stupefacente Sostanza naturale o sintetica che, anche a piccole dosi, agisce modificando lo stato di coscienza e lo stato emotivo.
Vengono genericamente considerate s. numerosissime sostanze eterogenee, quali l’oppio e i suoi derivati morfina ed eroina, la cocaina, la mescalina, la psilocibina, l’anfetamina, la dietilamide dell’acido lisergico (LSD), la dimetiltriptammina ecc.; vi si accomunano talora anche altri farmaci psicotropi, come i barbiturici e molti ansiolitici, capaci di dare assuefazione e indurre in stato di dipendenza.
Nell’uso ripetuto, gli s. determinano una condizione di sofferenza somatica e psichica, che si traduce in una condizione di dipendenza, inducendo inoltre nell’organismo una progressiva assuefazione (nel senso che il conseguimento dell’effetto voluttuario richiede l’assunzione di sempre maggiori quantitativi di sostanza, progressivamente sempre più tollerata dall’organismo stesso). Lo stato di bisogno indotto è diverso a seconda della sostanza considerata; la condizione di dipendenza, in caso di brusca cessazione della somministrazione, si traduce spesso in una sindrome (sindrome di astinenza) di altissima gravità. Inoltre, gli s., oltre a indurre comportamenti anormali, sconvolgono specifici sistemi neuronali determinando in tal modo modificazioni delle funzioni del sistema nervoso centrale, e, con il tempo, deteriorano il processo di nutrizione degli organismi.
Presso numerose popolazioni, specie dell’America e dell’Oceania, si fa largo uso di sostanze propriamente s. o comunque variamente psicostimolanti, talora anche nel corso di riti e cerimonie. Oltre al tabacco, fiutato e masticato, solo o con altre sostanze, all’oppio e alla canapa indiana di larghissima e antica diffusione, sono da segnalare altre sostanze il cui uso è limitato a zone più ristrette: il betel, da masticare (dall’Asia meridionale alla Melanesia); la kava, bevanda nazionale polinesiana; il pulque messicano; la chicha, diffusa dalla zona degli istmi (America Centrale) fino agli Aruachi; la coca, di uso antichissimo nell’America precolombiana, dove veniva masticata; le bevande fermentate e composite degli indigeni dell’Amazzonia; s. da fiuto come la polvere di acacia (Masai, Amazzonici) o di agarico muscarico (Camciatca).
Circa l’uso rituale di s. si deve anzitutto tener presente il fatto che le sostanze impiegate, oltre a non comportare né assuefazione né dipendenza (si tratta per lo più di alcaloidi psicotropi come mescalina, lofoforina ecc.), non provocano nemmeno lo stato stuporoso che giustificherebbe la qualifica di s. in senso stretto, ma operano solo quali allucinogeni atti a realizzare una condizione estatica entro la quale si attuano visioni che consistono in immagini proprie del mondo religioso del soggetto e in immagini estranee che vengono subito integrate nel suo orizzonte ideologico.
Una vera e propria religione basata sull’uso di un cactus contenente alcaloidi psicotropi è il peyotismo, sorto tra gl’Indiani dell’America Settentrionale alla fine del 19° sec. e tuttora in vigore come religione consapevolmente ‘etnica’ tenuta rigorosamente distinta dalle tradizioni religiose dei bianchi; costituito sul fondo tradizionale dell’uso magico-terapeutico del peyotl, il peyotismo si è configurato come sistema religioso a tendenza panindianista, da cui non consegue una negazione della validità del cristianesimo, ma soltanto la sua limitazione al mondo dei bianchi, mentre Dio stesso (facilmente assimilato alle varie figure indiane del ‘Grande Spirito’) avrebbe mandato per la salvezza degli Indiani il peyotl, personalizzato in Peyotl quale equivalente indiano di Cristo. Il culto s’incentra nella consumazione rituale e collettiva della pianta.
La prima normativa organica in materia di s. è stata introdotta nel nostro ordinamento con la l. 1041/1954, sulla produzione, sul commercio e sull’impiego di tali sostanze. In seguito, con la l. 685/1975, è stato affermato il principio della non punibilità del detentore qualora usi a titolo personale una modica quantità di s., principio poi superato dalla l. 162/1990. Con il d.p.r. 309/1990, il governo ha emanato il Testo Unico delle norme in materia di s. e sostanze psicotrope, sottoposto poi a referendum abrogativo (18 e 19 aprile 1993) che ha eliminato il divieto dell’uso personale di queste sostanze. Infine, il d.l. 272/2005, convertito in l. 49/2006, meglio noto, per i temi affrontati, come «decreto droghe-olimpiadi invernali», ha modificato non poche disposizioni del d.p.r. del 1990 introducendo, inoltre, disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi.
Più in dettaglio, l’art. 73 del d.p.r. del 1990, così come modificato dalla legge del 2006, punisce con la reclusione da 6 a 20 anni e con la multa da 26.000 a 260.000 euro chiunque, privo dell’autorizzazione rilasciata dal Ministero della salute ex art. 17 del medesimo decreto, «coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze s. o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14». Al medesimo trattamento sanzionatorio è sottoposto anche chi, senza la predetta autorizzazione, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene: a) sostanze s. o psicotrope che per quantità, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate a un uso non esclusivamente personale; b) medicinali contenenti sostanze s. o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà. Delle due tabelle in cui la legge del 2006 distingue gli s., la prima è relativa alle sostanze psicotrope in senso stretto (per es. l’oppio e i suoi derivati, gli anfetaminici, la cannabis ecc.), l’altra ai medicinali contenenti i principi attivi degli s. (barbiturici e altre sostanze determinanti dipendenza fisica o psichica). Le sostanze di cui alla tabella II, sezione A, B e C sono ritenute meritevoli di sanzioni più attenuate. La legge ha, inoltre, condizionato la rilevanza penale delle condotte di cui sopra alla quantità di s. usato da misurarsi sulla base di apposite tabelle ministeriali.
Fuori dalle ipotesi previste dall’art. 73, l’art. 75 d.p.r. del 1990 prevede sanzioni di natura amministrativa (sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla, sospensione del passaporto o di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirlo ecc.) nei confronti di chi importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze s. o psicotrope. L’art. 77 disciplina l’illecito amministrativo dell’abbandono di siringhe punendo chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero in un luogo privato ma di uso comune o altrui, getta o abbandona siringhe o altri strumenti per l’assunzione di sostanze s. o psicotrope in modo da mettere a rischio l’altrui incolumità. Il d.p.r. punisce anche l’agevolazione dell’uso di sostanze s. o psicotrope, consistente nel porre a disposizione propri immobili a coloro che fanno uso di sostanze s. (art. 79); l’istigazione, proselitismo e induzione al reato di persona minore (art. 82), nonché numerose aggravanti specifiche tra cui l’offerta e la cessione di s. fatta in prossimità di scuole.