Trasmissione di programmi parlati o musicali, effettuata per mezzo di radioonde da enti pubblici e privati con finalità di informazione, ricreative e culturali.
Le trasmissioni radiofoniche cominciarono in Italia il 6 ottobre 1924. L’ascolto fu dapprima limitato a pochi abbonati e solo lentamente, con il potenziamento dell’organismo preposto alle trasmissioni, con la diffusione di apparecchi più maneggevoli e la conseguente crescita degli abbonamenti, si trasformò in un fenomeno collettivo su base di massa. A tale rafforzamento contribuì anche l’ingresso della pubblicità che, dal 1926, rappresenta un elemento essenziale delle trasmissioni e una risorsa finanziaria indispensabile per la concessionaria. Nel primo decennio di attività della r., la presenza del fascismo non ebbe un’influenza determinante sulle trasmissioni. A parte il radiogiornale, che rifletteva le idee del regime, il resto della programmazione era destinato all’evasione e all’intrattenimento: i generi più amati dal pubblico degli abbonati erano la musica leggera, proposta dalle grandi orchestre e da cantanti subito popolarissimi (il trio Lescano, A. Rabagliati, N. Otto), le romanze in cui si esibivano i divi della lirica (B. Gigli, F. Tagliavini), gli sketch interpretati dai più popolari attori della commedia brillante-sentimentale (V. De Sica, G. Rissone, U. Melnati) e le trasmissioni umoristiche di qualità, come Il grammofono delle verità di L. Folgore, Il mondo per traverso di A. Campanile, Parliamo tanto di me di C. Zavattini. Fu proprio una rivista umoristica, Le avventure dei Quattro Moschettieri di A. Nizza e R. Morbelli, trasmessa ogni giovedì dal 18 ottobre 1934 al 4 luglio 1935, a determinare, con il suo clamoroso successo, un’impennata del numero degli abbonati (500.000 nel 1935; 700.000 nel 1936). Uguale successo arrise alla seconda serie della rivista, I moschettieri, trasmessa ogni domenica dal 25 ottobre 1936 al 28 marzo 1937, tanto che uno dei suoi interpreti, N. Filogamo, diventò il più popolare presentatore della radio italiana.
Un ruolo importante nello sviluppo delle trasmissioni radiofoniche ebbero anche le radiocronache degli avvenimenti sportivi che, grazie a cronisti d’eccezione come N. Carosio (per il calcio) e M. Ferretti (per il ciclismo), superarono la funzione puramente informativa per diventare un nuovo genere, a metà strada fra la cronaca e la trasfigurazione epica e lirica.
Intanto il regime fascista aveva emanato direttive che riguardavano tutti i settori della cultura di massa, compresa la radio, che divenne efficace strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Con l’entrata in guerra dell’Italia s’impose un’informazione sempre più militarizzata, anche per contrastare le emittenti clandestine come Radio Londra, Radio Mosca, Radio Milano Libertà, pericolose fonti di notizie alternative alle verità ufficiali del regime.
Al periodo di confusione (1943-45) conseguente alla disgregazione del regime e alla divisione del paese, seguì, dopo la liberazione, una fase di faticosa riorganizzazione dei programmi radiofonici, che si concluse nel 1951, con la riforma delle reti in tre programmi nazionali differenziati e complementari: il primo destinato a soddisfare esigenze molteplici, informazione e svago, di un pubblico medio; il secondo volto soprattutto a un compito ricreativo; il terzo con prevalenti finalità educative e culturali. Tra i programmi d’evasione, figuravano trasmissioni fondate sui quiz, i giochi, la conquista di premi in denaro. Nel 1956 nacque Le canzoni della fortuna, primo esempio di abbinamento fra una gara di canzonette e una lotteria gestita dallo Stato; il programma, passato in televisione nel 1957, ebbe uno straordinario successo e ben 18 edizioni. La rivista e il varietà attraevano i migliori autori e comici dell’epoca, come F. Fellini con G. Masina e A. Sordi. Un ruolo preminente conservavano i programmi di musica leggera, che contribuirono all’affermazione di complessi come il Quartetto Cetra e di cantanti come N. Pizzi, C. Villa, L. Tajoli, A. Togliani, G. Consolini. Il festival di Sanremo, istituito nel 1951, è l’evento che riassume il ruolo centrale della canzone nelle trasmissioni radiofoniche dell’epoca.
Il rilievo dei generi popolari non deve far trascurare il ruolo crescente delle trasmissioni dedicate alla letteratura, alla musica classica, al teatro e, in particolare, al radiodramma che, nato fin dal 1929 (L’anello di Teodosio di L. Chiarelli) e rimasto piuttosto marginale, ebbe un importante sviluppo nel dopoguerra. La letteratura e la cultura non solo umanistica furono rese accessibili a un vasto pubblico mediante trasmissioni colte come L’approdo, nata nel 1944 da un’idea di A. Seroni, raffinate ed eclettiche come il Teatro dell’usignolo di L. Sinisgalli e G.D. Giagni, di servizio come il Convegno dei Cinque, primo esempio di dibattito aperto su grandi temi proposti dagli ascoltatori. Di grande qualità fu anche il documentario radiofonico di approfondimento, volto a svelare aspetti e problemi inediti del paese (Notturno a Cnosso di S. Zavoli e G.B. Angioletti, 1953; Viaggio in Italia di G. Piovene, 1954; Clausura di S. Zavoli, 1958).
