L’organo attivo della funzione motoria. L’insieme dei m. di un corpo vivente o di parte di esso, considerati in rapporto alla loro funzione o alle loro caratteristiche istologiche, costituisce il sistema muscolare o muscolatura.
Le cellule muscolari sono presenti in uno stadio molto precoce dell’evoluzione animale: si ritrovano infatti nella maggior parte delle Spugne, animali pluricellulari primitivi, mentre negli Invertebrati marini più evoluti si differenziano cellule contrattili fusiformi, in cui sono individuabili le miofibrille. Nella scala zoologica compaiono dapprima le miofibrille lisce, poi quelle striate (nel tubo digerente di alcuni vermi e di alcuni Molluschi, come lumache, calamari e polpi, e in alcune regioni del tronco e della coda dei Tunicati). La muscolatura striata si afferma negli Artropodi, come Insetti e Aracnidi, che sono muniti di un esoscheletro capace, per le sue caratteristiche meccaniche, di accrescere la potenza e l’ampiezza del movimento. Lo scheletro esterno degli Artropodi è derivato dall’ispessimento dei segmenti metamerici dei vermi e dal successivo sviluppo di appendici articolate. I m. sono attaccati all’interno dell’esoscheletro. La muscolatura liscia persiste intorno agli organi cavi e, in generale, in tutte quelle parti che sono prive di scheletro.
Nei Vertebrati, nei quali si evolve uno scheletro interno, la muscolatura striata diventa particolarmente abbondante, tanto da costituire la metà del peso corporeo. Le principali modificazioni nella muscolatura avvengono nei Tetrapodi, cioè nelle quattro classi dei Vertebrati terrestri, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, e consistono nella modificazione della muscolatura assiale, nella differenziazione di una muscolatura appendicolare, che diventa estrinseca e intrinseca, e nella differenziazione di una muscolatura cutanea. Nei Tetrapodi, inoltre, che sono privi di branchie, la muscolatura branchiale si è in parte atrofizzata e in parte specializzata per altre funzioni, andando a formare i m. per la masticazione, i m. della faringe e quelli della faccia. La caratteristica dei m. assiali, i m. scheletrici del tronco e della coda, evidente nei Pesci e nei Vertebrati terrestri più antichi, è la metameria, cioè la divisione in sezioni orizzontali. Questa condizione, abbinata a una colonna vertebrale flessibile e anch’essa metamerica, consente ai Pesci e ad alcuni Tetrapodi primitivi, come gli Anfibi, di avanzare nel mezzo acquatico con movimenti ondulatori laterali. La stessa funzione si ritrova nei Tetrapodi terrestri che hanno perso successivamente gli arti. Con l’affermarsi della locomozione per mezzo di arti articolati, la metameria nella muscolatura assiale è sempre meno evidente, anche se qualche traccia è ancora presente nei Mammiferi. Dagli Anfibi più evoluti in poi, la metameria è rimasta solo nei fasci più profondi, mentre lunghi fasci non segmentati sono disposti al di sopra delle vertebre in modo da sostenere il capo e rinforzare la colonna vertebrale (m. dorsali); i m. ventrali raggiungono un maggior sviluppo, perché devono sostenere i visceri nell’aria senza l’aiuto del galleggiamento fornito dall’acqua.
La perdita di metameria nella muscolatura assiale e il differenziamento di una muscolatura appendicolare hanno consentito ai Tetrapodi di affrontare la locomozione terrestre. Nei Tetrapodi la muscolatura appendicolare è molto più complessa che nei Pesci e i m. sono disposti in gruppi ad azione opposta. In seguito allo sviluppo dell’arto e alla sua rotazione, che ha portato alla disposizione attuale, con il gomito rivolto indietro e il ginocchio in avanti, si è verificato anche un riordinamento dei m., che spesso si avvolgono intorno a un segmento osseo e all’articolazione, per inserirsi sulla superficie opposta del segmento successivo. Nei Tetrapodi si sono sviluppati m. appendicolari intrinseci, che originano sul cinto o sull’arto e si inseriscono più distalmente sullo stesso arto, mentre sono conservati anche m. estrinseci, che originano dallo scheletro assiale, o sulle fasce connettivali del tronco, e si inseriscono sul cinto o sull’arto libero. Questi ultimi sono i più primitivi, in quanto estensioni di una muscolatura del tronco destinata alla locomozione nei Vertebrati ancestrali: nei Pesci infatti i m. appendicolari sono essenzialmente estrinseci.
