Raggruppamento considerato privo di validità nella sistematica moderna, comprendente Vertebrati Gnatostomi, acquatici, marini e di acqua dolce, eterotermi, anfirrini, con oltre 30.000 specie viventi. Il termine p. è usato per estensione anche per indicare gli Agnati (lamprede e missine).
Tutti i P. attuali sono compresi nel gruppo degli Gnatostomi, ovvero Vertebrati dotati di mascelle articolate. Questi sono divisi nella superclasse Condritti (o Condroitti) e nella classe Osteitti. Ai Condritti (nelle vecchie classificazioni noti come P. cartilaginei) appartengono le sottoclassi Elasmobranchi e Olocefali. Gli Osteitti (nelle vecchie classificazioni P. ossei) comprendono invece le classi Actinopterigi e Sarcopterigi. Gli Actinopterigi sono a loro volta suddivisi nelle sottoclassi Condrostei e Neopterigi; i Neopterigi comprendono gli ordini Amiformi e Semionotiformi e l’infraclasse Teleostei, cui appartiene la maggior parte delle specie viventi.
I P. vivono sia in mare sia in acque dolci. Le specie marine possono essere distinte in pelagiche, litorali, abissali; la maggior parte appartiene alla fauna litorale. Gli Elasmobranchi vivono quasi esclusivamente nel mare; i Dipnoi, i Polipteridi e gli Olostei vivono esclusivamente nelle acque dolci.
I P. non costituiscono un singolo clade ma una raccolta di taxa con storie evolutive diverse; sono considerati parafiletici perché escludono taxa discendenti dallo stesso progenitore filogenetico dei P.; per es., sebbene i Tetrapodi (vertebrati terrestri), i Dipnoi e i Celacanti discendano da un antenato comune, attribuito ai P. Osteitti Sarcopterigi, i Tetrapodi sono esclusi dal raggruppamento dei Pesci.
I P. sono provvisti tipicamente di due paia di pinne pari e di pinne impari, hanno bocca munita di mascelle, respirano per branchie; hanno generalmente uno scheletro cutaneo formato da dentelli, squame o piastre ossee, circolazione sanguigna semplice (eccetto i Dipnoi), cuore costituito da un atrio e da un ventricolo. La forma generale del corpo è tipicamente fusiforme; il limite fra tronco e coda è dato dalla posizione dell’ano (fig. 1 ).
Organi di equilibrio e di locomozione sono le pinne, pari e impari, appendici laminari sostenute da raggi scheletrici. Le pinne pari sono due paia: pettorali (scapolari) e ventrali (pelviche); le prime si trovano subito dietro le fenditure branchiali, le seconde si dicono giugulari quando stanno davanti alle pettorali (in alcuni Teleostei), toraciche quando stanno sotto a queste, addominali se inserite più indietro. Le pinne impari si distinguono in una o più dorsali, una caudale e una o più anali; possono talvolta essere unite in un’unica pinna. La coda con la sua pinna è il principale organo di movimento.
L’epidermide è stratificata, contiene cellule di rivestimento, cellule mucipare e altre cellule ghiandolari; alcuni P. posseggono ghiandole velenose che sboccano in rapporto con aculei dell’opercolo, raggi delle pinne ecc. Nel derma si trovano cromatofori con pigmento nero (melanofori), giallo o rosso (xantofori) o con cristalli di guaina iridescenti (iridociti o guanofori). Alcune specie possono cambiare colore a seconda del colore dell’ambiente, o di cause varie che determinano pronte reazioni fisiologiche. Nella cute si trovano formazioni scheletriche interne. Gli Elasmobranchi e alcuni Condrostei e Olostei hanno squame placoidi. I Teleostei hanno squame di due tipi, cicloide e ctenoide, le prime di forma circolare, le seconde con il margine posteriore libero dentellato: sono lamine di tessuto osteoide in cui l’accrescimento annuo intermittente lascia strie concentriche, che permettono di riconoscere l’età dell’individuo (fig. 2).
