Insieme di tecniche mediante le quali il suono viene immagazzinato su un supporto di varia natura che ne permette la riproduzione, mediante appositi strumenti, per un numero di volte praticamente illimitato.
La tecnica di registrazione e riproduzione dei suoni ha avuto inizio con la realizzazione per opera di T.A. Edison (1877), del primo fonografo, che, nella versione originale, poteva essere usato sia come registratore (fonoregistratore), sia come riproduttore sonoro (fonoriproduttore). Nel primo caso uno stilo, azionato da una membrana posta in vibrazione dai suoni da registrare, incideva la superficie di un cilindro in rotazione; nel secondo caso, lo stesso stilo faceva vibrare la membrana, che emetteva dei suoni corrispondenti a quelli registrati. Essenziali furono i perfezionamenti apportati in secondo tempo, primo fra tutti la sostituzione del cilindro con un disco (E. Berliner, 1887), il che consentì in seguito la facile riproduzione, per stampaggio, di molte copie dei dischi a partire da opportune matrici, dando così luogo alla nascita dell’industria discografica. Le tappe più significative della crescita di questa industria, in gran parte determinata dagli sviluppi nel campo dell’elettroacustica, sono state, a partire dagli anni 1930: l’adozione di vari dispositivi elettrici ed elettroacustici (motorini elettrici per i giradischi, fonorivelatori elettromagnetici, amplificatori elettronici ecc.), l’introduzione (intorno al 1950) dell’incisione a microsolco, con notevole aumento della durata e della qualità della registrazione, la realizzazione dei sistemi stereofonici (ca. 1955).
Il sistema di registrazione discografico può essere considerato un sistema meccanico, in quanto i suoni vengono in esso convertiti in una grandezza meccanica corrispondente alla variabile ondulazione laterale del solco inciso sul disco. Oltre a tale sistema, furono sperimentati e applicati con successo il sistema ottico e il sistema magnetico. Il primo fu introdotto con l’avvento della cinematografia sonora (all’incirca nel 1926) e consiste nella conversione dei suoni nel variabile annerimento di una striscia di pellicola cinematografica (colonna sonora), posta accanto ai fotogrammi in modo da garantire, nel corso della riproduzione, il rigoroso sincronismo fra i suoni e le immagini. Assai più vasta e incisiva è stata invece la diffusione del sistema magnetico, nel quale i suoni sono convertiti nella variabile magnetizzazione di un nastro magnetico. Questa tecnica, dopo essersi diffusa nell’ambito delle produzioni radiofoniche, delle industrie discografiche ecc., è poi stata applicata al settore della registrazione di segnali elettrici di vario genere (videoregistrazione, funzioni di memoria di elaboratori elettronici ecc.).
Con lo sviluppo delle tecniche digitali e della microelettronica, i sistemi di registrazione tradizionale appena descritti, di tipo analogico, sono stati superati dalla messa a punto di nuovi sistemi di tipo digitale maggiormente insensibili ai disturbi e alle variazioni indesiderate di parametri fisici. Come supporto per memorizzare il segnale digitale (risultante dalla conversione analogico/digitale del segnale sonoro da registrare) è usato uno speciale disco ottico (compact disc o CD, digital versatile disc o DVD ecc.). La registrazione ottica su disco fu introdotta commercialmente nel 1982, dopo un periodo piuttosto lungo, necessario per la messa a punto delle varie caratteristiche tecniche e per stabilire un opportuno standard universale di registrazione. La novità del sistema consisteva, oltre che nell’uso delle tecniche digitali, anche nell’impiego di un trasduttore a luce laser, non a contatto con il supporto e quindi immune dai deterioramenti propri dei sistemi a contatto e derivanti dal processo di lettura.
Indipendentemente dal supporto adottato, il sistema di registrazione monofonico comprende (fig. 1): a) uno o più microfoni a, di appropriate caratteristiche (omnidirezionali, direttivi ecc.), che raccolgono i segnali acustici da registrare e li convertono in segnali elettrici; nel caso di più microfoni (usuale nelle applicazioni di tipo professionale), un miscelatore (ingl. mixer), costituito da un amplificatore a più ingressi e una sola uscita, provvede a mescolare, in modo voluto, i segnali provenienti dai vari microfoni, per formare un segnale unico; b) un complesso di filtri, detto equalizzatore, che serve a determinare la risposta in frequenza ottima per il sistema in uso; c) un amplificatore che porta il segnale al livello di potenza sufficiente per il corretto funzionamento del dispositivo di registrazione. Dopo un’eventuale conversione analogico-digitale per le registrazioni di tipo digitale, il segnale viene memorizzato in forma stabile sul supporto di registrazione (disco, pellicola, nastro magnetico, supporti digitali ecc.) in modo che possa essere riprodotto immediatamente oppure successivamente, praticamente senza limiti di tempo.