L’acquisizione della deambulazione bipede, propria dell’uomo, ha implicato un’inversione dei compiti svolti dai m. del bacino e del femore. Nell’arto inferiore la massa estensoria, quella che permette l’allontanamento dal corpo, deve essere situata anteriormente: così il medio e il piccolo gluteo si sono trasformati da estensori in adduttori, mentre la funzione di estendere il tronco, necessaria quando un bipede corre o si arrampica, è stata assunta dal grande gluteo. Inoltre, per avvicinare l’arto all’asse verticale del corpo, si è aggiunto un gruppo muscolare adduttore, situato medialmente. La possibilità di abduzione, cioè l’allontanamento dall’asse del corpo, è molto evidente nell’arto superiore, e consente di afferrare gli oggetti. I 19 muscoli della mano, infine, assicurano un’abilità e una precisione di movimenti che ne fanno uno strumento molto raffinato.
Una caratteristica dei Mammiferi è la muscolatura cutanea. Già nei Pesci e negli Anfibi, alcuni fasci dei muscoli degli archi faringei si inseriscono nel derma, collegando la pelle alla muscolatura sottostante; nei Mammiferi essa raggiunge la maggior evidenza con il m. grande cutaneo, che avvolge tutto il tronco di alcuni di essi. Nei Primati vi è una grande specializzazione dei m. mimici: nell’uomo più di 30 differenti m. abbassano o alzano gli angoli della bocca; altri ancora permettono di sollevare le sopracciglia, increspare le labbra o stringere le palpebre. Gli altri Mammiferi hanno un numero molto minore di m. mimici: caratteristico nei Carnivori è il m. canino che solleva la parte del labbro superiore per mostrare il dente canino a scopo intimidatorio. Tra la muscolatura cutanea intrinseca bisogna ricordare infine i m. erettori dei peli nei Mammiferi e delle penne negli Uccelli. Mentre la muscolatura scheletrica è andata incontro a così tante modificazioni con la diversificazione delle varie specie, particolarmente in riferimento al passaggio della vita sulla terraferma, la muscolatura viscerale non è molto cambiata nel corso dell’evoluzione dei Vertebrati; si osservano, tuttavia, profonde differenze per quanto riguarda il suo controllo: in alcune specie la contrazione è spontanea oppure mediata quasi esclusivamente da ormoni – come nel caso dell’utero dei Mammiferi – in altre specie la risposta è dovuta a impulsi nervosi.
Nell’uomo il sistema muscolare è tradizionalmente suddiviso in volontario e involontario. Il primo comprende i m. striati; il secondo comprende la muscolatura liscia. A parte è considerato il tessuto miocardico.
M. striati. - I m. striati si dividono in m. superficiali e profondi. I primi hanno una grande importanza per la mimica (m. mimici) e sono presenti solo in corrispondenza del collo e della testa. Tra i m. profondi bisogna distinguere i m. scheletrici, inseriti direttamente sulle ossa e responsabili del movimento, dai m. annessi agli organi di senso (occhio, orecchio) o che sono in rapporto con l’apparato digerente, respiratorio e urogenitale (m. della lingua, della faringe, della laringe ecc.). Quando due m. svolgono la stessa azione sono detti sinergici, mentre sono detti antagonisti i m. che svolgono azioni contrarie. La nomenclatura dei m. si basa sulla loro azione (m. estensore, flessore, abduttore ecc.), la loro forma (m. lungo, largo), il numero dei capi di inserzione (m. bicipite ecc.).
