Parte muscolare del corpo dell’uomo e degli animali.
Dal punto di vista nutrizionale, il termine c. indica qualsiasi taglio proveniente dalle masse muscolari degli animali (v. fig.), indipendentemente dalla specie di appartenenza, come pure gli organi interni, quali fegato, cuore, reni, milza e polmoni, genericamente indicati con il nome di frattaglie. A parte alcune differenze nel contenuto di minerali, vitamine e grassi, il valore nutritivo della c. è fornito soprattutto dal contenuto proteico ed è largamente indipendente dall’animale di provenienza, dal costo e dalle sue qualità organolettiche. La presenza di minerali e di vitamine è però rilevante in quanto il loro contenuto è scarso o assente in altri alimenti, o perché più essi sono difficilmente assorbibili se convogliati da alimenti vegetali. Un altro componente che accompagna le c. è il grasso, che nei ruminanti è prevalentemente di tipo saturo. I grassi saturi sono stati associati al colesterolo e ai disturbi coronarici, e come tali considerati un fattore di rischio. Il grasso di animali non ruminanti, come i maiali e il pollame, è invece caratterizzato da una maggiore presenza di acidi grassi insaturi, contenuti nei mangimi con cui vengono alimentati. Anche la selvaggina, che è più magra, ha grassi prevalentemente di tipo insaturo.
La cottura provoca nella c. cambiamenti diversi, a seconda della modalità utilizzate e anche del taglio, cioè del tipo di tessuto muscolare d’origine. Con il calore, le fibre muscolari si induriscono e il tessuto connettivo si intenerisce; quindi, per tagli che comprendono maggiori quantità di tessuto connettivo, come i muscoli degli arti, è più appropriata una cottura prolungata in ambiente umido, cioè la bollitura o la stufatura, mentre per tagli che hanno scarse quantità di tessuto connettivo, come il filetto o la lombata, sono preferibili metodi di cottura rapida in ambiente secco, per ridurre al minimo l’indurimento delle fibre muscolari.
Con la cottura, la c. subisce un cambiamento di colore, che va dal rosso o rosato al bruno più o meno intenso. Questa colorazione più scura è dovuta ai pigmenti che originano da quella parte delle molecole di emoglobina e di mioglobina cui è legato il ferro e ai prodotti di decomposizione e polimerizzazione di carboidrati, grassi e proteine. Anche il sapore e l’aroma della c. cotta dipendono dalla modalità di cottura, dalla sua durata e dalla temperatura.
Le antiche pratiche artigianali di conservazione della c., nate per evitare lo spreco di quelle parti che non potevano essere consumate subito, sono state soppiantate dai moderni procedimenti industriali. Basati sulla conoscenza dei processi di conservazione e maturazione, questi consentono di ottenere un prodotto di gusto più uniforme, e soprattutto molto più sicuro dal punto di vista igienico-sanitario, grazie a un accurato controllo del processo in tutte le sue fasi. Per il prosciutto (➔), per es., si parte da cosci di maiale selezionati per razza, provenienza e alimentazione, per proseguire con processi di salagione regolata e, soprattutto, di stagionatura in ambienti climatici particolarmente favorevoli. Per la preparazione del salame (➔) si usa c. sia fresca sia congelata: se si utilizza c. fresca, questa viene comunque sottoposta a refrigerazione per facilitare il lavoro delle macchine tagliatrici. Mortadella (➔), würstel e prosciutto cotto vengono invece sottoposti a un processo di pastorizzazione, con temperature sempre al di sotto di 100 °C, in modo da eliminare la maggior parte dei germi non sporigeni presenti. I prodotti così trattati hanno un periodo di conservazione più limitato e andrebbero mantenuti preferibilmente in frigorifero.
Il contributo nutrizionale dei prodotti di salumeria è essenzialmente proteico. A parità di peso, prosciutti e salami forniscono più proteine della c. fresca, della mortadella e dei würstel, in quanto durante la lavorazione hanno subito una maggiore perdita d’acqua. Altri elementi importanti dal punto di vista nutrizionale, oltre al grasso, che si aggira in media intorno al 30% del peso, sono il ferro e le vitamine, particolarmente abbondanti nei salami per l’apporto aggiuntivo dei microrganismi artefici della maturazione.
La c. essiccata si utilizza oggi quasi esclusivamente per farne polvere che si mescola, in piccole percentuali, ai mangimi per l’alimentazione del pollame o di altri animali. La c. può essere prima cotta e poi essiccata a 50-60 °C (processo Dixier), ovvero essiccata cruda nel vuoto (processo Tellier).
Ha lo scopo di preparare la c. destinata a essere conservata in scatola. Preventivamente sottoposta a cottura, la c., con l’aggiunta di parte del suo brodo, viene introdotta in scatole di lamierino (verniciate all’interno con resine che evitano il contatto diretto dell’alimento col metallo), chiuse con coperchio ermetico provvisto di aggraffature. Le scatole vengono quindi sottoposte a sterilizzazione in autoclave.
Si ottiene mantenendo la c. (in celle frigorifere) a temperatura di 1-4 °C (e per il trasporto anche a −1- −2 °C). Questo mezzo di conservazione non altera l’aspetto esteriore, non ne varia le qualità, e consente una conservazione per 15-30 giorni a seconda delle carni. La bassa temperatura, al di sotto di 4 °C, arresta lo sviluppo dei microrganismi (pur non uccidendoli) ed è quindi impossibile la fermentazione e la putrefazione.
Si ottiene mantenendo la c. a temperature inferiori a −5 °C. La c. così trattata si può conservare anche per periodi superiori all’anno senza che si producano alterazioni. Il congelamento può essere realizzato in maniera lenta e graduale o brusca e rapida; la velocità del congelamento è determinata dalla grandezza dei pezzi e dalla temperatura dell’ambiente. La c. congelata costituisce un ottimo alimento, a condizione che la congelazione sia fatta rapidamente e subito dopo la macellazione delle bestie, che durante l’immagazzinamento sia conservato il giusto grado di umidità all’ambiente e soprattutto che il disgelo sia fatto molto lentamente, in modo che le cellule possano riassorbire l’acqua dai cristalli microscopici che si sono formati durante il congelamento.
Si fa a secco cospargendo la c. di sale comune e lasciandola così 10-12 giorni, ovvero immergendola, per un tempo sufficiente, nella salamoia e poi facendola asciugare.
Per le tecniche relative all’affumicatura della c. e agli estratti che da essa si traggono ➔ affumicatura ed estratto.
Il valore sacrale che ha la c. considerata come ricettacolo o prigione della vita influisce in vari modi sull’uso di cibarsene, determinando da un lato il cannibalismo, dall’altro l’astinenza, specie quando ad alcuni animali, oltre che all’uomo, viene riconosciuta una sacralità particolare. L’astensione dalla c. è anche connessa con la credenza nella trasmigrazione delle anime o metempsicosi (per es., nel pitagorismo), assumendo allora valore a sé, come pratica ascetica intesa alla mortificazione della c. considerata come il complesso delle tendenze che legano l’uomo al mondo corporeo. Ai discendenti di Noè fu vietato l’uso della c. con il sangue (cfr. Gen. 9, 3-4), divieto mantenuto dagli Ebrei, insieme alla distinzione biblica tra animali puri e impuri e alle norme rabbiniche sulla macellazione rituale. Ai musulmani è proibito cibarsi di c. di maiale, di c. con sangue e di c. in genere non macellata ritualmente.