Lo scheletro interno degli Elasmobranchi è cartilagineo, quello dei Teleostei, Olostei e Crossopterigi è osseo, quello dei Dipnoi e dei Condrostei parzialmente ossificato. Nei Teleostei si distinguono ossa da cartilagine (autostosi), che sostituiscono formazioni cartilaginee preesistenti, e ossa cutanee (allostosi), che si formano direttamente dal connettivo. La colonna vertebrale consta di un numero di vertebre variabile da specie a specie, e termina con l’urostilo, inclinato verso il dorso. La pinna caudale dei P., a seconda del tipo di terminazione della colonna vertebrale, può essere simmetrica (coda difiocerca), asimmetrica (coda eterocerca, Elasmobranchi) oppure simmetrica esternamente, ma con l’estremità della colonna vertebrale diretta dorsalmente (coda omocerca, Teleostei). Altre volte la caudale atrofizzata è sostituita da una pinna secondaria, e si ha la coda gefirocerca. Lo scheletro del capo (fig. 3) comprende la scatola cranica (neurocranio), alla cui base si uniscono le arcate viscerali che costituiscono lo splancnocranio; di esse la prima è l’arcata mandibolare, la seconda l’arcata ioidea, le successive (5-7) le arcate branchiali. Il neurocranio degli Elasmobranchi è costituito da una capsula cartilaginea indivisa; quello dei Teleostei da un gran numero di ossa. Negli Elasmobranchi gli arti pari (sostenuti rispettivamente dal cinto scapolare e dal cinto pelvico) non sono uniti alla colonna vertebrale. Nei Teleostei l’arto anteriore si unisce alla colonna vertebrale, mentre l’arto posteriore non ha un vero cinto e non si unisce a quella, ma si appoggia a un pezzo scheletrico.
La locomozione è determinata essenzialmente dai movimenti laterali della coda. Nei P. a corpo allungato, serpentino, la locomozione è determinata da movimenti ondulatori.
La muscolatura è formata da due masse muscolari dorsali (epiassiali) e da due ventrali (ipoassiali) divise in miomeri, che s’incurvano a formare dei coni sovrapposti, separati da setti connettivali. Gli organi elettrici che si trovano in alcuni P. (torpedine, gimnoto ecc.) sono costituiti da fibre muscolari modificate.
L’encefalo, come in tutti i Vertebrati, è distinto in cinque parti. Negli Elasmobranchi il telencefalo si prolunga nei lobi e bulbi olfattori, molto sviluppati. Nei Teleostei questi sono invece ridotti, laddove sono bene sviluppati i corpi striati; gli emisferi mancano completamente. Nel diencefalo è bene sviluppata l’epifisi e nei Teleostei anche l’organo parietale. Il mesencefalo (tetto ottico) è nei Teleostei la parte più grande dell’encefalo; negli Elasmobranchi è in gran parte coperto dal cervelletto. Gli organi di senso situati nell’epidermide si distinguono in bottoni di senso e calici di senso. L’organo della linea laterale consta di bottoni di senso; le vescicole del Savi e le ampolle del Lorenzini degli Elasmobranchi hanno probabilmente funzioni analoghe (gustative e recettive delle vibrazioni dell’acqua). L’organo uditivo e di equilibrio ha origine comune con quella degli organi della linea laterale, e consta del labirinto, che comprende sacculo e otricolo, cui si uniscono tre canali semicircolari provvisti di ampolle. Nei Selaci, Dipnoi, Condrostei, Olostei, annesso allo spiracolo vi è l’organo di senso spiracolare. L’organo olfattorio è localizzato nelle fossette olfattorie pari. Gli occhi sono per lo più laterali; in riposo sono adattati alla visione vicina. In alcuni P., particolarmente in quelli abissali, vi sono organi luminosi.
