Ciclo che si compie all'incirca ogni 24 ore, con cui si ripetono regolarmente certi processi fisiologici. I r.c. sono regolati da fattori interni (il cd. orologio biologico) ed esterni (per es. luce e temperatura). Nelle piante, sono esempi di r.c. i movimenti di apertura e chiusura degli stomi, così come l'apertura e la chiusura di certi fiori. Negli animali, seguono un r.c. il ciclo sonno-veglia e la produzione di alcuni ormoni (per es. la melatonina secreta dall'epifisi).
Abstract di approfondimento da Orologi biologici circadiani di Rodolfo Costa (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica)
Gli orologi biologici circadiani (dal latino circa diem) oscillano con un periodo che si approssima alla durata di un giorno astronomico e regolano una grande varietà di fenotipi ritmici che caratterizzano il metabolismo, la fisiologia e il comportamento della maggior parte degli organismi che popolano il nostro pianeta. Il movimento delle foglie o l’apertura degli stomi di alcune piante nel corso della giornata, le variazioni cicliche della pressione sanguigna e della temperatura corporea nei Mammiferi, così come l’alternanza delle fasi di sonno e di veglia negli animali, sono tutti fenomeni controllati da uno o più oscillatori endogeni che sono comparsi, e si sono organizzati nel corso dell’evoluzione, in risposta alle variazioni ambientali cicliche prodotte dalla rotazione della Terra attorno al proprio asse. Un ritmo circadiano può essere descritto definendo il periodo che lo caratterizza, l’ampiezza del carattere che oscilla e la fase, cioè lo stato dell’oscillazione in un determinato momento rispetto a un punto di riferimento nel ciclo. Più in generale, il periodo associato a un ritmo corrisponde al tempo che impiega una determinata fase dell’oscillazione a ripresentarsi. La fase di un fenomeno biologico ritmico corrisponde allo stato ‘istantaneo’ di un’oscillazione in relazione a un particolare punto di riferimento (per es., l’accensione della luce o il suo spegnimento). L’ampiezza di un ritmo è una misura del suo livello di espressione (corrisponde alla misura dell’intervallo compreso tra i valori massimi e minimi dell’attività ritmica esaminata). I ritmi circadiani generati da un oscillatore biologico persistono in condizioni costanti, cioè in assenza di stimoli ambientali, come l’alternanza del giorno e della notte. Inoltre, gli oscillatori circadiani endogeni che generano ritmicità biologica in natura vengono continuamente sincronizzati con il periodo di ventiquattro ore che caratterizza la rotazione terrestre, grazie agli effetti di segnali provenienti dall’ambiente, come la luce del giorno e variazioni di temperatura. Tali segnali sono stati denominati dai cronobiologi Zeitgeber, fattori che ‘danno’ il tempo.
Studi condotti in diversi organismi modello, come il cianobatterio Synechococcus elongatus, il fungo unicellulare Neurospora crassa (la comune muffa del pane), il moscerino della frutta Drosophila melanogaster, la pianta Arabidopsis thaliana e il topo Mus musculus, hanno permesso, nonostante la grande eterogeneità che esiste tra queste specie a livello filogenetico, di identificare alcune proprietà generali che caratterizzano l’organizzazione degli orologi circadiani di questi organismi. In essi, infatti, l’orologio è costituito da un core (l’oscillatore) che rappresenta il meccanismo centrale, cioè l’insieme degli ‘ingranaggi’ che producono l’oscillazione molecolare circadiana. Questo core è tuttavia permeabile a informazioni provenienti dall’ambiente, i segnali ambientali Zeitgeber, che sincronizzano in continuazione l’oscillazione endogena e la mantengono in fase con le variazioni ambientali prodotte dalla rotazione terrestre, impedendo quindi che l’orologio, e i ritmi biologici da esso controllati, si sfasino determinando conseguenze negative per l’organismo. Infine, l’oscillatore endogeno regola, trasmettendo in uscita le informazioni provenienti dalla sua oscillazione, tutta una serie di fenotipi metabolici, fisiologici e comportamentali. Ciò avviene prevalentemente mediante la regolazione in cascata di numerosi geni implicati nella genesi di questi fenotipi. I meccanismi che caratterizzano la trasduzione delle informazioni ambientali al core dell’orologio (via di ingresso), quelli che operano nel core, e quelli che sono responsabili del controllo, in uscita, dell’attività di numerosi geni controllati dall’orologio (gco) non sono tuttavia da considerare componenti dell’orologio nettamente distinte tra loro e quindi autonome, bensì componenti interdipendenti, capaci di influenzare reciprocamente alcune loro caratteristiche.