Dal punto di vista morfologico, nei m. si distingue un ventre, la parte contrattile del m., rivestita da una guaina di connettivo (epimisio) che si estende verso l’interno del m. formando il perimisio. In corrispondenza delle estremità del m. il perimisio si continua con i fasci connettivali del tendine, provvedendo ad assicurare l’inserzione del muscolo. Il ventre del m. è formato da fibre muscolari, divise in fasci di vario ordine (primitivi, secondari ecc.). Nei m. vi è una rete venosa, arteriosa e linfatica molto ricca; le fibre nervose, assai numerose, sono sensitive e motrici. Le fibre motrici terminano con le piastre neuromuscolari. La più piccola unità funzionale, costituita da un motoneurone e dalle fibre muscolari da esso innervate, prende il nome di unità motoria. Sia i vasi sia i nervi penetrano nel m. attraverso il peri- e l’endomisio.
La contrazione dei m. è di solito provocata da stimoli nervosi, trasmessi dalle fibre motrici. Se si studia una fibra muscolare isolata, si vede che si riesce a provocarne la contrazione solo quando lo stimolo raggiunge una certa intensità (soglia) e che la contrazione non aumenta con il successivo aumentare dell’intensità dello stimolo (legge del tutto o niente). Se invece si osserva il m. nel suo insieme, si nota che la contrazione aumenta quando l’intensità dello stimolo aumenta per il maggiore numero di fibre muscolari che si contraggono. Allo stato di riposo i m. non sono mai completamente rilasciati, ma presentano una tensione più o meno accentuata (tono muscolare o posturale), regolata da un’attività nervosa riflessa che si svolge in determinati centri nervosi situati nella corteccia cerebrale, nel cervelletto, nel rombencefalo e nel mesencefalo, che sono in rapporto con le fibre nervose efferenti propriocettive e con le vie nervose motrici. Nella regolazione del tono muscolare probabilmente interviene anche il sistema nervoso simpatico. Oltre alla produzione di lavoro meccanico nel corso della contrazione del m. si ha anche la produzione di calore e di correnti elettriche. Le correnti elettriche sono prodotte da fenomeni fisico-chimici (modificazione nella distribuzione degli elettroliti e dell’equilibrio ionico) che hanno luogo nel brevissimo spazio di tempo che intercorre tra l’eccitazione e la contrazione del muscolo. I fenomeni elettrici sono legati all’attività del m. e pertanto scompaiono dopo la morte o dopo la degenerazione del tessuto muscolare e nemmeno sono osservabili durante i periodi di riposo.
M. lisci. - I m. lisci sono presenti nella parete del tubo digerente, dei vasi sanguigni, dell’utero, della vescica. La loro funzione è quella di determinare, contraendosi, variazioni della forma o del calibro degli organi nei quali sono compresi ed eventualmente di facilitare progressione o espulsione del materiale contenuto nei vari organi. La contrazione dei m. lisci avviene in modo analogo a quella dei m. striati con intervalli di tempo tra contrazione e rilasciamento molto più lunghi. Lo stimolo per la contrazione è trasmesso dai mediatori chimici liberati all’estremità delle fibre nervose motrici, che appartengono al simpatico o al parasimpatico.
Nell’ambito della distribuzione anatomica è possibile distinguere i m. lisci viscerali e i m. lisci multiunità. I m. lisci viscerali presentano una marcata instabilità del loro potenziale di membrana, e per questo motivo hanno contrazioni continue, irregolari, sostanzialmente non correlate al sistema di innervazione (tono muscolare). Il ruolo di vari mediatori chimici (quali acetilcolina e norepinefrina) è essenziale sul comportamento dei m. lisci viscerali; in essi le funzioni svolte dall’innervazione simpatica e parasimpatica non sono tanto quelle di iniziare una risposta, quanto di modularne l’attività. Nel m. liscio multiunità l’assenza della risposta sinciziale non consente la diffusione della contrazione per cui, come accade nel caso dell’iride, sono possibili risposte graduali, discrete e ben localizzate. Nella muscolatura liscia in generale si osservano risposte molto sensibili in presenza di sostanze chimiche circolanti.