Nell’apparato digerente si distinguono un intestino anteriore (bocca, faringe, esofago, stomaco), uno medio con le ghiandole annesse (fegato, pancreas) e uno terminale. Nell’intestino medio degli Elasmobranchi, Dipnoi, Condrostei, Olostei, si ha la valvola spirale, che aumenta la superficie assorbente dell’intestino. Nei Teleostomi dopo il piloro vi sono generalmente le appendici piloriche. L’apertura orale degli Elasmobranchi e dei Condrostei è ventrale, quella dei Teleostei, Olostei e Crossopterigi terminale. La respirazione avviene per mezzo di branchie, che si trovano ai lati della faringe, e sono separate dai setti interbranchiali. Negli Elasmobranchi le fenditure branchiali sono generalmente 5, raramente 6 o 7, e sono visibili esternamente; negli Olocefali, Dipnoi, Condrostei e Olostei e Teleostei sono ricoperte dall’opercolo. Innanzi alla prima vera fenditura branchiale, nella maggior parte dei Selaci e in alcuni Condrostei e Olostei si trova un’altra apertura, lo spiracolo, nel quale ci può essere una branchia rudimentale, la pseudobranchia; anche nei Teleostei, nei quali manca sempre lo spiracolo, vi possono essere pseudobranchie. In parte dei Teleostei, Condrostei e Olostei vi è, come estroflessione dorsale dell’intestino, la vescica natatoria, che può rimanere in comunicazione con il tubo digerente per mezzo del dotto pneumatico (fisostomi) oppure, a sviluppo completo, può perdere tale comunicazione (fisoclisti); ha funzione idrostatica. Nei Dipnoi si hanno estroflessioni pari ventrali del tubo digerente, con aspetto e funzione di polmoni.
Nell’apparato circolatorio dei P. il cuore è in posizione più avanzata degli altri Vertebrati; è tubolare, incurvato; il sangue venoso che giunge nel cuore passa nel seno venoso, nell’atrio, nel ventricolo e infine nel cono arterioso. La circolazione è semplice; dal cuore il sangue va alle branchie, donde, caricatosi d’ossigeno, si spinge in tutto il corpo nei capillari, dai quali, divenuto venoso, torna, per altri vasi, al cuore. L’apparato escretore consta del pronefro, che funziona durante la vita larvale e diviene poi un organo linfoide, e del mesonefro, che funziona nell’adulto. L’apparato riproduttivo è costituito da gonadi pari, allungate, che sporgono nella cavità celomatica e comunicano con l’esterno versando i loro prodotti nella cloaca, o, indipendentemente, dietro l’ano (fig. 4).
Non sono rari i casi di ermafroditismo. La fecondazione è generalmente esterna; spesso (Elasmobranchi, alcuni Teleostei) è interna, e si ha allora non di rado la viviparità. Il numero delle uova emesse dalle specie con fecondazione esterna è enorme (vari milioni nel merluzzo). Nei Dipnoi, Condrostei e Olostei la segmentazione dell’uovo è totale subeguale; nei Teleostei è parziale discoidale, e così pure negli Elasmobranchi, che hanno poche uova e grosse. Molti Teleostei, specialmente quelli marini, sgusciano dall’uovo sotto forma di larve, che differiscono talvolta notevolmente dall’adulto.
Allo stato fossile i p. sono conosciuti e relativamente frequenti in tutti i sistemi geologici dal Siluriano al Pleistocene. In alcuni giacimenti (Eocene del Monte Bolca, presso Verona, Cretaceo della Siria, della Boemia, della Vestfalia, Giurassico della Francia, della Baviera ecc.) si trovano esemplari mirabilmente conservati in tutte le loro parti; ma più frequentemente, allo stato fossile, si rinvengono soltanto denti, o vertebre, o placche cutanee, squame ecc. Le prime tracce di p. fossili sono rappresentate da minuti denti conici del Siluriano inferiore. Nel Siluriano superiore si trovano fossili meno incompleti, in gran parte riferibili agli Ostracodermi e agli Acantodi. A cominciare dal Devoniano, i P. assumono un grande sviluppo e sono rappresentati da Ostracodermi, Artrodiri, Elasmobranchi, nonché da più scarse forme di Condrostei, Olostei e Dipnoi, specialmente d’acqua dolce. Nel Carbonifero e nel Permiano, scomparsi Ostracodermi e Artrodiri, comincia la prevalenza degli Elasmobranchi, cui si associano scarsi Dipnoi e Crossopterigi. A cominciare dal Triassico, la maggior parte dei P. fossili appartiene a formazioni marine sparse in tutto il mondo, che comprendono nuovi ordini di Elasmobranchi, pochi Dipnoi, svariati e numerosi Condrostei e Olostei. Nella fauna del Giurassico compaiono i primi Olocefali: i Leptolepidi. Al principio del Cretaceo i Teleostei si sostituiscono gradualmente ai Condrostei e Olostei; nel Cretaceo superiore, Condrostei e Olostei ed Elasmobranchi sono ridotti a pochi generi, mentre la grande maggioranza dei P. è costituita da Teleostei. Una rapida evoluzione compiutasi alla fine dell’era mesozoica ha ravvicinato i P. del Terziario a quelli attualmente viventi.