Gli orologi biologici circadiani, in tutti gli organismi in cui sono stati identificati e caratterizzati, possiedono alcune proprietà fondamentali: (a) la ritmicità endogena da loro generata e i fenotipi ritmici evocati da quest’ultima persistono anche in assenza di Zeitgeber; (b) gli orologi circadiani sono permeabili a stimoli sincronizzanti provenienti dall’esterno (in natura la luce rappresenta uno dei fattori sincronizzanti più efficaci, ma anche variazioni di temperatura o stimoli sociali possono risultare importanti per la sincronizzazione degli oscillatori endogeni); (c) gli orologi circadiani sono ‘temperatura-compensati’: infatti, il periodo che caratterizza l’oscillazione endogena non è di fatto influenzato da variazioni di temperatura comprese entro intervalli compatibili con la vita dell’organismo in questione, e ciò anche nel caso di organismi che non sono in grado di mantenere un controllo omeostatico della temperatura del loro corpo, come gli Insetti e i Rettili.
Le conoscenze attuali circa l’organizzazione molecolare e il funzionamento degli orologi circadiani sono il risultato di una straordinaria accelerazione della ricerca in questo settore, che si è prodotta a partire dalla metà degli anni Novanta e che, in pochissimi anni, ha portato la cronobiologia molecolare a conquistare una posizione di grande attualità e di primaria importanza nel panorama delle attività sperimentali che caratterizzano la moderna biologia. L’analisi molecolare dei geni coinvolti nell’organizzazione degli oscillatori circadiani di batteri, funghi, piante e animali ha messo in evidenza come essi non siano omologhi (non derivino da geni ancestrali comuni) e suggerisce quindi che, nel corso dell’evoluzione, alcuni orologi circadiani si siano organizzati più volte e in modo indipendente. Tuttavia, nonostante le diverse collocazioni filogenetiche e le enormi differenze in termini di complessità che caratterizzano le specie finora analizzate, l’organizzazione generale degli oscillatori, da quelli batterici a quelli dei Mammiferi, appare sostanzialmente la stessa.
Gli oscillatori endogeni di tutti questi organismi sono infatti costituiti da ‘geni orologio’ e dalle corrispondenti ‘proteine orologio’ che possiamo classificare in elementi ‘positivi’ e ‘negativi’, sulla base dell’azione che esercitano a livello del core dell’orologio e che formano cicli di autoregolazione mediante fenomeni di retroazione; tali fenomeni generano circuiti temporali caratterizzati da una periodicità di circa ventiquattro ore. La persistenza della ciclicità e della periodicità circadiana a livello molecolare, anche in condizioni ambientali costanti, dipende da modificazioni post-traduzionali a carico di alcune di queste proteine orologio, che introducono nel sistema, a ogni ciclo, un ritardo tra trascrizione, sintesi proteica e retroazione negativa che impedisce al sistema il raggiungimento di condizioni di equilibrio e determina invece condizioni indispensabili per sostenere l’oscillazione nel tempo. Queste modificazioni post-traduzionali sono per lo più dovute all’attività di proteine ad azione enzimatica del tipo delle chinasi, enzimi che catalizzano la fosforilazione di residui amminoacidici specifici nelle proteine bersaglio, e delle fosfatasi, che svolgono invece un’azione opposta, ossia catalizzano la rimozione dei gruppi fosfato. Questi processi di fosforilazione e defosforilazione regolano le dinamiche di stabilizzazione, mobilità intracellulare e degradazione di componenti fondamentali degli orologi biologici circadiani.