Elemento architettonico che costituisce la parte terminale di una struttura di sostegno ad andamento verticale, con funzione di collegamento fra tale struttura e quelle sovrastanti di regola a sviluppo orizzontale.
Il c. si trova con una larghissima varietà di forme in tutte le architetture del passato, nelle quali costituisce il rapporto costruttivo ed estetico fra le altre parti del sistema trilitico, cioè fra la colonna (elemento verticale portante di cui il c. fa parte) o i suoi derivati (come il pilastro, la parasta, la lesena, l’anta) e l’architrave (elemento orizzontale portato che si appoggia sul c.) o altre soluzioni aventi analoghe funzioni costruttive (come archi di ogni tipo, piattabande, capriate e simili).
Dalla funzione di raccordo fra la sezione circolare della colonna e quella squadrata dell’architrave il c. derivò fin dall’antichità più remota le caratteristiche delle sue forme, geometricamente astratte (come negli esempi più arcaici dell’architettura egiziana, nel dorico greco con i suoi precedenti e i suoi derivati, nel c. cubico del periodo romanico, in qualche tentativo di nuove stilizzazioni moderne) o, invece, variamente decorative (naturalistiche o figurate, come nella massima parte dei c. egizi, nell’arte persiana e in quella dei paesi orientali, nello ionico e nel corinzio dell’architettura classica e dei suoi derivati, nelle svariatissime fogge dei c. bizantini, romanici e gotici). Nelle soluzioni geometriche di tale accordo il motivo più comunemente usato è quello che consiste in una forma tondeggiante interposta fra il fusto della colonna e l’abaco, come l’echino del dorico e il dado ad angoli smussati inferiormente del c. cubico; nelle altre sono invece motivi diversi, come volute, fogliami, figurazioni umane o di animali che si svolgono dal fusto verso l’abaco risolvendo il passaggio dall’una all’altra forma con motivi propri della plastica ornamentale.
Nell’antichità egiziana il c. ha l’abaco costituito di uno o più dadi quadrati, non superiore al diametro del fusto e di altezza variabile. Il c. è lotiforme aperto o chiuso, a elementi isolati o riuniti in mazzo e legati; papiriforme in boccio o in fiore, detto anche a campana o a ombrello; palmiforme con cesto svasato su cui si tendono rami con datteri; atorico, adorno in origine dell’immagine della dea Hathor, poi a prisma più alto che largo, diviso in due piani con rilievi figurati. Nell’architettura persiana il c. è fantasioso e complesso; il tipo più noto di Susa è alto quasi quanto il fusto, con una parte inferiore simile al c. palmiforme egizio, l’intermedia con mensole terminanti in volute, la superiore con mezze figure di tori accoppiati sporgenti ai lati sulla cui groppa incavata poggia il trave.
Nell’architettura greca il c. dorico (fig. A) ebbe abaco quadrato ed echino a cuscinetto curvo e convesso con un giro di anelli incisi alla base. L’echino tende a restringersi e a irrigidirsi durante il 5° sec. per divenire poi quasi troncoconico. Il c. eolico ha volute opposte che nascono dal centro e in alcuni tipi arcaici hanno anche un giro di foglie. Nel c. ionico (fig. C e D), che segue all’eolico, le volute laterali sono unite da un canale, che è sinuoso generalmente nell’architettura greca, rettilineo in quella etrusco-italica. Il cuscinetto è decorato di un kymàtion a ovoli. Il c. ionico a volute diagonali è sviluppato nell’architettura italica. Il c. corinzio (fig. E), la cui origine si attribuiva a Callimaco, compare nella seconda metà del 5° sec. a.C., ha un calato ornato di foglie di acanto, volute angolari con viticci intermedi arricciati e abaco dai lati incurvati. Il c. composito (fig. F) sorge nell’architettura romana e unisce quattro volute angolari di tipo ionico ai giri di foglie del corinzio, e spesso s’inseriscono anche elementi figurati. Anche in Grecia compaiono talvolta c. con elementi figurati, come teste umane nei c. del Didimeo di Mileto e figure alate fra viticci con abaco esagonale nei c. dei propilei di Appio Claudio Pulcro a Eleusi. Più ricchi furono spesso i c. delle ante sia nell’ordine dorico sia in quello ionico.