Il termine pesce accompagnato da specifiche denominazioni indica particolari specie o gruppi sistematici.
Nome comune di un pesce abissale, Argyropelecus (Sternottichidi).
Nome comune di P. Teleostei Singnatidi, marini, molto diffusi; hanno corpo allungato e sottile, aghiforme; muso molto prolungato con bocca piccola, terminale, senza denti; una sola pinna dorsale. Nel Mediterraneo si trovano: Syngnathus acus (fig. 5), Syngnathus typhle, Syngnathus abaster ecc.
Nome comune del Condroitto Myliobatis aquila (miliobate).
Osteitto Toxotide (Toxotes jaculator; fig. 6) delle zone costiere salmastre e delle foreste di mangrovie dell’Asia sud-orientale, così chiamato per la capacità di lanciare forti getti d’acqua con la bocca, allo scopo di catturare insetti in volo.
Nome comune di Cepola macrophthalma (Teleostei Cipolidi).
Nome comune del Condroitto Exanchide Hexanchus griseus (notidano).
Nome comune di vari P. Condroitti Elasmobranchi, noti anche con il nome di squali, diffusi in tutti i mari del globo: hanno corpo slanciato e fusiforme, che può raggiungere vari metri di lunghezza, fessure branchiali situate lateralmente e bocca grande, posta nella parte inferiore del corpo, armata di denti appuntiti.
Nome comune del p. Polynemus quadrifilis (Polinemidi), p. commestibile delle coste tropicali dell’Africa.
Nome comune di varie specie di P. del genere Trigla (Triglidi); il nome si usa anche per gli Scorpenidi.
Nome comune del pesce marino Brama brama (Bramidi).
Nome comune di Equetus lanceolatus, famiglia Scienidi; ha livrea multicolore, vive presso i banchi di corallo dell’Oceano Indiano.
Altro nome comune del Carangide.
Nome comune di vari P. dei mari tropicali che hanno la proprietà di gonfiarsi (Diodontidi, Ostracidi, Tetrodontidi).
Nome comune dei rappresentanti del genere Betta (Anabantoidei).
Nome comune di varie specie di Labrus (Labridi).
Nome comune dei Mormiridi.
Nome comune di vari P. dei mari tropicali della famiglia Chetodontidi, dai colori molto vivaci.
Nome comune di Pterophyllum scalare (Ciclidi; fig. 7), del bacino del Rio delle Amazzoni, molto noto come pesce ornamentale d’acquario; ha forma compressa, pinne lunghe; fasce trasversali grigio-nere su un fondo verde grigio.
Nome comune di Peristedion cataphractum (Triglidi).
Nome comune del pesce d’acqua dolce Ictalurus nebulosus (Ictaluridi).
Nome comune sia dei P. della famiglia Molidi, in particolare di Mola mola (fig. 8), sia dei P. di aspetto simile come il Pesce re, Lampris guttatus (Lamprididi).
Nome comune di Anarhichas lupus (Anaricadidi): dotato di robusta dentatura, supera 1 m di lunghezza; vive lungo le coste groenlandesi e lapponi, e si spinge fino nel Mare del Nord; è apprezzato come cibo; la stessa denominazione serve talvolta a indicare la spigola.
Nome dei Condroitti del genere Sphyrna (Sfirnidi).
