Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza.
La concisione è carattere essenziale del p., non alterata nemmeno nelle cosiddette litanie proverbiali che sono, in realtà, serie di p. brevi legati insieme da contenuto e forma affini o analoghi. Oltre alla brevità, spesso particolari forme metriche, rime, assonanze, allitterazioni e altre simmetrie strutturali danno ai p. il loro carattere d’incisività.
L’uso dei p. è attestato in tutte le società umane. Presso molti popoli a cultura essenzialmente orale, però, i p. non esprimono un sapere ‘tradizionale’, codificato e immobile nel tempo. Al contrario, vanno colti nei contesti d’uso e attraverso la possibilità, che essi offrono, di una continua elaborazione di nuovi significati, a partire da alcune formule espressive. Diversamente, in contesti culturali di tradizione scritta, i p. tendono ad assumere quel carattere di sentenze fisse, che condensano in sé le norme di condotta tradizionali: la loro forma, analoga a quella delle formule magiche e rituali, mentre dimostra un’origine religiosa, ha la funzione di facilitare la trasmissione del contenuto. Nello stesso tempo, in alcune tradizioni letterarie, il p. diventa anche modello di espressione per i pensieri d’origine colta, che, foggiandosi nella forma incisiva del p., raggiungono particolare efficacia e facilmente acquistano popolarità: così le sentenze filosofiche della letteratura sapienziale orientale, tra cui appaiono spesso anche p. veri e propri, soprattutto nei mishlē ebraici, il cui esempio più importante è il libro biblico detto appunto dei Proverbi; analogamente, nella letteratura postbiblica, il trattato Pirqē Abōt, nella Mishnāh, è composto di p., e la sua importanza religiosa risulta dal fatto che nelle comunità ebraiche ogni sabato se ne leggeva una sezione. Notevole importanza avevano i p. anche nella vita spirituale degli Arabi, sia in epoca preislamica, sia più tardi.
Molte sono state le definizioni e le classificazioni dei p. dai vari punti di vista della forma, del contenuto e della funzione. Alcuni tipi sono più frequentemente menzionati negli studi. I p.-enigma (per es., quello siciliano «nasci bambinu, campa rapinu, mori cappuccinu»: le tre età dell’uomo) risalgono indubbiamente a origini religiose; altrettanto vale per i p.-racconti, cioè p. che presuppongono un racconto noto (in origine, probabilmente, un mito) e forse per i p.-canti (ritornelli cantati). I p.-epigrammi hanno il loro carattere principale nella struttura formale a ‘battuta’ (per es., «a quattro cose credito non dare: chiarìa d’inverno, nuvole d’estate, amor di donna e carità di frate»). I p.-dialoghi, molto diffusi in Oriente, presuppongono personaggi per lo più fiabeschi con caratteri precisi (per es., «dammi il tempo e ti bucherò, disse il topo alla noce»). I p.-blasone sono detti ora a lode ora a scherno degli abitanti di un paese, città o regione (per es., «padovani gran dottori»). I p. profetici alludono ad avvenimenti futuri previsti in base a leggi osservate dall’esperienza popolare o ad analogia (per es., «se son rose fioriranno»). I p. meteorologici danno previsioni sul tempo basate sull’esperienza («rosso di sera bel tempo si spera»). I p. antitetici sono chiamati così per la loro forma che oppone le due parti della frase (per es., «molto fumo, poco arrosto»). I p. allitterativi sono formati da due (o più) parole aventi suono iniziale uguale o simile («sposa spesa»). I p. metaforici (o allegorici) sono quelli con doppio significato, reale e traslato, specifico e generale, delimitato ed estensibile («la gatta frettolosa fece i gattini ciechi»). I p.-canone sono quelli che alludono a norme, consuetudini, pratiche della vita (per es., «chi rompe paga»), e rientrano nella sfera della morale e del diritto. A quest’ultima appartengono propriamente i p. giuridici. I p. marinari e agricoli sono collegati, rispettivamente, con la vita dei pescatori e dei contadini.
Caratteri contenutistici e formali diversi spesso interferiscono e si sommano in un medesimo p., rendendone complessa la forma compositiva. Vasta è poi la gamma delle differenze strutturali, attestate o possibili, d’ordine linguistico e logico, che danno luogo ad altri raggruppamenti sul piano semiologico in base all’interazione degli elementi del composto proverbiale. Alcuni p. hanno una diffusione quasi universale, spiegabile con la trasmissione da popolo a popolo. Spesso si nota però l’esistenza di p. dal contenuto identico ma dalla forma differente presso due o più popoli, in tal caso è più probabile l’origine indipendente dei p. e l’identità del contenuto si spiega con l’identità dell’esperienza.
Nella Grecia antica forme proverbiali si riscontrano anche nelle opere poetiche più arcaiche, e quasi nessun genere letterario ne è completamente privo: ma i p. abbondano soprattutto nei generi popolari e con tendenza popolaresca (come la commedia); la tarda erudizione greca ha prodotto poi vere e proprie raccolte paremiografiche. Anche nell’antica Roma la commedia e la letteratura erudita sono ricche di proverbi. In entrambe le civiltà, la letteratura presuppone una fioritura dei p. nella vita popolare. È notevole il legame di moltissimi p. greci e romani con la religione.
Nel Medioevo si tende a collegare i p. e le sentenze con la tradizione antica, classica o biblica, mediante nomi storici o leggendari cui essi vengono attribuiti e che assumono valore simbolico (Salomone, Catone ecc.); ma con la nascita della letteratura in volgare anche i p. prettamente popolari trovano ingresso nell’alta cultura.