portatore rispetto ad altri individui portatori di stati alternativi del carattere (adattamento come evoluzione selettiva di un polimorfismo genetico in una popolazione); (c) il possesso di strutture complesse, ereditate filogeneticamente, che permettono lo svolgimento di funzioni di livello elevato (per es., i macroscopici adattamenti di differenti specie di animali acquatici al nuoto). Nell’adattamento macroevolutivo, che è di norma irreversibile e multifattoriale, sono coinvolti i processi di sviluppo su tempi lunghi.