Nome di Poecilia reticulata, detto anche guppy, Ciprinodontiforme Pecilide, comune nelle acque dolci delle isole Barbados, allevato come p. d’acquario e per ricerche in laboratorio.
Caracidi del genere Hyphessobrycon, apprezzati dagli acquariofili.
Nome dei P. Scatofagidi e Anfiprionidi, dotati di una vivace livrea.
Nome di P. dei mari tropicali, che hanno la proprietà di gonfiarsi (Tetraodontidi).
Nome comune dei P. della famiglia Scaridi, dai vivaci colori.
Nome comune dei P. del genere Macropodus (Anabantoidei Osfronemidi) allevati a scopo ornamentale.
Nome comune del p. Xyrichtys novacula (Labridi).
Nome comune dei velenosi p. tropicali della famiglia Sinanceidi.
Nome comune di Naucrates ductor (Carangidi), lungo 20-30 cm, di colore grigio-argenteo-bluastro, comune nel Mediterraneo e nell’Atlantico.
Nome comune di alcuni P. Fistularidi, che vivono lungo le coste atlantiche dell’America tropicale; hanno muso tubolare, estremamente allungato, alla cui estremità si apre la piccola bocca.
Nome comune del Condroitto Oxynotus centrina (Oxinotidi); si usa anche per gli scorfani (Scorpenidi).
Nome comune di Uranoscopus scaber (Uranoscopidi).
Nome comune di Anableps anableps (Anablepidi).
Genere (Trachinus) di P. Trachinidi, detti anche tracine; con lo stesso nome si indica anche la spigola.
Nome di Anabas testudineus (Anabantidi).
Nome comune del Lophius.
Nome comune dei P. Singnatiformi Centriscidi.
Nome comune di varie specie di Labrus (Labridi).
Nome comune di Exocoetus volitans (Esocetidi).
Nome comune del carassio.
Nome comune di Zeus faber (Zeiformi; fig. 9): ha corpo molto alto, compresso, bocca protrattile, due pinne dorsali, la prima con una decina di spine e lunghissime appendici filamentose, due anali, colore grigio argenteo con una grande macchia nera orlata di bianco su ciascun fianco; vive nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nei mari dell’Australia; le sue carni sono apprezzate.
Nome comune di Lepidopus caudatus (Trichiuridi).
Nome comune del Condroitto Pristis pristis (Pristidi), che possiede un rostro allungato con margini dentellati.
Nome comune di Caelorinchus caelorhincus (Macruridi).
Nome comune di Xiphias gladius (fig. 10), Teleosteo Perciforme Xifide, con la mascella superiore allungata in un rostro a forma di spada; ha corpo allungato sprovvisto di squame; nel Mediterraneo è frequente e oggetto di pesca; è diffuso anche presso le coste atlantiche dell’America Settentrionale.
Nome comune del Condroitto Squatina squatina (Squatinidi).
Nome comune di Macroramphosus scolopax (Macroranfosidi) e dei P. Aulostomidi.
Nome comune del P. Raiforme Mobula mobular (Mobulidi).
Nome comune dei P. Raiformi del genere Rhinobatos (Rinobatidi).
Nome comune di Chauliodus sloanei (Stomidi).
Nome comune dei P. Esocetidi, dotati di pinne pettorali molto grandi, simili ad ali, con cui possono librarsi in aria, fino all’altezza di 2 m, e per tratti di 20-30 m; alcune specie vivono nel Mediterraneo meridionale. Con lo stesso nome, o con quello di Pesce rondine, si indica Dactylopterus volitans (Dattilotteridi).
Nome comune (anche p. bandiera o codalunga) del P. Condroitto Lamniforme Alopias vulpinus (Alopidi).
Dal punto di vista nutrizionale, per pesce si intende il prodotto destinato al consumo alimentare derivato dall’attività della pesca o dell’acquicoltura. Nella categoria rientrano quindi non solo i p. di acqua marina o di acqua dolce, ma anche altri animali acquatici, quali Molluschi e Crostacei.
