L’attitudine propria dei viventi a mantenere intorno a un livello prefissato il valore di alcuni parametri interni, disturbati di continuo da vari fattori esterni e interni. All’insieme ordinato dei sottosistemi che compongono l’organismo umano è preposta una rete di sistemi di controllo, il cui intervento simultaneo regola il flusso di energia e di metaboliti, in modo da conservare immutato o quasi l’ambiente interno, indipendentemente dalle modificazioni di quello esterno. Quello dell’autoregolazione degli organismi viventi è un concetto fondamentale della biologia moderna, formulato alla fine del 19° sec. dal fisiologo francese C. Bernard che lo sintetizzò nella classica espressione di «fixité du milieu intérieur», con la quale si affermava come si dovesse ritenere essenziale per la vita degli organismi superiori la costanza della composizione chimica e delle proprietà fisiche del sangue e degli altri liquidi biologici.
I meccanismi di autoregolazione operano a tutti i livelli di organizzazione dei sistemi. A livello molecolare, l’inibizione feedback (o retroazione) limita la quantità dei prodotti finali che si formano per l’azione di un sistema enzimatico. A livello cellulare, interviene il fenomeno dell’inibizione da contatto, per il quale in una popolazione di cellule il processo della mitosi si arresta quando queste divengono così numerose da toccarsi; lo stretto rapporto fisico consentirebbe a un messaggero chimico inibitore di passare da un elemento cellulare all’altro per impedire l’ulteriore divisione; nei tumori questo meccanismo omeostatico è perduto e ciò spiega l’inarrestabile riproduzione degli elementi cellulari neoplastici. A livello organismico, i vari meccanismi operano con differenti modalità (fig.): l’attività di sintesi ormonale delle ghiandole endocrine è governata dagli eventi che si verificano nei sistemi regolati dagli stessi ormoni (per es., l’aumento della glicemia stimola la secrezione di insulina, la quale a sua volta aumenta l’utilizzazione periferica del glucosio, con conseguente diminuzione della sua concentrazione ematica). Anche la fame e la sete sono sensazioni finalizzate al mantenimento dei livelli ottimali di energia, nutrienti e acqua. A livello di popolazione, infine, un esempio di regolazione omeostatica è quello fornito dal rapporto tra predatori e prede: il numero dei primi aumenta o diminuisce in funzione dell’aumento o della diminuzione delle seconde, oscillando intorno a un valore medio.
Il funzionamento ottimale di ogni sistema di controllo avviene solo in un ambito determinato e la sua capacità di adattamento è pertanto limitata. Comunque, entro qualunque ambito di controllo una perturbazione può superare la capacità di compensazione di un dato sistema, alterando il trasferimento di energia e di metaboliti attraverso quel sottosistema: se altri sistemi di controllo sono in grado di compensare quello insufficiente, la stabilità dell’organismo viene mantenuta, ma con perdita di una parte di energia di riserva; se, al contrario, gli altri sistemi non possono esercitare questa supplenza, l’intera rete diviene instabile e insufficiente ad assicurare il controllo.
Tutti i sistemi dell’organismo contribuiscono al mantenimento dell’o., ma il principale centro di controllo è rappresentato dal sistema nervoso centrale, che determina il tipo di risposta più appropriata (endocrina, immunitaria ecc.). Particolarmente importante è poi il ruolo del sistema endocrino (a sua volta dipendente da quello nervoso, attraverso l’ipotalamo), che controlla e regola gli altri sistemi dell’organismo; la sua risposta è tuttavia lenta (minuti, ore, giorni), al contrario di quella messa in atto dal sistema nervoso, che reagisce invece prontamente (frazioni di secondo o secondi), ma i cui effetti sono di breve durata. Pertanto, la cooperazione tra i due sistemi fornisce metodi di controllo complementari.
Gli stimoli rappresentati dalle modificazioni dell’ambiente esterno e interno sono riconosciuti e convogliati, tramite i nervi afferenti, al midollo spinale e all’encefalo, che li analizzano, li associano e li confrontano per mezzo di un processo d’integrazione. Dopo essere stati vagliati, i messaggi in risposta agli stimoli perturbanti sono inviati, attraverso le vie nervose efferenti, tanto ai muscoli quanto alle ghiandole.