Il sistema di riproduzione dei suoni registrati comprende: a) un dispositivo di lettura, che serve a estrarre dal supporto di registrazione i segnali elettrici corrispondenti ai suoni registrati, eventualmente dopo una conversione digitale-analogica per le registrazioni di tipo digitale; b) un equalizzatore, con funzioni analoghe a quelle dell’equalizzatore di registrazione; c) un amplificatore; d) uno o più riproduttori sonori b, in genere costituiti da altoparlanti o da cuffie; nel caso di più riproduttori, un dispositivo ripartitore provvede a suddividere fra di essi nel modo migliore il segnale fonico, in genere avviando a ciascun riproduttore la gamma di frequenze nel cui campo il riproduttore in questione presenta la migliore risposta. Una delle caratteristiche più importanti è la fedeltà di riproduzione, cioè la capacità di restituire suoni identici, in termini di timbro e di contrasto d’intensità, a quelli originali. In pratica, si ritiene che un sistema possa essere ritenuto altamente fedele (sistemi ad alta fedeltà) se esso ha una risposta in frequenza lineare nel campo di frequenze fra 16 Hz e un’ottava oltre la massima frequenza udibile, cioè, mediamente, fra i 16 e i 30 kHz. In tale campo di frequenze è anche richiesto che il sistema sia esente da distorsioni e da rumore proprio (ronzio, fruscio, crepitio ecc.).
Fra i requisiti di un sistema di registrazione e di riproduzione ad alta fedeltà, vi è quello di riprodurre l’ambiente sonoro originale. Ciò consiste nel dare all’ascoltatore sensazioni sonore simili a quelle che egli avrebbe avuto se si fosse trovato effettivamente presente durante la registrazione (effetto presenza). Per qualche tempo si è tentato di ottenere tale effetto curando al massimo la qualità degli altoparlanti, ripartendo fra di essi le varie componenti spettrali del segnale fonico e disponendoli opportunamente rispetto agli ascoltatori. Risultati nettamente migliori si sono ottenuti però con sistemi a più canali, fra i quali i più diffusi sono quelli bifonici, cioè a due canali, detti comunemente stereofonici, anche se tale denominazione spetta a tutti i sistemi elettroacustici intesi a dare effetti sonori tridimensionali. I sistemi bifonici si ottengono registrando due canali monofo;nici, detti canale destro e canale sinistro (fig. 2). In riproduzione i due canali sono amplificati e inviati a due indipendenti sistemi di altoparlanti disposti in modo opportuno rispetto al punto di ascolto. La riproduzione sonora con tali sistemi rende in molti casi sopportabili o meno avvertibili distorsioni e difetti che sarebbero viceversa sgraditi nella riproduzione monofonica.
Sono stati realizzati anche sistemi a quattro canali, detti quadrifonici, allo scopo di riprodurre il campo sonoro originale nei riguardi non solo delle fonti primarie del suono, ma anche delle riverberazioni dell’ambiente in cui la registrazione è stata effettuata. I sistemi quadrifonici prevedono quattro sorgenti sonore: due collocate frontalmente, a destra e a sinistra dell’ascoltatore, e due posteriormente, sempre lateralmente rispetto alla posizione dell’ascoltatore. Questi sistemi di riproduzione sonora appartengono alla classe dei cosiddetti sistemi surround, i quali sono in genere realizzati mediante sistemi audio multicanale (sistemi quadrifonici o superiori), ma, in alcuni casi, anche con l’ausilio dei soli canali frontali, destro e sinistro, che riproducono suoni preventivamente registrati con particolari tecniche di psicoacustica, dando all’ascoltatore, alla stregua dei sistemi multicanale, l’impressione che i suoni provengano da ogni direzione, come avviene nella realtà.
Si tratta di sistemi in cui il supporto di registrazione è costituito da un disco (disco fonografico) di materiale plastico (polivinilcloruro o PVC, dal quale deriva il nome vinile dato a tali dischi), portato da un piatto posto in rotazione uniforme da un motorino elettrico (il piatto e il motorino elettrico costituiscono il giradischi). Il dispositivo di registrazione (fonoincisore) è costituito da uno stilo appoggiato sul disco di registrazione e portato da un braccio che lo sposta radialmente, in modo che incida sul disco una spirale piuttosto fitta, dall’esterno verso l’interno del disco. Il dispositivo di lettura (fonorivelatore) è costituito da una puntina appoggiata sul disco e collegata a un dispositivo, elettromagnetico o piezoelettrico, che trasforma in segnale elettrico le vibrazioni cui la puntina è costretta nel seguire il solco ondulato inciso su disco. I sistemi di registrazione e riproduzione sonora basata su dischi in PVC sono stati completamente soppiantati dai sistemi digitali che utilizzano CD, DVD ecc.