Il p. è un alimento di buon valore nutritivo; la sua composizione chimica, per vari aspetti, non si discosta molto da quella degli animali terrestri. Il maggior componente è rappresentato dall’acqua, che oscilla tra il 60 e l’80%. Il contenuto proteico varia dal 15 al 23%, con proteine di elevata qualità, paragonabili a quelle della carne, bilanciate dal punto di vista della composizione in amminoacidi essenziali e ricche soprattutto di metionina e di lisina. La variabilità di contenuto in proteine esistente tra le diverse specie è in relazione alla differente quantità di acqua, ma soprattutto di grassi; la componente lipidica può infatti variare grandemente, con valori oscillanti da 0,5 fino a 20 g/100 g di parte edibile, e viene influenzata da numerosi fattori legati alla specie, al periodo di cattura, alla grandezza dell’animale e alla sua alimentazione. Le differenze tra le specie interessano, oltre che il contenuto, anche la localizzazione corporea del grasso; quanto poi al periodo di cattura, vale la pena ricordare l’esempio della sardina, nella quale durante l’arco dell’anno la percentuale lipidica può oscillare da un minimo del 2% a un massimo del 20% che viene raggiunto nei mesi ottobre-novembre; per quanto riguarda infine l’alimentazione, essa è collegata all’ambiente di vita acquatica e influenza dal punto di vista quantitativo e qualitativo i lipidi corporei del pesce. Il diverso contenuto lipidico ha suggerito di suddividere i p. in: magri (con contenuto di lipidi inferiore al 3%), tra i quali si trovano carpa, luccio, sogliola, orata, merluzzo; semigrassi (con contenuto di lipidi tra il 3 e l’8%), di cui fanno parte dentice, cefalo, triglia, salmone, tonno; grassi (con contenuto di lipidi superiore all’8%), per es. anguilla, sgombro, sardina. Rispetto al grasso dei Vertebrati omeotermi, quello dei P. è caratterizzato dalla presenza di una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi; si tratta in buona parte di acidi grassi a catena lunga (20 e 22 atomi di carbonio) e fra questi, caratteristica peculiare, si trovano in quantità significative l’acido eicosapentaenoico o EPA (C20:5, n-3) e l’acido docosaesaenoico o DHA (C22:6, n-3), appartenenti alla serie n-3 o ω3, che ha come capostipite l’acido linolenico. Il grasso di p. presenta inoltre un maggior contenuto di fosfolipidi e un minor contenuto di colesterolo (30-70 mg/100 g di parte edibile, con l’eccezione di sardine e sgombri che hanno valori di 100 mg/100 g). Le sostanze minerali variano nei diversi tipi di p., tuttavia esse sono presenti nelle loro carni in quantità superiore a quella che si trova nella carne degli animali terrestri; abbondano il calcio, lo iodio (p. marini), il selenio, il fluoro, ma il ferro compare in quantità inferiore rispetto alla carne di altri animali. Per le vitamine, si può segnalare una discreta presenza di vitamina B1, B2, B12 e di vitamina A nei p. grassi, mentre nei p. magri quest’ultima è molto abbondante nel fegato, dove è contenuta anche la vitamina D. Si rilevano inoltre quantità trascurabili di glucidi (0,5-1,0%). La carne dei Molluschi e Crostacei ha una composizione simile a quella del p. magro. Nei Molluschi, come cozze, ostriche e vongole, è poi presente un elevato contenuto in ferro, con livelli paragonabili a quelli della carne rossa.
