animazióne, cìnema di Tecnica cinematografica in base alla quale ciascuna immagine è elaborata graficamente in modo statico e separatamente dalle altre, di modo che il movimento nasce al momento della proiezione e non come già esistente in fase di ripresa, come avviene nel cinema dal vero.
La tecnica ‘classica’ è quella del disegno animato: gli elementi da riprendere di volta in volta venivano disegnati su fogli di celluloide trasparenti, sovrapposti gli uni agli altri secondo le necessità del movimento. Le scenografie sono generalmente disegnate su un foglio base non trasparente, in modo da mantenersi inalterate rispetto ai disegni ‘mossi’. Con speciali procedimenti si riesce poi a ottenere l’effetto della tridimensionalità. Ciò ha portato, soprattutto nella produzione di serie, a facilitare la tendenza verso l’imitazione del reale.
Un’altra tecnica molto usata nel c. di a. è quella dei pupazzi e oggetti animati, con set, scenografie, personaggi (sia pure inanimati), quindi con una realtà tridimensionale ripresa dalla cinecamera momento per momento, il cui movimento avviene fra una ripresa e l'altra, con gli spostamenti impercettibili degli oggetti.
Negli ultimi decenni, lo sviluppo di nuovi programmi e l'introduzione della grafica tridimensionale hanno permesso la realizzazione di lungometraggi interamente realizzati al computer (il primo nella storia è stato Toy story - Il mondo dei giocattoli, 1995).
L'origine del c. di a. si può far risalire alle ombre cinesi, successivamente alla lanterna magica, e poi ai vari apparecchi che tentarono in diversi modi nel corso dei secoli di simulare e riprodurre il movimento. L'invenzione del cinematografo dette nuovo impulso anche alle possibilità creative dei disegnatori. Negli USA, dagli anni Venti del 20° sec., il disegno animato acquistò un'importanza anche commerciale, e nei primi anni Trenta W. Disney si affermò come il migliore e più popolare degli autori-produttori (dal personaggio di Topolino al primo lungometraggio, Biancaneve e i sette nani, del 1937). Furono questi film, ottenuti secondo sistemi di lavorazione standardizzati e su scala industriale, che abituarono il pubblico a considerare il c. di a. un genere per l’infanzia, ottenuto secondo principi narrativi, formali e spettacolari simili a quelli del cinema dal vero. Le maggiori case di produzione hollywoodiane iniziarono a costituire un proprio reparto per la realizzazione di disegni animati, dando vita a tutta una serie di personaggi.
Un autore significativo per aver sondato in molteplici direzioni le possibilità della forma dell’animazione è N. McLaren, attivo in Canada dal 1941. Passando dal disegno direttamente su pellicola al disegno animato, dal collage all’animazione degli oggetti, attraverso l’uso di tecniche miste, McLaren ha espresso artisticamente uno studio rigoroso sugli innumerevoli rapporti tra gli elementi figurativi di base (linea, piano, volume, spazio, colore) e gli elementi di movimento cinematografico (ripresa, montaggio, sonoro, musica), costituendo un insieme di opere che sono fondamentali per la comprensione di questa forma espressiva. Rifacendosi alla scuola di illustri sperimentatori quali A. Alekseev, O. Fischinger e L. Lye, McLaren portò alle estreme conseguenze i presupposti di un c. di a. inteso artigianalmente come l’opera attenta e paziente di un solo individuo o di una limitata équipe di tecnici.
A partire dagli anni 1950 molti autori – tra cui W. Borowczyk, B. Bozzetto, D. Vukotič, R. Laloux, G. Dunning – hanno dimostrato che anche sul piano spettacolare il disegno animato può funzionare secondo leggi proprie, in cui figuratività e movimento sono lasciati alla libertà creativa dell’autore. Le sperimentazioni, iniziate negli anni 1960 a opera dei fratelli John e James Witney, di P. Foldes e altri, confermarono le possibilità di applicazione di questa tecnica cinematografica, dal campo sperimentale a quello spettacolare, fino a quello scientifico o didattico.
In Giappone, la produzione di lungometraggi di animazione fiorì e si sviluppò per alcuni decenni, attingendo abbondantemente ai personaggi e alle storie dei fumetti oltre che alla favolistica mondiale rivisitata, dominando il mercato interno e ottenendo anche un buon successo internazionale; qui alcuni artisti diedero vita a un disegno animato indipendente, spesso corrosivo e provocatorio (Kuri Yoji) o a film di pupazzi animati di grande suggestione formale (Kawamoto Kihachiro).
In Europa, il migliore c. di a. fu creato delle avanguardie, con i loro esperimenti. È mancata tuttavia nel corso dei decenni una produzione regolare distribuita nelle normali sale cinematografiche. In Italia, i prodotti di maggiore qualità si debbono soprattutto a B. Bozzetto e alla coppia costituita da E. Luzzati (1921-2007) e G. Gianini (n. 1927): La gazza ladra, 1964; Pulcinella, 1973; Il flauto magico, 1978. Successivamente c'è stata un'ulteriore ripresa produttiva con i lungometraggi di E. D'Alò (n. 1953): La freccia azzurra, 1996; La gabbianella e il gatto, 1998; Momo alla conquista del tempo, 2001.
Alla fine del 20° sec. il c. di a. è stato profondamente rivoluzionato dalla svolta digitale, dovuta soprattutto all’attività della Pixar, casa di produzione all’avanguardia nel settore. Artefici di opere sempre più curate dal punto di vista tecnico (Toy story, 1995; A bug’s life, 1998; Monsters & Co., 2001; Alla ricerca di Nemo, 2003; Gli incredibili, 2004; Cars, 2006; Ratatouille, 2007), i creativi della Pixar hanno completato la loro rivoluzione con una profonda attenzione alle storie e alle sceneggiature. Il successo di questi film è stato talmente vasto che la Walt Disney Company, ‘superata’ dalle invenzioni della Pixar, è giunta nel 2007 ad acquisirla per renderla il motore pulsante delle future produzioni della compagnia. Concorrente diretta della Pixar è la Dreamworks, società fondata nel 1994 dal regista S. Spielberg, dal discografico D. Geffen e dall’ex capo della Disney J. Katzenberg, che ha prima puntato a un’animazione ‘dotta’ nel linguaggio ma simile nello stile alla Pixar con il pregevole Z – La formica (1998), per poi trovare la chiave del successo con la popolare saga di Shrek. Di diversa fattura, legato a uno stile vicino alla vecchia animazione propria della Disney ma profondamente ancorato all’universo dei fumetti giapponesi e alla fantasia del suo creatore, H. Miyazaki, è il processo creativo del giapponese Studio Ghibli che ha avuto in Principessa Mononoke (1997), La città incantata (2001), Il castello errante di Howl (2004) alcune delle opere di maggior pregio.