Sistemi ottici su disco In questo tipo di registrazione il segnale digitale viene registrato su una sola faccia di un disco sottile (1,2 mm di spessore) di policarbonato del diametro di soli 120 mm (da cui la dizione di compact disc), sotto forma di zone riflettenti e non riflettenti distribuite su di una traccia spiraliforme che inizia dalla parte interna del disco e si sviluppa verso l’esterno. Il disco viene fatto ruotare a velocità lineare costante (CLV, constant linear velocity). Ciò comporta che la velocità di rotazione del disco debba variare da 200 a 500 giri/min, in modo da mantenere costante la velocità lineare di lettura del fotorivelatore, consentendo così la massima densità di dati registrati sul supporto fisico disponibile. Lo strato riflettente su disco è ottenuto mediante la deposizione di uno strato di alluminio sul supporto di policarbonato, mentre le zone non riflettenti si identificano in realtà con delle ‘fossette’ (pits) nello strato riflettente. L’informazione immagazzinata viene letta rivelando la presenza o l’assenza delle fossette per mezzo di un fascetto laser esploratore. Non essendovi contatto meccanico tra il rivelatore e il disco, non vi è alcun deterioramento del disco stesso per effetto del processo di lettura. Le tracce costituite dal susseguirsi delle fossette sono estremamente sottili (0,5 μm), vicine fra loro (1,6 μm) e profonde λ/4, ove λ è la lunghezza d’onda emessa dal laser esploratore. Per mantenere il fascetto laser centrato sulla traccia con l’accuratezza opportuna è necessario realizzare un sofisticato servomeccanismo, in grado di agire correttamente anche in presenza di vibrazioni esterne, di sporco o rigature sulla superficie esterna del disco. Inoltre deve essere presente un ulteriore servomeccanismo di focalizzazione, per mantenere sempre a fuoco il sistema ottico associato al fotorivelatore. L’equipaggio di lettura è montato su una slitta dotata di movimento radiale rispetto al disco. Le dimensioni standard dei CD sono quelle precedentemente accennate, anche se, a partire dalla metà degli anni 1990 si è diffuso un secondo formato avente identico spessore ma diametro di 80 mm, il quale consente una capacità di circa 1/3 del formato originale. Per quest’ultimo la capacità di immagazzinamento dati varia da circa 650 MB (74 minuti di registrazione) a circa 870 MB (100 minuti di registrazione).
I primi compact disc, prodotti nei primi anni 1980, sono nati espressamente per memorizzare segnali audio digitali (principalmente musica, sostituendo progressivamente i dischi in vinile), da cui il nome CD-Audio; successivamente, grazie al formato ridotto e alla grande capacità di immagazzinamento dati, sono divenuti il supporto di memoria digitale portatile più importante fino alla metà degli anni 1990, quando sono stati affiancati dai DVD (➔), simili ai CD ma aventi capacità da 5 a 10 volte maggiori, e dalle memorie portatili a stato solido (hard-disk portatili, pen-drive ecc.). Dopo i CD-Audio, sono stati realizzati i CD-ROM (compact disc read only memory, non direttamente scrivibili dall’utente ma usati per la memorizzazione di dati generici da parte di produttori di software, musica ecc.), seguiti a loro volta dai CD-R/CD-RW (compact disc recordable/compact disc re-writable, i primi scrivibili una sola volta anche dall’utente e i secondi più di una volta, mediante appositi dispositivi).
Lettori MP3 Sono riproduttori di segnali audio digitali codificati secondo lo standard MP3 (➔ MPEG). Dal punto di vista costruttivo, si possono distinguere lettori MP3 in cui l’elemento di memoria è costituito da un disco magnetico, e quindi dotati di grande capacità di immagazzinamento dati (diverse centinaia di gigabyte di memoria), quelli che utilizzano memorie a stato solido, aventi capacità inferiori ai precedenti (da pochi gigabyte fino a circa un centinaio di gigabyte) ma meno ingombranti, e quelli, che si tende a sostituire con i primi due tipi, i quali utilizzano come supporto di memoria CD, DVD ecc.