I m. sono organi altamente sensibili alle alterazioni della nutrizione e del metabolismo: nei soggetti iponutriti si osservano frequentemente fenomeni di atrofia muscolare; si hanno anche gravi casi di degenerazione muscolare nei soggetti alimentati con dieta povera di alcuni elementi (potassio), vitamine (specialmente vitamina C e vitamina E) e così via. Questi fenomeni degenerativi possono essere di vario tipo: dal rigonfiamento torbido alla degenerazione vacuolare, cerea o amiloide, all’infiltrazione grassa o calcarea che a volte può dar luogo a fenomeni di calcificazione. Analogamente fenomeni di atrofia si instaurano per la sospensione o la cessazione dell’attività muscolare (immobilizzazione da apparecchio gessato; paralisi). Malattie tipiche del sistema muscolare sono le atrofie e le distrofie m. progressive e le altre varietà di miopatie (miotonia; miastenia), le particolari forme di mioatonia e di miodistrofia, le miositi. Nei m. possono anche localizzarsi, con una certa frequenza, forme larvali di parassiti (trichine, cisticerchi, echinococchi); di rado insorgono tumori, benigni (leiomiomi, rabdomiomi) o maligni (rabdomiosarcomi).
Le atrofie e distrofie muscolari progressive comprendono alcune affezioni particolarmente caratteristiche dei m. scheletrici, le quali costituiscono due gruppi sufficientemente distinti di malattie, perché, pur essendo tutte caratterizzate dall’atrofia delle fibre muscolari, le prime sono espressioni di una lesione nervosa (atrofie muscolari nucleari; atrofie muscolari neuritiche), le altre sono dovute a una causa insita nello stesso tessuto muscolare, cioè sono miopatie propriamente dette. Le atrofie muscolari nucleari sono dovute a lesioni del midollo spinale, del bulbo o del mesencefalo e colpiscono in età adulta in rapporto con traumi o con malattie infettive. La forma spinale, nella sua manifestazione classica, inizialmente colpisce simmetricamente i piccoli m. delle mani nelle quali produce atteggiamenti e deformazioni particolari, e, in un secondo tempo si estende ai m. dell’avambraccio, delle spalle, del tronco ecc.; ha decorso cronico. La forma bulbare e bulbopontina si manifesta con disturbi dei m. interessati all’articolazione della parola, alla masticazione e alla deglutizione. La forma mesencefalica si manifesta con ptosi palpebrale e paralisi della muscolatura estrinseca dell’occhio. Le atrofie muscolari neuritiche costituiscono malattie ereditarie e familiari.
Le distrofie muscolari progressive colpiscono prevalentemente il sesso maschile e l’età infantile; rientrano nelle malattie eredo-familiari. Sono caratterizzate da lesioni del parenchima muscolare costituite da alterazioni della striatura, eventuale aumento del sarcoplasma, iperplasia del tessuto adiposo e del tessuto connettivo. Si manifestano con riduzione della forza in un particolare distretto muscolare che porta ad atteggiamenti abnormi per la prevalenza della muscolatura antagonista sana. Nella forma pseudoipertrofica sono colpiti gli arti inferiori, in quella di Erb i m. della radice degli arti superiori, nella forma di Landouzy e Déjerine sono colpiti i m. mimici e poi quelli del cingolo scapolare, degli arti superiori e del tronco; nel tipo di Gowers vengono colpiti primitivamente i m. dei quattro arti.
Le cosiddette miopatie mitocondriali sono caratterizzate da modificazioni del metabolismo energetico a livello della catena respiratoria che si trova nei mitocondri; ne possono derivare gravi conseguenze cliniche.