Per grazia si intende il provvedimento, adottato generalmente dal capo dello Stato, di estinzione della pena a favore di un determinato soggetto. A differenza dell’amnistia e dell’indulto (Amnistia e indulto. Diritto costituzionale), quindi, la grazia non ha una portata generale, ma è un provvedimento individuale, anche se, al pari dei primi due, ha origini storiche antichissime, essendo strettamente collegata all’istituto monarchico. Poiché, infatti, il Monarca era la fonte di tutti i poteri e la giustizia era amministrata in suo nome, era perfettamente logico che ci fosse la possibilità, da parte dello stesso, di rivedere tutte quelle sentenze penali (anche definitive) che potevano offendere in qualche modo il sentimento di giustizia o costituire una soluzione politica alternativa alla pena.
Maggiori problemi di inquadramento ha sollevato la grazia con l’avvento del costituzionalismo moderno, e, in particolare, del principio della separazione dei poteri, in primo luogo, a causa della perdita di importanza del capo dello Stato a favore dell’organo parlamentare, tanto che il Governo si rende autonomo dal primo e finisce per legare la sua permanenza in carica a quest’ultimo (Fiducia parlamentare) e, in secondo luogo, per l’incidenza dei provvedimenti di clemenza sulle attribuzioni del potere giudiziario (Magistratura. Diritto costituzionale).
In Italia, fin dai primi anni di vigenza dell’ordinamento statutario è stato pacificamente ammesso dalla dottrina – in particolare Brunialti, Palma, Romano e lo stesso Orlando ancora nel 1947, in sede di Assemblea costituente – che la grazia non era sottratta al regime della controfirma ministeriale e che ciò, dunque, comportava un ruolo tutt’altro che formale in capo al Ministro di grazia e giustizia, soprattutto quanto al suo indefettibile potere di iniziativa.
Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il quadro è rimasto sostanzialmente immutato e la grazia è stata ricondotta dalla dottrina maggioritaria, in ciò confortata dalla prassi, tra gli atti duali o duumvirali o misti (Controfirma ministeriale). La stessa giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto, sino a tempi assai recenti, la sostanziale continuità tra l’esperienza statutaria e l’esperienza repubblicana. Tuttavia, nel 2006, a seguito di un conflitto di attribuzione (Conflitti di attribuzione. Diritto costituzionale), la Corte costituzionale ha ricondotto, con argomentazioni da taluno ritenute discutibili, la grazia nell’ambito degli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali, affermando che il Ministro della giustizia (Ministri. Diritto costituzionale) è ora obbligato al compimento degli atti istruttori quando sia stato sollecitato in tal senso dal Presidente della Repubblica, ovvero quando quest’ultimo abbia assunto direttamente l’iniziativa, mentre la controfirma del Ministro non è altro che un atto «dovuto», con il quale questi «si limita ad attestare la completezza e la regolarità dell'istruttoria e del procedimento seguito».
Amnistia e indulto. Diritto costituzionale