L’avvento della televisione (1954), pur riducendo il ruolo della radio, non ebbe riflessi sostanziali sulla qualità dei programmi. Gli anni 1960 si aprirono all’insegna della continuità con il passato e dello scambio fecondo con la televisione; la radio fu il banco di prova di trasmissioni e conduttori che avrebbero poi incontrato grande successo sul piccolo schermo: P. Baudo, M. Costanzo ecc. Nella seconda metà degli anni 1960, iniziarono le trasmissioni rivolte a un pubblico prettamente giovanile, Bandiera gialla di G. Boncompagni, Per voi giovani di R. Arbore e Alto gradimento di R. Arbore e G. Boncompagni. Nel 1969, con il programma di servizio in diretta telefonica con i radioascoltatori Chiamate Roma 3131, per la prima volta la radio sfondò la barriera della mancanza di risposta fra emittente e ricevente e si aprì, come ‘voce amica’, agli ascoltatori invertendo la direzione del messaggio.
Gli anni 1970 segnarono una grave crisi dei modelli di programmazione proposti dalla RAI, soprattutto in rapporto alla nascita tumultuosa delle radio libere che, peraltro, solo con la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1976, ebbero la possibilità di trasmettere legalmente. Le radio private commerciali e quelle d’intervento politico militante (per es., Radio Alice a Bologna, Radio Città Futura e Radio Radicale a Roma) conquistarono il pubblico, soprattutto giovanile, con il loro linguaggio spregiudicato e un’inedita mescolanza di informazione e musica pop e rock. Nacquero via via, insieme con nuove radio private nazionali, d’intrattenimento (Radio 105, Dimensione Suono, One-o-one Network, Deejay Network, Radio Italia) o di prevalente informazione (Italia Radio, Radio Maria, radio religiosa indipendente), numerose radio locali, espressione di realtà particolari e circoscritte. La risposta della RAI, debole nella seconda metà degli anni 1970, si fece in seguito più vigorosa.
Nell’ultimo decennio del 20° sec. la radio italiana e, più in generale, quella europea hanno vissuto, a livello di programmazione, una significativa evoluzione. Nel corso degli anni 1970-80 la frammentazione della radio nazionale in una miriade di emittenti aveva portato la maggior parte di queste a organizzare la loro emissione in un flusso di suoni e parole continuo e uniforme, basato in genere sull’improvvisazione discorsiva. Se questa scelta aveva decisamente giovato, almeno sul piano economico, allo sviluppo della produzione e dei consumi televisivi, aveva al contempo finito per impoverire la r., appiattita su un unico modello, quello musicale, che riduceva di molto gli spazi di creatività discorsiva fino a rendere indecifrabile l’identità delle singole emittenti. Proprio da questa situazione critica ha preso avvio una rinnovata attenzione alla progettazione di formati, articolata in 4 linee di tendenza: la specializzazione dell’offerta musicale, con una scelta precisa dei generi e degli autori messi in onda come elemento di identità e di riconoscibilità dell’emittente; la comunicazione radiofonica con uso esclusivo della parola, senza nessuna presenza musicale e con l’ampliamento dei temi oggetto di informazione (accanto ai temi più tradizionali, come la politica, la cronaca, lo sport, nuove tematiche economiche, dell’ambiente e della salute, del cibo, dei viaggi e dello spettacolo); la rinascita, sia pure con una destinazione di nicchia, su certi canali e in certi orari del palinsesto, senza pretese di diffusione di massa, dei programmi culturali; il ricorso frequente all’ironia, con mescolanze di toni contrastanti sapientemente organizzate in un progetto testuale di conversazione.
Il fenomeno saliente degli anni a cavallo fra la fine del Novecento e i primi anni del 21° sec. è stato il connubio fra radio e Internet, che ha ampliato ulteriormente il ventaglio della possibilità d’offerta e di consumo della radio: alle occasioni ormai consolidate di fruizione radiofonica, si è aggiunto anche il terminale del personal computer collegato alla rete globale. La maggior parte delle stazioni radiofoniche tradizionali, trasmesse via etere, ha esteso la sua offerta al web, che in più ha consentito a nuove emittenti, non precedentemente in attività via etere, di trasmettere, anche esclusivamente on-line, allargando ulteriormente il bacino dell’offerta. L’ultima frontiera della r. on-line è quella del podcasting, un sistema che permette di ‘scaricare’ in modo automatico contributi audio, detti podcasts, utilizzando un semplice programma disponibile su Internet. Molte stazioni e network radiofonici, sia tradizionali sia on-line, rendono disponibili, in forma di podcast, i propri contenuti. In questo modo l’ascolto della radio è divenuto on demand, adattandosi ai tempi di fruizione e di vita degli ascoltatori.