Ventesima lettera dell’alfabeto latino. linguistica Ha la stessa origine remota di v, w, y, da un’unica lettera dell’alfabeto fenicio; e con v ha una storia comune fino a tempi molto vicini ai nostri. I latini avevano infatti in età classica la sola lettera V, sia con il valore vocalico della u italiana di uno (come nel lat. vnvs), sia con quello semiconsonantico della u italiana di quale (lat. qvalis). La forma U della lettera V comparve nelle iscrizioni latine fin dal 2° sec. d.C., ma fu solo una variante calligrafica; e tale si mantenne, maiuscola o minuscola, per molti secoli.
Nel tardo Medioevo si diffuse l’uso della forma v, V come minuscola iniziale di parola e come maiuscola in ogni caso, della forma u come minuscola interna o finale di parola. Questa differenziazione fu applicata dalla maggioranza dei tipografi nei primi due secoli della stampa, specialmente dal principio del 16° sec. alla metà del 17°. Però ci si cominciava a rendere conto che la u italiana rappresentava diversi suoni, non più determinati (come avveniva in latino) dalla posizione e quindi non riconoscibili, con la conseguenza di possibili equivoci di lettura. G.G. Trissino (1524), applicando un suggerimento di L.B. Alberti, distinse per primo nella scrittura italiana u vocale o semiconsonante da v consonante; la proposta non attecchì per tutto il secolo, ma nella seconda metà del Seicento, ripresa da stampatori italiani e, con zelo anche maggiore, stranieri, finì con l’imporsi; è la grafia tuttora in uso.
Da quando la lettera v è stata sentita e trattata come diversa dalla u, sono rimasti a questa, in italiano e nella maggior parte delle lingue che si servono dell’alfabeto latino, due valori: quello di vocale e quello di semiconsonante. La distinzione tra i due valori della u è determinata quasi sempre dalla posizione. È sempre semiconsonante: a) in principio di parola davanti a vocale; b) all’interno di parola in mezzo a due vocali sillabiche, caso possibile solo in grecismi ed esotismi. È sempre vocale: a) quando porta l’accento tonico, quando è seguita da consonante, quando è finale di parola; b) quando è preceduta da consonante non velare ed è seguita da vocale diversa da o (per es., duale, duumviro, statua, residuo). Quest’ultima regola ammette oscillazioni frequenti, prive tuttavia sempre di valore fonologico. Infine, la u può essere ora vocale ora semiconsonante, secondo le parole, quando si trova all’interno di parola: a) tra una consonante velare e una vocale qualsiasi (es., arguire, innocuo con u vocale, contro seguire, equità, con u semiconsonante); b) tra una consonante qualsiasi e la vocale o (es., fluoro con u vocale, contro vuoto con u semiconsonante). Il rendimento funzionale dell’opposizione tra u vocale e u semiconsonante è molto scarso, essendo pochissime le coppie di parole che si distinguono soltanto per loro mezzo.
Come vocale la u è la più chiusa delle velari (u, ó, ò); nella sua pronuncia le labbra sono arrotondate e spinte in avanti, mentre il dorso della lingua è leggermente ritratto indietro e sollevato verso il palato. La u così articolata è detta u italiana o u toscana, in contrapposto alla cosiddetta u francese o u lombarda, che si pronuncia con le labbra nella stessa posizione, ma con la lingua nella posizione tipica della i: è vocale ignota all’italiano letterario, ma è comune nei dialetti lombardi, piemontesi e liguri, ed è posseduta da varie lingue di cultura. Le variazioni di durata della u (così come delle altre vocali) dipendono, in italiano, dalla posizione e non hanno dunque funzione distintiva. L’opposizione tra una u breve (ŭ) e una u lunga (ū) esisteva anche nel latino classico; ma le si accompagnò e finì con il sostituirvisi del tutto in età imperiale un’opposizione esclusivamente qualitativa tra una u aperta (l’originaria ŭ) e una u chiusa (l’originaria ū). Perdutosi il senso della quantità vocalica, la u chiusa conservò il suono della u del latino classico e lo trasmise inalterato all’italiano; la u aperta invece, già prima della fine dell’unità romana, si confuse con la o chiusa in ogni posizione, tonica (ō del latino classico) o atona (ō, ŏ del latino classico), e ne condivise interamente i successivi sviluppi in quasi tutte le lingue romanze. L’origine storica della u semiconsonante italiana è duplice: a) dopo consonanti velari come in acqua, lingua, guerra, continua una u semiconsonante latina o germanica; b) invece il dittongo uo, come in nuovo, cuore, è uno sviluppo romanzo della ŏ latina tonica in sillaba libera. chimica La U maiuscola è il simbolo dell’elemento chimico uranio (➔). fisica La lettera U indica il potenziale di un campo di forza conservativo e anche l’energia potenziale in genere. In termodinamica, U è simbolo dell’energia interna di un sistema. In fisica molecolare, u a deponente indica un orbitale molecolare antisimmetrico. In fisica dei solidi, con centro U si indica il centro di impurezze derivanti dall’introduzione d’idrogeno in cristalli ionici di alogenuri alcalini: è detta banda U la banda d’assorbimento nell’ultravioletto corrispondente a un tale centro.
In fisica delle particelle elementari, la lettera u minuscola indica il quark up. medicina In cardiologia, onda U, nel tracciato elettrocardiografico, quella che segue l’onda T, dovuta a potenziali tardivi; è evidente per es. in caso di ipertrofia ventricolare sinistra.