Il c. tuscanico (fig. B), derivato dall’architettura etrusca, ebbe abaco rettangolare con echino a quarto di cerchio o a grande gola diritta. L’architettura romana adoperò poco il c. dorico, geometrizzò lo ionico e sviluppò molto il corinzio, insieme con l’impiego di c. figurati, che già ebbero largo uso nell’architettura etrusco-italica, con protomi umane, figure umane fra elementi vegetali, caulicoli e fiorone centrale. In altri c. compaiono anche trofei guerreschi, Vittorie con grande varietà di tipi. Particolarmente interessanti le modificazioni introdotte nei capitelli d’età flavia, con foglie carnose e quasi prive di nervatura. Nel periodo bizantino, l’uso d’impostare gli archi sulle colonne determinò sia l’irrobustimento dell’abaco classico, sia l’adozione del pulvino. C. e pulvino furono talora ricavati da un unico masso: si ebbe così il c. imposta che, comparso per la prima volta a Costantinopoli, prevalse in età giustinianea. Fu adottata una decorazione a trama d’intrecci e di volute fittamente traforata a trapano. Talvolta il c. fu diviso in due zone e la decorazione scultoria (prevalentemente zoomorfa) occupò la zona superiore. In questi c. si avverte spesso l’influsso persiano.
Nell’architettura romanica, preceduta, nell’architettura ottoniana, da una semplificazione dei tipi di c. imposta bizantini e dalla vigorosa ripresa dei tipi classici, lo sviluppo raggiunto dall’arco e dalla volta suggerì l’adozione o di robusti c. atti ad accogliere la grossa imposta degli archi, o di c. concepiti come espressione del sistema polistilo, formati cioè dall’insieme di tanti piccoli c. su ciascuno dei quali insistevano gli archi delle navate, e quelli diagonali. L’abaco prese forme svariatissime, con sviluppo parallelo a quello assunto dalla planimetria delle imposte degli archi. Le proporzioni generali del c., tranne alcuni casi significativi, specialmente a Firenze, non furono regolate dai canoni classici; la sua ornamentazione, non più a trapano, ma a rilievo, s’ispira a elementi vegetali e soprattutto a elementi figurativo-simbolici desunti dai cosiddetti bestiari, o raffigura scene religiose e di genere. Nello stile gotico, l’abaco segue di regola la planimetria dell’imposta degli archi e risulta dalla compenetrazione di elementi affiancati. La decorazione s’ispira al fogliame reso con straordinario senso veristico.
Nel Rinascimento il c. torna a essere concepito come sostegno isolato; si trovano perciò le proporzioni e gli elementi decorativi classici, pur senza abbandonare del tutto gli elementi medievali; ebbero allora applicazione il corinzio e il composito, mentre il dorico e lo ionico interessarono quasi esclusivamente il Rinascimento maturo. Il Rinascimento dette talvolta forma di c. alla mensola, introducendo il cosiddetto ‘peduccio’. Nel periodo barocco, gli artisti in genere si mantennero entro gli schemi fissati da trattatisti come Vignola; tuttavia F. Borromini insistette sul legame funzionale del c. con la restante architettura, o sulla sua qualità espressiva, inserendovi simboli di particolare significato; le sue innovazioni ebbero vaste ripercussioni sino al 18° secolo.
Dopo il purismo neoclassico, nel quale tuttavia gli elementi egittizzanti consentono una via d’uscita dai canoni neoclassici o neorinascimentali, l’eclettismo ottocentesco elaborò le più varie contaminazioni stilistiche negli stessi capitelli. Lo stile floreale inaugurò forme svariate di c., ma questo, come altre membrature architettoniche, non ha più subito alcuna elaborazione nell’architettura moderna.
Il c. musulmano, sempre privo di elementi figurati, presenta grande varietà di forme (cubico, sfero-cubico, pieghettato), tra le quali tipica quella a stalattiti. Vi si ritrova pure la tecnica a trapano. A determinare le ricche varietà del c. indiano confluiscono influssi ellenici e persiani (tipi a forcella, animali accoppiati). Da citare i tipi geometrici ‘bulboso’ e ‘a sfera’, nonché la varietà che richiama la forma di un abaco o di più abachi sovrapposti e aggettanti l’uno sull’altro.
Nell’architettura precolombiana prevaleva il sistema costruttivo architravato, con c. semplicissimi, di schema lineare, che erano simili talora a una grossa modanatura, talaltra invece a rocchi di colonna collocati in sporgenza rispetto al fusto, quasi in funzione di mensola.