Fino all’inizio degli anni 1970 il p. rientrava abitualmente nella dieta delle popolazioni costiere, mentre per i residenti nelle altre aree rappresentava un alimento legato a occasioni particolari. Le motivazioni che influenzavano il limitato impiego alimentare di prodotti ittici erano da collegarsi, oltre che al costo elevato, anche all’erronea convinzione che questi prodotti si prestassero meno delle carni a soddisfare le necessità alimentari. Nel corso degli ultimi decenni, invece, il consumo di prodotti ittici è andato crescendo parallelamente allo sviluppo economico dei paesi più avanzati. Ciò è dovuto sia all’aumento dei quantitativi disponibili, sia a una valorizzazione del p. stesso. Negli ultimi anni, infatti, medici e nutrizionisti hanno evidenziato l’importanza del consumo di p. quale alimento alternativo ad altri cibi proteici (formaggi, uova e carni), in quanto il p. apporta proteine di analogo valore biologico, contenenti aminoacidi essenziali con indice chimico uguale o superiore a quello del pattern standard suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalla FAO; presenta un minor contenuto di acidi grassi saturi e di solito, tranne che nei p. grassi, poco rappresentati nella dieta degli italiani, un minor contenuto in grasso e quindi di calorie. Il p. è poi l’unica fonte alimentare importante di EPA e DHA, che nell’invecchiamento o in situazioni particolari (obesità, dieta squilibrata, diabete) non possono più essere ricavati dall’acido linolenico, alla velocità e nei quantitativi ottimali. Il particolare interesse che negli ultimi anni hanno suscitato questi acidi grassi deriva da numerosi studi epidemiologici, con i quali si è evidenziato come essi, in particolare l’EPA, agiscano quali agenti di prevenzione nei confronti delle malattie degenerative cardiovascolari, essendo precursori delle prostaglandine della serie 3, potenti inibitori dell’aggregazione piastrinica. L’assunzione quindi di almeno due pasti di p. la settimana potrebbe avere un ruolo importante nella prevenzione delle malattie coronariche. In conclusione, è possibile una completa intercambiabilità tra carne di animali terrestri e p., che, possedendo una minore quantità di tessuto connettivo (3-10%), è più facilmente masticabile e digeribile, e dunque particolarmente adatto per la dieta di anziani, bambini e chiunque abbia disturbi digestivi. Per il basso tenore in basi puriniche, con poche eccezioni, è consigliabile anche nell’alimentazione degli iperuremici.
A parte i casi in cui il p. acquista importanza religiosa in quanto costituisce uno degli alimenti principali di un popolo (per es., nelle isole della Polinesia), e quindi diventa vittima sacrificale (sacrificio primiziale di p. all’apertura rituale della stagione della pesca), il fattore principale che determina il significato del p. nei riti e nei miti è la sua appartenenza all’acqua, pressoché universalmente concepita come elemento primordiale e caotico. Questo nesso, in base al quale il p. è talvolta tabu (come per gli antichi sacerdoti egiziani o per alcuni popoli bantu dell’Africa), altre volte sacro a particolari divinità (in Fenicia ad Atargatis), spiega anche l’ittiomorfismo di certe divinità primordiali (Dagon nella religione cananea; Eurinome in Grecia; Viṣnu). Le acque degli inferi, note a molte mitologie, creano una connessione tra p. e anima: nell’India il p. è cibo degli spiriti, presso certi Indiani dell’America, per es. gli Ottawa, le anime dei morti hanno forma di pesce. Come però l’acqua è anche fonte di fecondità, lo stesso avviene per il p. (in certi casi anche attraverso una sua interpretazione in chiave di simbolismo fallico). Nelle religioni totemistiche è spesso animale totem.
Il primo cristianesimo attribuisce importanza di simbolo al p., perché il suo nome greco ΙΧΘΥΣ si presta a monogramma del nome di Gesù (᾿Ιησοῦς Χριστὸσ Θεοῦ υἱὸς Σωτήρ, «Gesù Cristo figlio di Dio, Salvatore»).
Ultima costellazione dello Zodiaco (divenuta successivamente prima per effetto della precessione degli equinozi; contiene quindi il punto vernale); poco appariscente, è costituita da una lunga fila di stelle a S di Andromeda.
In astrologia, il dodicesimo segno dello zodiaco (20 febbraio-20 marzo).
Costellazione a S dell’Aquario, di cui è la continuazione. Unica stella notevole è Fomalhaut (Piscis australis), che brilla solitaria in una regione a S della Via Lattea assai povera di stelle.
Costellazione del cielo australe, generalmente conosciuta con il nome di Dorado.
Costellazione del cielo australe tra la Poppa e il polo celeste sud.