Un’ulteriore modifica di un sistema perturbato è quella operata da un meccanismo di feedback. La maggior parte dei sistemi di controllo utilizza il feedback negativo, altri quello positivo. Il primo consiste in modifiche compensatorie che riportano il sistema al suo stato precedente, annullando o limitando in tal modo gli effetti delle perturbazioni; pertanto esso si oppone alle modifiche e tende a mantenere la stabilità. I sistemi a feedback negativo sono intrinsecamente instabili, ma sono di comune riscontro nella regolazione endocrina e metabolica. Alcuni tra gli esempi più tipici sono rappresentati dal controllo della temperatura corporea e del peso, nonché dai processi di controregolazione che intervengono per contrastare l’ipoglicemia. Con il feedback positivo si ha invece un ulteriore incremento del disturbo, che permette però di portare a compimento processi che in condizioni di riposo sono inattivi, amplificando il segnale di partenza (meccanismo a cascata). Ne sono esempi la coagulazione del sangue e la glicolisi, che costituiscono processi autolimitanti, perché è limitata la disponibilità di substrati (fibrinogeno e altri fattori della coagulazione, glicogeno).
A volte, per una singola variabile (come, per es., la pressione arteriosa e la temperatura) si hanno sistemi di controllo multipli, che servono a garantire il mantenimento di un determinato livello anche quando non tutti i recettori e gli effettori di cui consistono sono funzionanti. Questa ridondanza rappresenta quindi una maggiore garanzia di controllo. Per es., nel caso di variazioni della pressione arteriosa, oltre a quelli del seno carotideo, una serie di altri barocettori situati a differenti livelli nel sistema circolatorio (atri, grossi vasi ecc.) è in grado di inviare informazioni al cervello anche qualora il principale sistema recettoriale deputato a questo scopo non dovesse funzionare, così da suscitare egualmente un’adeguata risposta compensatoria.
Ridondanza può aversi anche per quanto riguarda i meccanismi effettori. Facendo ancora una volta riferimento al controllo della pressione arteriosa, questo può avvenire attraverso modificazioni sia delle resistenze periferiche (contrazione o rilasciamento della muscolatura vasale), sia della gettata cardiaca (aumento o diminuzione della frequenza cardiaca o dell’energia di contrazione). L’effetto dell’abolizione di uno di questi meccanismi è quindi solo transitorio, perché l’altro esercita un’azione sostitutiva, vicariante. La ridondanza garantisce la stabilità della variabile, nonostante molte perturbazioni di segno opposto. I limiti entro cui specifiche variabili (temperatura, glicemia, pressione arteriosa, peso corporeo ecc.) risultano controllabili dai processi di feedback negativo sono, di solito, piuttosto ristretti e definiti da un punto di regolazione (set point). Le oscillazioni intorno a questo punto dipendono dal ritardo (sfasatura) che intercorre tra il riconoscimento, da parte dei recettori, dell’avvenuta modificazione e la risposta del sistema a feedback negativo a quella modificazione.
La frequenza e la profondità del respiro in risposta a un aumento della pressione parziale di CO2 nel sangue arterioso possono variare in maniera rapida per l’informazione che giunge al cervello, tramite le fibre afferenti dei nervi vago e glossofaringeo, dai chemocettori periferici dell’arco aortico, oppure più lentamente, mediante la stimolazione dei chemocettori centrali situati nel bulbo, a opera degli ioni H+ che si formano per diffusione, attraverso la barriera ematoencefalica, della CO2 dal sangue al liquor, ove l’attività tampone esercitata dalle proteine è assai scarsa. Pressoché tutti i processi fisiologici sono regolati, a ogni livello, da questi sistemi di controllo, che permettono all’essere vivente di adattare la propria individualità biologica, in modo tale da preservarne le costanti contro le sollecitazioni dell’ambiente. Le alterazioni patologiche si verificano, infatti, allorché lo stimolo è eccessivo e/o la risposta non è idonea a soddisfare questa esigenza di equilibrio e di stabilità dell’organismo.